Il piano di di abbandonare la Corte europea per i diritti umani è finalizzato ad uscire dall’Ue ma dalla porta di servizio? A questo sembra servire la sparata da campagna elettorale di David Cameron. Ammesso che qualcuno nei Tories consideri seriamente l’ipotesi di sbarazzarsi dell’ingombrante corte di Strasburgo, se ciò davvero dovesse avvenire, la stessa partecipazione britannica all’Unione Europea sarebbe messa in discussione. Perché? Secondo il Trattato di Lisbona, articolo 6, paragrafo 2 (ed il corrispondente art. 59, paragrafo 2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo) l’adesione al Consiglio d’Europa e quindi la giurisdizione di Strasburgo sono una condizione imprescindibile alla permanenza nel club dei 28. Ma Cameron, pur di risalire nei sondaggi e di arrestare la marea di Farage e dello Ukip, sarebbe capace a questo punto di promettere qualunque cosa; solo due anni fa, parlando davanti all’assemblea plenaria del Consiglio d’Europa, con tono conciliante ed uso ponderato del vocabolario, aveva espresso il desiderio di “cambiare la Corte” per renderla più funzionale.

 

Oggi, invece, il lessico è di guerra: o a Strasburgo accettano che Westminster abbia l’ultima parola oppure noi ci ritiriamo dalla Corte e dal Consiglio d’Europa (e quindi anche dall’Ue). Da un lato e dall’altro della barricata le reazioni non si sono fatte attendere; dal suo blog sul Telegraph, quotidiano populista britannicoDaniel Hannan ammette i rischi per l’adesione all’Ue che comporterebbe l’abbandono della giurisdizione della corte ma sostiene “la pace in Europa l’hanno garantita le armi della Nato non le sentenze dei giudici di Strasburgo” e si chiede “a chi ha giovato il lavoro della Corte? “Sicuramente ad immigrati clandestini, ai terroristi dell’Ira, ai carcerati. E alle ricche carriere degli avvocati per i diritti umani mentre per la nostra democrazia è stato un disastro.” Sul versante politico opposto, il Mirror elenca invece 10 casi in cui la Convenzione si è rivelata l’unico strumento di garanzia per i diritti umani; dal no ad estradizione verso paesi che applicano normative draconiane (diritto ad una pena proporzionata al crimine) alla protezione dei diritti umani del personale militare in missione (diritto ad uno standard minimo di sicurezza) fino alla fecondazione assistita, alla tutela della privacy e a quella dagli abusi d’autorità, la Corte si è dimostrata un efficace ultimo appello per riequilibrare un sistema nazionale macchinoso e sempre più dominato dai capricci elettorali della politica.

Ma i Tories, rispetto ai proclami del passato, questa volta sembrano determinati a fare dei diritti umani una questione domestica; o perlomeno del buon materiale elettorale “cattivista” da opporre alla campagna di annunci che ha in serbo Farage. Il Guardian ha pubblicato il testo del piano dei conservatori dove, sostanzialmente, si blinda la legge penale incanalandole in una ed una sola interpretazione, concedendo immunità assoluta ai soldati britannici nel mondo (le prove che testimoniano le diffuse violazioni dei diritti umani in Iraq sarebbe stato certamente meglio ignorarle) e riservando le garanzie dell’Act che verrà alla gente perbene: per crimini efferati, i Tories, vorrebbero non si parlasse proprio di diritti umani. Senza Convenzione europea per i diritti dell’uomo magari una maggioranza parlamentare potrebbe addirittura reintrodurre la pena di morte (il tema porta voti, ah se porta voti): dopo tutto il Regno Unito l’ha abolita solo a metà degli anni ’70, in procinto di aderire alla Cee, e non si può certo dire che per i partiti di Westminster sia un tema totalmente fuori dall’agenda.

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