L’incubo delle oltre 200 studentesse rapite in Nigeria a metà aprile dai Boko Haram potrebbe finire presto. Dopo l’accordo sul cessate il fuoco raggiunto tra l’esercito nigeriano e i ribelli islamici, le ragazze potrebbero essere liberate. L’intesa sarebbe stata conclusa tra il governo federale di Abuja e Jamaatu Ahlis Sunna Liddaawati wal-Jihad, vale a dire il gruppo per la predicazione e la jihad, meglio conosciuto come Boko Haram, ha affermato il capo di Stato maggiore dell’esercito nigeriano Alex Badeh, stando ai principali quotidiani internazionali. Tuttavia resta ancora forte l’incertezza dopo che in serata una fonte dei servizi della sicurezza ha ridimensionato l’ottimismo affermando che al momento non sarebbe stata raggiunta alcuna intesa sul rilascio delle ragazze.
Era stato il capo di Stato maggiore dell’esercito nigeriano Alex Badeh – stando ai principali quotidiani internazionali – ad affermare che un’intesa era stata conclusa tra il governo federale di Abuja e Jamaatu Ahlis Sunna Liddaawati wal-Jihad, vale a dire il gruppo per la predicazione e la jihad, meglio conosciuto come Boko Haram. Parallelamente era intervenuto anche il primo segretario della presidenza, Hassan Tukur, che alla France Presse aveva affermato che era stato raggiunto un accordo con il gruppo radicale islamico per la fine delle violenze, nell’ambito del quale si inserisce anche la liberazione delle 219 studentesse sequestrate a Chibok, nello Stato del Borno.
Ma in serata sono intervenuti i servizi di sicurezza nigeriani contraddicendo in parte quanto detto dalla presidenza. “Questo aspetto – la liberazione delle giovani – non è stato ancora raggiunto, ma ci stiamo lavorando”. In precedenza la Bbc online aveva riferito che l’accordo per il rilascio definitivo delle giovani dovrebbe essere finalizzato in un altro incontro che si dovrebbe tenere la prossima settimana a Ndjamena, capitale del Ciad.
Il giallo resta. Secondo alcuni osservatori si ignora l’identità di Danladi Ahmadu, l’uomo che Tukur ha presentato come il suo interlocutore in seno ai Boko Haram. “Io non ho mai sentito parlare di questo signore – ha affermato Shehu Sani, uno specialista dei Boko Haram – e se il gruppo fondamentalista vuole effettivamente dichiarare un cessate il fuoco tale proclama dovrebbe arrivare direttamente dal loro capo Abubakar Shekau“.
L’incubo per le oltre 200 giovani studentesse era iniziato lo scorso 14 aprile. I fondamentalisti, dopo essere penetrati con forza all’interno di un liceo a Chibok nel nord-est del Paese, sequestrarono le ragazze portandole nel cuore della foresta al confine con il Camerun. Alcune ragazze riuscirono a fuggire nelle prime ore del sequestro e nei giorni successivi al rapimento, ma della maggior parte di loro, circa 219, si persero le tracce. Il 5 maggio in un video Shekau rivendicò il sequestro minacciando di venderle come schiave dopo averle costrette a convertirsi all’Islam. La settimana seguente in un altro video vennero mostrate 130 ragazze, completamente velate mentre recitavano versetti del Corano. Nella rivendicazione Shekau chiese la liberazione dei prigionieri Boko Haram in cambio delle liceali.
Il sequestro ha sollevato indignazione e sconcerto a livello mondiale con numerose personaggi politici, tra cui Michelle Obama, scesi in campo per reclamarne la liberazione nell’ambito della campagna “Bring back our girls“. Nei giorni scorsi, a sei mesi esatti dal rapimento, anche il premio Nobel per la pace Malala Yousafzai aveva lanciato un appello.
Intanto secondo quanto ha reso noto il ministero della Difesa camerunense, 107 jihadisti e 8 militari di Yaoundé sono rimasti uccisi in violenti scontri avvenuti mercoledì e giovedì scorsi vicino alla frontiera con la Nigeria. Nati nel 2001-2002, è dal 2009 che i Boko Haram hanno compiuto le gesta più efferate: dalle bombe contro le chiese fino agli attacchi contro i villaggi. Secondo un conteggio di alcune ong, le loro azioni terroristiche hanno causato la morte di migliaia di persone negli ultimi cinque anni.