Indossa sciarpe, cravatte e spille rossoblù; passeggia per il centro di Bologna a stringere mani e farsi immortalare nei selfie. Dice perfino che lui e i tifosi sono “una cosa sola”. Anche se non ci avesse messo un euro per ricapitalizzare ed acquistare il Bologna Calcio, l’avvocato americano Joe Tacopina, sarebbe comunque il nuovo presidente rossoblù. Basta la fiducia. E Joe, in fatto ad immagine, ha compiuto il lavoro più attento e dettagliato quando ancora il suo portafoglio era pieno. L’andirivieni sotto ai portici della “rossa” del legale newyorchese, colui che ha difeso perfino Amanda Knox perorandone l’innocenza nel processo di Perugia, è stato uno dei capolavori mediatici che nemmeno Silvio Berlusconi quando con l’elicottero scese dal cielo per acquistare il Milan.
Questione di rispetto e pudore, prima di tutto. E Joe, collo taurino, spalle enormi anche se è più largo che alto, abbronzatura fuori stagione come fosse naturale, non sembra essere uno che la spara più grossa di quello che può permettersi. Niente calata dall’alto, ma filosofia del primus inter pares. “Ci avete accettato come famiglia”, dice rivolgendosi alla stampa bolognese, prima tifosa poi molto dopo di professione giornalista, che lo accoglie ufficialmente alla terrazza Bernardini dello stadio Dall’Ara assieme a quel Joey Saputo, magnate canadese del settore caseario e proprietario dei Montreal Impact, altrettanto friendly in tinta rossoblù e con un bell’italiano da emigrato che ogni tanto scivola sulla cadenza dialettale.
La strategia Tacopina è in fondo il principio dell’essenzialità nell’era della comunicazione 24 su 24: prima conquisto la piazza, poi il cda. Vederlo ad abbracciarsi con i tifosi in strada sotto la pioggia, bere un caffè al Canton de Fiori e scusarsi con il proprietario per il caos creato attorno a lui, addentare una fetta di margherita dal pizzaiolo nordafricano, poi addirittura correre ad abbracciare l’anziano ex presidente Gazzoni (quello che denunciò Calciopoli) in una clinica ortopedica, lo rende uomo di carne e sangue. “Joe uno di noi” urlano i tifosi che in lui vedono il compagnone da hot dog, o meglio caffè Borghetti, a sedere con loro sugli spalti della curva. E Joe non li tradisce mai.
Non ha mai fretta, dispensa sorrisi e sguardi alla cowboy, anche se dalle fattezze sembra più un istruttore di palestra. “Il mio impegno durerà decenni – spiega ancora ai giornalisti – Nel 2008 (anno della trattativa saltata con l’allora presidente del Bologna Calcio, Alfredo Cazzola, ndr) dissi che sarei tornato ed eccomi qua. Con la Roma è chiusa. I vostri sogni ora sono i miei sogni. In un anno torniamo in A poi diventiamo come Fiorentina e Udinese”. Difficile dargli del “cioccapiatti”, come si appellano i gradassi da queste parti, perché Tacopina alla Roma ha fatto bene e qui a Bologna, sollecitato dalla rentreé del socio minoritario Zanetti che non più di quindici giorni fa era tornato in sella al Bologna Calcio, i denari li ha subito tirati fuori. Quanti non si sa, ma il “consigliere” Saputo vorrebbe spendere 60 milioni di dollari per ristrutturare stadio e area circostante: “A lungo termine confermo cifra e volontà di farlo”, spiega.
“Sono aree del Comune di Bologna” aggiunge l’assessore comunale allo sport, il giovane, altrettanto rossoblù nell’anima, Rizzo Nervo. “Attendiamo il loro business plan, ma siamo pronti a far diventare lo stadio un impianto moderno”. Otto nove mesi al massimo, dice Saputo, e il miracolo deve prendere il via, più o meno con la stessa tempistica del F.i.co. di Farinetti che sta dalla parte opposta della città ma che dista nemmeno un chilometro da quel centro tecnico monumentale che l’ultimo, odiatissimo, presidente del Bologna, Albano Guaraldi, voleva costruire a Granarolo dell’Emilia.
Difficile che Joe e Joey si facciano sfuggire uno spazio del genere oramai pronto per ospitare e far allenare giovani promesse del calcio internazionale. Nomi di star e mister ancora non se ne fanno. Si sa solo che se a gennaio la squadra ha bisogno si comprano rinforzi, poi si sale in A. Su questo l’avvocato Joe, dichiaratosi vegano ma che alla fine sembra mangiare un po’ di pollo e pesce, non transige. Come non transige in quei piccoli particolari che lo rendono già padrone del marchio di una città. Quando un disattento ospite della serata di presentazione pesta per sbaglio uno stemma del club rossoblù stampigliato sottovetro sul pavimento e isolato dal resto del corridoio da una corda rossa sorretta da piloncini di plastica, Joe lo redarguisce e corre a risistemare la risibile protezione. Questione di storia e di stile. Color american red and blue.