Il sospetto dell’applicazione da parte delle banche di tassi usurari per oltre 365mila euro, congela l’asta dei beni del creditore fallito. Nei giorni scorsi la Procura di Latina ha fermato la vendita da diversi milioni di euro delle proprietà dei garanti di un’impresa fallita nel 2000. L’asta era stata promossa da Unicredit, Banca Popolare di Aprilia e S.G.C. a cui la Banca Nazionale del Lavoro aveva ceduto i suoi crediti. Ma il Procuratore aggiunto Nunzia D’Elia ha fermato tutto accogliendo l’istanza di sospensione presentata dai fratelli Brilli, garanti della Brilli Primo, una ditta di costruzioni finita sotto pignoramento per i debiti contratti con le banche.
Con modalità, però, che se fossero confermate, potrebbero riscrivere una parte della storia che risale agli anni ’90, quando i soci dell’azienda di Latina decidono di ricorrere a prestiti bancari, garantendoli con beni personali. Nel 2000 però alla Brilli Primo non resta che dichiarare fallimento sotto il peso di un’esposizione di circa 38 miliardi di lire. Le banche aggrediscono così prima il patrimonio della società e poi quello dei soci garanti.
Inizia allora una lunga vicenda giudiziaria che vive il suo primo punto di svolta nel 2011, quando il consulente tecnico d’ufficio Luca Procaccini, nominato dal Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Latina, rileva uno sforamento dei tassi applicati dagli istituti di credito rispetto alle soglie fissate dalla Banca d’Italia. Riscontra quindi l’esistenza di usura nei rapporti bancari tra i fratelli Brilli e tre istituti di credito. Questi, secondo i calcoli del consulente di parte, in base ai dati contenuti nella relazione depositata dal Ctu, avrebbero percepito interessi per una percentuale oltre la soglia legale, incassando rispettivamente 294.141 euro (Banca di Roma, oggi Unicredit), 41.360 (Banca Nazionale del Lavoro) e 30.113 (Banca Popolare di Aprilia).
Da allora però la procedura esecutiva ha proseguito il suo corso e l’asta pubblica per la vendita dei beni personali dei garanti della società è stata fissata al 15 ottobre di quest’anno. Nel tentativo di bloccarla i fratelli Brilli, lo scorso settembre, si sono rivolti agli avvocati Mattia Masotti e Lucia Baldoni del Foro di Perugia e all’avvocato Emanuele Massuoli del Foro di Terni, per presentare una denuncia penale per usura, facendo leva sulla relazione del perito del tribunale depositata nel 2011. Il 9 ottobre, analizzata la documentazione, il pm D’Elia ha ritenuto le accuse fondate e ha fatto partire le indagini per verificare l’esistenza del reato di usura. Il magistrato poi, applicando l’articolo 20, della legge 44 del 1999, “Disposizioni concernenti il Fondo di solidarietà per le vittime di richieste estorsive e dell’usura”, ha sospeso per 300 giorni la vendita dei beni e tutti gli adempimenti legati alla procedura esecutiva. Il Tribunale di Latina ne ha preso atto lunedì 13, a due giorni dall’asta.
“Riteniamo particolarmente importante che il Procuratore aggiunto abbia concesso, in così breve tempo, un provvedimento così raro e incisivo, anche se era dovuto visti gli atti e i documenti che abbiamo portato all’attenzione della Procura di Latina”, ha dichiarato a ilfattoquotidiano.it l’avvocato Masotti. I fratelli Brilli adesso hanno quasi un anno di tempo per proseguire le loro azioni nei confronti delle banche e tentare così di far riconsiderare la loro posizione.