Dalla Procura di Forlì filtra che fino ad ora l'intervento della camorra è solo un'ipotesi investigativa e che se ci saranno elementi reali sarà coinvolta - per competenza - la Dda di Bologna
Se ci dovessero essere fatti concreti, e non solo ipotesi, circa un intervento della camorra sull’esclusione di Pantani dal Giro d’Italia 1999 l’inchiesta passerebbe di diritto alla Direzione distrettuale antimafia di Bologna (fino ad ora non coinvolta). Al momento, invece, sono solo congetture, buone più per i giornali che per gli inquirenti. E’ quanto filtra dalla Procura di Cesena-Forlì, che a inizio settembre ha riaperto il caso (archiviato in passato dalla Procura di Trento) dell’esclusione del Pirata dal Giro d’Italia 1999. Associazione a delinquere finalizzata alla truffa e alla frode sportiva: questa l’ipotesi di reato. Perché – è su questo che si indaga – potrebbe esserci stato un complotto della criminalità organizzata campana all’origine di quanto accaduto quel 5 giugno a Madonna di Campiglio. Obiettivo? Fare fuori Pantani per incassare scommesse clandestine milionarie.
Tutto parte delle parole di Vallanzasca
Il nuovo fascicolo dei pm di Forlì ha preso il via su sollecitazione del legale della famiglia Pantani, l’avvocato Antonio De Rensis, che ha portato anche nel capoluogo romagnolo, dopo aver fatto riaprire l’inchiesta a Rimini sulla morte di Pantani come omicidio volontario (anziché come morte per abuso di cocaina), nuovi elementi ritenuti probanti dell’ipotesi del complotto. I titolari dell’indagine, il procuratore Sergio Sottani e la sostituta Lucia Spirito, nel più fitto riserbo hanno già sentito alcune persone informate sui fatti: la stessa mamma del ciclista, Tonina Belletti, e il cronista Davide De Zan, mentre non è stato sentito Renato Vallanzasca, il boss della malavita sulle cui affermazioni, confluite in una lettera alla donna e in un’autobiografia ma sulle quali non ebbe nulla da dire con il pm di Trento Bruno Giardina, che infatti archiviò.
Secondo logica giudiziaria, il bel Renè dovrebbe dunque essere sentito a sua volta. A quel poco che filtra da ambienti vicini alla procura, l’ipotesi del coinvolgimento della camorra avrebbe al momento solo spunti di ipotesi investigativa ma non ancora giuridica. Nel fascicolo non ci sarebbero cioè elementi certi che, se ci fossero stati, avrebbero portato al trasferimento degli atti dalla procura ordinaria, che può indagare sulle associazioni per delinquere semplice e sulle minacce, alla Dda, competente sulle associazioni di stampo mafioso. Allo stato, cioè, la camorra è solo un elemento di forte suggestione, ma del tutto da dimostrare. Decisivo potrebbe essere un impulso di Vallanzasca, se dovesse cambiare atteggiamento rispetto a Trento. In questo caso a quella forlivese potrebbe affiancarsi ad una inchiesta dell’antimafia. Ciò che si sa, inoltre, è che a Forlì l’indagine è contro ignoti. Per ora non sono state chieste consulenze tecniche o scientifiche, ma solo assunte testimonianze orali.
L’avvocato De Rensis: “Bisogna ripulire Pantani dal fango”
“Marco Pantani ha scritto una pagina della storia di questo paese. Su questa pagina qualcuno ha buttato del fango e noi abbiamo un impegno: togliere questo fango, ripulire la pagina e restituire questo libro nel posto dove deve stare. Pantani deve riacquistare tutta la dignità che merita e che gli è stata tolta ingiustamente”. Parola del difensore della famiglia Pantani, Antonio De Rensis, intervistato questa mattina a Radio Città Futura che ha diffuso una nota. “La madre di Pantani è stata lasciata sola dalle istituzioni per molti anni – ha detto ancora De Rensis – ma ora l’opinione pubblica sta cambiando. Come risarcimento morale nei suoi confronti mi aspetto un po’ di umiltà da chi ha condotto le indagini all’epoca, l’ammissione che abbiano lavorato male”. L’avvocato bolognese ha poi ribadito che ci saranno delle svolte importanti: “Quella della Procura di Forlì è un’indagine molto seria, portata avanti con grande determinazione e credo che ci saranno delle sorprese. Non a breve perché l’indagine è complessa e indaga su anni lontani, ma chi sta investigando ha le giuste competenze e ha individuato la strada da seguire. Ovviamente non posso anticipare nulla, ma posso dire che è un’indagine che ci dà speranza, soprattutto perché è nata autonomamente”.
Gli episodi della gestione della provetta del sangue prelevato a Madonna di Campiglio a Marco Pantani, del resto, al pari dello scambio di lettere e l’incontro tra la mamma del ciclista con Renato Vallanzasca sono scritti in due parti del libro In nome di Marco di Tonina Pantani e Francesco Ceniti (Rizzoli), pubblicato un anno fa, in cui si narra dell’incontro tra Tonina Pantani e Vallanzasca e dell’episodio della provetta a Campiglio. Nel libro nei fatti si anticipano le successive mosse della famiglia Pantani che hanno poi portato le procure di Rimini e Forlì a riaprire le inchieste e si sollevano dubbi e perplessità sulle indagini compiute all’epoca.