Neanche sei mesi insieme in Europa e ora Nigel Farage e Beppe Grillo devono ricominciare tutto da capo. Il gruppo Efdd, formato prevalentemente dagli eurodeputati del partito inglese Ukip e da quelli del Movimento 5 stelle, è stato sciolto questa mattina. La decisione in seguito al passo indietro dell’eurodeputata lettone Iveta Grigule che ha deciso di abbandonare la formazione. Secondo le regole del parlamento Europeo però, ogni gruppo deve avere rappresentanti provenienti da almeno 7 Stati membri. E senza la parlamentare della Lettonia vengono a mancare i numeri necessari.
Grigule ha lasciato l’Efdd e poche ore dopo è stata eletta presidente della delegazione EU-Asia centrale. Una elezione che, secondo la Grigule, non sarebbe stata possibile se lei non fosse uscita dal gruppo Farage-Grillo. Fino adesso infatti, attorno ai deputati euroscettici è sempre scattato il cordone sanitario degli europeisti (socialisti, popolari e liberali) per impedire che ricoprano cariche importanti all’interno del Parlamento Ue. Un comunicato ufficiale del gruppo Efdd sostiene che la stessa Grigule avrebbe detto al segretario generale EFDD che la sua scelta era obbligata per ottenere questa carica secondo quanto le era stato fatto intendere dal Presidente del Ppe Manfred Weber e dal numero uno del Parlamento Martin Schulz. Alcune indiscrezioni – non confermate – danno la Grigule in arrivo proprio all’interno del Ppe.
La fuoriuscita della lettone ha delle conseguenze rovinose per il gruppo euroscettico in quanto viene meno uno dei requisiti fondamentali per la costituzione dei gruppi politici al Parlamento europeo. Lo scorso giugno Farage era riuscito in extremis a formare il gruppo “raccattando” last minute qualche eurodeputato in rappresentanza di interi Paesi – una lettone, un ceco, una francese, due lituani e due svedesi. Un quasi gigante (48 deputati) con i piedi d’argilla, visto che il destino dell’intero gruppo era – come poi si è rivelato – legato alle scelte di singoli deputati.
Se a scippare i deputati del M5S di presidenze e vice presidenze di commissioni e delegazioni parlamentari ci aveva pensato il cordone sanitario dei principali gruppi politici – socialisti, popolari e liberali – adesso lo scioglimento del gruppo comporta la perdita del tempo di parola in Aula, il licenziamento del personale politico assunto in seno al gruppo (non gli staff dei deputati), la perdita di questi uffici aggiuntivi nonché lo stop ai finanziamenti pubblici previsti dal regolamento. Anzi a quanto pare i deputati Efdddovranno addirittura restituire al Parlamento europeo una parte dei fondi già ricevuti.
Duro il commento di Farage: “Schulz sarebbe un miglior presidente nel parlamento della repubblica delle banane visto che è andato ben oltre il suo mandato di presidente neutrale”. Per il leader dell’Ukip, infatti, oltre il danno c’è anche la beffa: non solo Farage perde il gruppo di cui è copresidente insieme a Borrelli ma non potrà più sedersi nella prima fila dell’Aula di Strasburgo, quel posto da dove è solito arringare il popolo euroscettico da anni. Più cauto il M5S: “Stiamo valutando la situazione”, dice il capogruppo Ignazio Corrao a ilfattoquotidiano.it, “ci prenderemo tutto il tempo per farlo nel migliore e più approfondito dei modi. E alla fine deciderà la rete”.
Adesso i 17 eurodeputati del M5S si troveranno di fronte alla stessa scelta di quattro mesi fa: finire nel calderone dei non iscritti – insieme al Front National di Marine Le Pen e alla Lega Nord di Matteo Salvini – cercare di riformare il gruppo con Farage ovvero attirando un eurodeputato non affiliato a nessuna famiglia politica o in rotta con la propria, oppure aderire a un gruppo già esistente. I singoli eurodeputati o le intere delegazioni possono infatti creare nuove formazioni o aderire a già esistenti in qualsiasi momento della legislatura. Sicuramente i 17 pentastellati costituiscono un boccone appetitoso per gli altri gruppi politici sia in termini di peso politico che di relativi finanziamenti pubblici. Al parlamento si vocifera di alcuni tentativi di contatto da parte di altri gruppi politici, come i Verdi, all’interno dei quali la reputazione dei 5 stelle è cresciuta in positivo in questi mesi alla luce del loro lavoro svolto. Un passo però reso complicato dalle ultime mosse euroscettiche del leader Grillo: il lancio di un referendum per l’uscita dall’Euro e la presa di posizione in questo senso lascia perplessi in molti.