Il parallelo più azzeccato è quello con la tangentopoli italiana che 22 anni fa segnò la fine della prima Repubblica. Nella città-stato abbarbicata sul monte Titano il tarlo che oggi sta decimando la classe politica si chiama Conto Mazzini: un banalissimo deposito bancario intestato a tale Giuseppe Mazzini, italiano, omonimo del patriota risorgimentale, aperto presso la Banca commerciale sammarinese. Il conto, secondo i commissari della legge Alberto Buriani, Simon Luca Morsiani e Antonella Volpinari, che da tempo coordinano le indagini del nucleo antifrode della polizia giudiziaria sammarinese, avrebbe funzionato da bancomat per molti politici locali che da lì prelevavano le mazzette di imprenditori locali o esteri.
Da dicembre 2013, quando la notizia della maxi-inchiesta è venuta a galla, i palazzi del potere hanno tremato quasi ogni giorno nella repubblica più antica del mondo: arresti eccellenti di imprenditori e politici, sequestri milionari. Infine in queste ultime ore il caso del Conto Mazzini per la prima volta scompagina letteralmente il governo. Il ministro per le finanze, il segretario di stato Claudio Felici, membro del Psd (il Partito dei socialisti e democratici, una specie di Pd sammarinese) si è dimesso dalla carica perché tirato in ballo da una sua ex collaboratrice, nonché dirigente e candidata negli anni passati del Ppds, il partito predecessore dell’attuale Psd. Mirella Frisoni il 9 ottobre era stata arrestata (e scarcerata in 24 ore) proprio nell’ambito dell’inchiesta sul Conto Mazzini: ai magistrati durante l’interrogatorio di garanzia avrebbe fatto tre nomi di politici eccellenti. Oltre a quello di Felici, quello del segretario di stato all’istruzione Giuseppe Maria Morganti e quello del capogruppo in Consiglio grande e generale (il parlamento della repubblica) Stefano Macina, altri due personaggi di punta del Psd.
Così nella mattinata di mercoledì 15 ottobre Felici, appena rientrato da New York per una riunione coi ministri delle finanze mondiali al Fondo monetario internazionale, ha annunciato le dimissioni dopo che gli alleati di governo, la Democrazia cristiana (il partito più forte a San Marino) e l’Alleanza popolare avevano chiesto un passo indietro anche per scongiurare una crisi di governo: “Quando si fa parte di un governo con i problemi che il nostro Paese sta attraversando, con le aspettative che i cittadini hanno di intravedere il proprio futuro, chi è in queste posizioni non può permettersi alcun elemento di disturbo o di confusione”, ha spiegato Felici davanti alle telecamere di Rtv San Marino. “So quali sono stati i miei atti e le mie scelte e sono convinto di avere tutti gli argomenti per dare risposte esaustive”, ha infine spiegato il politico sammarinese. Nonostante le sue dimissioni tuttavia il ministro, al momento, non avrebbe ricevuto alcuna comunicazione da parte della magistratura del piccolo stato e non risulterebbe indagato. La bufera che sta sferzando il monte Titano peraltro potrebbe non fermarsi qui visto che anche all’interno del Psd in tanti chiedono le dimissioni anche di Morganti e Macina.
Nell’ambito o in conseguenza dell’inchiesta sul Conto Mazzini, che vede già 23 indagati, nei mesi scorsi altri due politici erano finiti agli arresti e tuttora sono in carcere: Claudio Podeschi, uomo di spicco della Democrazia cristiana sammarinese, ex ministro e capogruppo parlamentare, arrestato a giugno per associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio di tangenti; e Fiorenzo Stolfi, arrestato a settembre con le stesse accuse e tra i volti più noti della storia politica contemporanea del Titano. Uomo di punta del Psd, di cui è stato tra i fondatori nel 2005, è stato anche lui ex segretario di stato agli esteri, alle finanze e all’industria. Ma l’elenco di politici coinvolti si profila ancora molto lungo.