Politica

Renzi: oggi i gay, domani le unioni civili. L’importante è parlare d’altro

Mumble mumble: come faccio, dopo il disastro di Genova, a catturare l’attenzione pubblica su qualcos’altro? Ma sì, idea!, stavolta è il momento giusto, mi gioco la carta delle unioni civili per i gay (meglio usare solo la parola “gay”, visto che le lesbiche fanno ancora troppa paura ed è bene che non finiscano nei titoli dei quotidiani).   

D’altronde la contingenza non poteva essere migliore, anzi ho dovuto affrettarmi per non essere scavalcato dagli eventi: il Sinodo per la famiglia che mi scodella perfetto perfetto un papa pro-omosessuali che mi consente persino di accontentare i cattolici    – vedete che ho fatto bene ad aspettare –, l’immagine di Vladimir Luxuria che fa il patto del risotto al tartufo con Berlusconi, così mi accaparro parecchi voti a destra mentre rendo più digeribile Berlusconi agli elettori del Pd, infine il rapporto Censis secondo il quale il 29% degli italiani è favorevole alle adozioni ai gay (che, per chi sa leggere tra le righe, vuol dire che almeno il doppio o più è favorevole alle unioni civili).   

Certo, c’è stata la fastidiosa uscita di Alfano contro la registrazione dei matrimoni contratti all’estero, ma la cosa potrebbe andare addirittura a mio favore, e comunque l’ho placato con gli sgravi fiscali per le famiglie numerose, tranquillizzando al tempo stesso la neo responsabile del nuovo dipartimento “Libertà civili e i diritti umani” di Forza Italia Mara Carfagna che tanto si è agitata in questi giorni a favore di un patto del Nazareno sui diritti civili (che c’era già, infatti eravamo d’accordo di non farli tranne ovviamente se ci fossero tornati particolarmente comodi, et voilà).   

Una volta deciso che il tema è quello giusto, cioè strategico, chiamo il giornale amico, che mi anticipa qualunque notizia anche se farlocca, insieme al giornalista amico: abile nel tratteggiare sia l’immagine di un governo che, lungi dal tentennare, si lancia futuristicamente verso l’avvenire – “tutto è pronto, dopo anni di tira-e-molla su Pacs, Dico e DidoRe stavolta sembra quella buona”, ha scritto ieri Francesco Bei su Repubblica –, sia quella di un premier che non guarda in faccia alla Chiesa – “ai vescovi, ha confidato il premier nei giorni scorsi, l’ho già detto, si mettano l’anima in pace”, scrive sempre l’amico Bei – mentre al tempo stesso ascolta comunque premuroso e sapiente le raccomandazioni clericali sui figli (“Nessuno affidamento insomma di bambini esterni alla coppia”).   

Infine, mando avanti Ivan Scalfarotto, che non fa paura a nessuno, a dire: “Vedete? Stiamo modernizzando il paese, noi abbiamo rinunciato all’art. 18, la destra ora rinunci al suo totem” e il gioco è fatto. E poco importa se il disegno di legge della relatrice Cirinnà prevedeva anche una seconda parte con l’estensione di molti diritti alle coppie di fatto eterosessuali, d’altronde avevo detto ad Avvenire in luglio che il governo avrebbe fatto di testa sua, poi i contenuti li ho decisi dopo gli eventi, mi sembra logico.   

Insomma se ne facciano una ragione quei coniugi che non avranno diritto all’assistenza in ospedale o in carcere, ai sussidi e alle case popolari: vi toccherà aspettare il momento buono in cui mi serva un annuncio roboante, ma ricordate che comunque la pensione di reversibilità e la successione non l’avrete: in teoria potreste sposarvi (tanto se poi rimanete intrappolati nella separazione perché il divorzio breve è ancora impantanato in Senato non è un problema mio), noi nel frattempo mentre voi esitate, per mille motivi, risparmiamo in pensioni di reversibilità che ci costerebbero troppo – come va dicendo sempre Sacconi – tanto nessuno sa che nello sbandierato modello di unioni civili alla tedesca sono previste, proprio come i diritti successori.   

E poi mica penserete che i diritti civili siano sottratti alla spending review, specie dopo che il pareggio di bilancio è entrato in Costituzione? A proposito di Costituzione, qualcuno comincia a dire che la proposta delle unioni solo agli omosessuali è incostituzionale, sì, può essere ma cosa importa? Oggi, intanto, s’è parlato d’altro e io sto sereno. Domani è un altro giorno.

il Fatto Quotidiano, 16 Ottobre 2014