“Una secca sconfessione dell’operato del commissario Gnudi e del ministro dell’Ambiente Galletti“. Il co-portavoce dei Verdi, Angelo Bonelli, ha così definito la decisione della Commissione europea di andare avanti con la procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia per il caso Ilva. “La decisione della Commissione europea di depositare un parere motivato e di continuare nella procedura d’infrazione contro il governo italiano – ha detto -, perché non avrebbe fatto abbastanza per garantire gli impegni sull’Ilva, è una secca sconfessione dell’operato del commissario Gnudi, che proprio ieri aveva parlato dell’attuazione del 75% delle prescrizioni ambientali nello stabilimento siderurgico di Taranto, e del ministro dell’Ambiente Galletti”.
Stupore, invece, da parte di Gnudi: “In realtà, abbiamo approvato una Aia che è una delle più avanzate che esiste al mondo. La stiamo attuando, e mi sono anche un pò meravigliato che ci sia ancora questa procedura di infrazione – ha detto – Andremo a Bruxelles a cercare di chiarire la nostra posizione”. Quanto alla situazione dell’azienda, il commissario ha messo le mani avanti: oggi l’Ilva non si può salvare se non si trova un acquirente e le trattative al momento sono con tre pretendenti ArcelorMittal-Marcegaglia, Jindal e Arvedi. “Nel passato si era ritenuto di poter fare da soli, io ritengo che questa strada oggi non sia più percorribile”, salvo un eventuale intervento dello Stato. Quanto alla necessità di non far pesare sul futuro azionista i rischi legati alla gestione passata, per cui si è parlato dell’ipotesi di una bad company, “è un altro di quei tasselli che se non lo mettiamo a posto l’azienda non si vende”. Insomma, per l’Ilva serve un socio “che tra due o tre anni non si ritrovi nella situazione che abbiamo oggi”, ha indicato Piero Gnudi mercoledì in audizione presso la Commissione Industria del Senato. Un candidato che abbia le dimensioni per sostenere da solo una operazione di questa portata “in Italia non c’è”, così “stiamo cercando in tutto il mondo, partendo dalla Cina ed arrivando al Brasile”.
Un lavoro non da poco per l’infaticabile boiardo di Stato ormai prossimo ai 72 anni. Al quale, tuttavia, gli impegni da commissario dell’Ilva, non bastano nemmeno a riempire le giornate. Al punto che l’ex ministro senza portafoglio per lo sport e il turismo del governo Monti ha trovato il tempo per incastrare nella sua agenda anche l’attività di consigliere del gruppo delle costruzioni Astaldi. Tutto sommato un impegno leggero e un ritorno di fiamma per Gnudi, che già ha fatto parte in passato del cda della società di appalti di opere pubbliche. La nuova poltrona, nel caso in cui ricevesse lo stesso compenso del suo predecessore, frutterà al manager 51mila euro. Poca roba per lui che nella sua carriera ha avuto modo di collezionare incarichi e stipendi ben più consistenti. Per esempio la presidenza dell’Enel nel 2011 gli è valsa poco più di un milione di euro: circa 233mila euro di stipendio, 490mila di bonus e 377mila euro di buonuscita per fine mandato. Importi consistenti che, ai tempi dei tre mandati consecutivi dell’Enel per un totale di nove anni, non rappresentavano gli unici incassi di Gnudi: il commercialista bolognese sedeva infatti anche in altri consigli di amministrazione importanti come quello della prima banca italiana, Unicredit, e del gruppo editoriale di Confindustria, Il Sole 24 Ore.
Proprio i legami con il mondo delle imprese, del resto, hanno contribuito negli anni a fare la sua fortuna. Classe 1938, democristiano doc, è da sempre in sella grazie alle buone amicizie coltivate in Emilia Romagna e nei palazzi romani. Anche in tempi recenti: voci di corridoio riferiscono che sia stato lui, per esempio, a pilotare l’elezione del ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, del cui padre, Guidalberto, Gnudi è molto amico. Con il contributo, naturalmente, del compagno di biciclettate Romano Prodi. Con l’ex presidente del consiglio Gnudi ha da sempre condiviso, oltre alla passione per le due ruote, anche quella per gli studi e le analisi che gli sono fruttate recentemente la presidenza fino al 2016 di Nomisma, il centro studi fondato da Prodi. Incarico che oggi affianca a quelli di commissario Ilva, di vicepresidente della Bologna University Business School nonché di presidente del Credito Fondiario spa e dell’Istituto di promozione della ricerca e dell’insegnamento della finanza sulle gestioni d’impresa.
Laureato in economia e commercio a Bologna nel 1962, Gnudi inizia sin da subito a lavorare come commercialista avviando uno studio studio in proprio. A Roma arriva nel 1994 quando viene nominato consigliere dell’Iri che sta procedendo allo smantellamento deciso dall’ex premier Giuliano Amato. Negli ambienti vicini all’Iri e alla politica Gnudi, che nel 1996 è anche consigliere di Alberto Clo’, ministro dell’industria del governo Dini, stringe nuove amicizie. Siede ai tavoli che contano. E questo gli permette di acquistare più peso nell’Iri dove gli viene affidato l’incarico di sovrintendere alle privatizzazioni dei gioielli di Stato come Telecom, Autostrade, Enel, Ente Italiano Tabacchi. Finita, poi, la grande stagione delle svendite di Stato con un bilancio bocciato lo scorso anno dalla Corte dei Conti, Gnudi viene chiamato a diventare presidente dell’Iri (2000-2002) con l’incarico di chiudere l’istituto e trasferire al Tesoro delle partecipazioni che il Paese non ha venduto, come Fincantieri, Alitalia, Fintecna e Finmeccanica.
L’operazione riesce. Del resto Gnudi ha al suo attivo una lunga esperienza di commissario e liquidatore governativo, incarico pubblico che anni addietro ha svolto per la Costruzioni Montaggi Agordina, i Cantieri Siderurgia, il gruppo metalmeccanico Mapi e la società di engineering Servco spa. Archiviato il capitolo Iri, Gnudi, alla presidenza dell’Enel dal 2002, entra nel consiglio di amministrazione di Terna (2002-2005) e prima ancora della Rai, di cui diventa numero uno del cda tra il 2001 e il 2004. Intanto è anche ininterrottamente consigliere di Carimonte, oggi parte di Unicredit, per dodici anni (dal 1997 al 2009). Poi, tre anni fa, l’incarico senza portafoglio per Monti. Infine il ritorno all’attività di commissario con l’Ilva, dove sostituisce Enrico Bondi che, alla fine del suo mandato, non è riuscito a trovare il giusto appoggio politico e finanziario per spuntare il rinnovo. Bondi del resto non ha mai amato i salotti e le pubbliche relazioni, Gnudi invece si. Con tutti i vantaggi e i benefici che questo comporta.