Se una donna fosse il prossimo Presidente della Repubblica ne sarei entusiasta! Sarebbe per l’Italia una grande conquista e un ottimo guadagno ne avrebbe la nostra vita politica e parlamentare. Parlo di questo galvanizzata da una serie di “gossip” che è un po’ di giorni che si rincorrono. L’ultimo l’ha rilanciato Dagospia, parlando delle ormai imminenti dimissioni di Giorgio Napolitano.
Già in passato il sito fondato dal giornalista e personaggio televisivo, Roberto D’Agostino, aveva anticipato che “Re Giorgio” avrebbe avuto l’intenzione di lasciare il Quirinale subito dopo la fine del semestre italiano di presidenza dell’Ue, in un momento compreso tra l’inizio di gennaio e il 29 giugno 2015, giorno in cui compirà 90 anni. Ora però le voci si rincorrono ancor più insistentemente, e si dice addirittura che il Capo dello Stato potrebbe annunciare le sue dimissioni già nel discorso di fine anno del 31 dicembre, che a questo punto potrebbe essere l’ultimo del suo mandato.
I più maligni riportano che il patto del Nazareno avrebbe già individuato il successore di Napolitano. Ed è qui che compare il nome di una donna. Una probabile candidata a salire sul Colle più alto della città capitolina potrebbe essere infatti Anna Finocchiaro, la nota senatrice del Partito democratico. Sempre i più maliziosi sostengono che questa mossa sarebbe un gesto fatto in omaggio all’innovazione, ma risulterebbe gradito pure a Berlusconi e a Gianni Letta. Ma per sapere se tutto questo corrisponde al vero bisognerà pazientare ancora un po’.
Del resto quello di una decisione presa nel famigerato incontro del Nazareno, è una “puntura” velenosissima già stoccata a Renzi del Corsera, dove nell’oramai famoso editoriale del direttore, Ferruccio De Bortoli, si citava una presunta clausola segreta per il Quirinale: sarà vero? Il Presidente annuncerà davvero le sue dimissioni nel messaggio di fine anno? Ha in mente un successore ideale? Alcuni, riproponendo la carta maschile, parlano dell’attuale governatore della Banca centrale europea, Mario Draghi; ma subito ecco che un’altra donna torna in pole-position in questa sorta di toto-dopo-Napolitano, si tratta di Roberta Pinotti, l’attuale Ministro della Difesa.
Un’altra penna ben informata, quanto a decisioni di Palazzo, è Marco Damilano che sull’Espresso candida proprio la Pinotti a successore di Giorgio Napolitano. Ex capo scout, ex cattolica, figlia di un operaio dell’Enel, madre cuoca, un marito medico e due figlie (Marta ed Elena), ex insegnante di Lettere, la ministra Pinotti è la prima donna alla guida delle Forze armate, alle prese con F35, i due marò in India, gli ostaggi italiani in Siria, le missioni internazionali.
Ma a parte i gossip e le indiscrezioni di politica interna, il vero progresso sarebbe vedere una “quota rosa” conquistare una carica così prestigiosa. Lo dicono anche gli “scienziati” che ciò dovrebbe essere un traguardo necessario per l’Italia. La rivista Focus citando il World Economic Forum, ricorda che il nostro Paese è ancora lontano dall’avere una piena e certa parità dei sessi. Nell’ultimo rapporto sul divario tra generi pubblicato a fine 2012 l’Italia si è piazzata all’ottantesimo posto su 135 paesi analizzati. Ci troviamo appena dopo Uruguay, Botswana, Perù, Cipro e subito prima di Ungheria, Grecia, Paraguay e Messico. Rispetto al 2011 le cose non sono migliorate, perché siamo scesi di ben sei posizioni, passando da un punteggio di 0,6796 a 0,6729. Tale punteggio è calcolato in un range di valutazione che va da 0 a 1, dove 0 rappresenta la disparità e 1 la parità. Un bicchiere mezzo vuoto, sostanzialmente.
E allora un settennato in rosa potrebbe essere un ottimo rimedio a questa situazione, che sicuramente scuoterebbe l’opinione pubblica e chi in Parlamento è chiamato a decidere su questi temi e qualche legge maggiormente a vantaggio della parità di genere.
C’è da dire però che per rinnovare ed ammodernare questo paese ci vorrebbe altro. Anche altre categorie sociali attendo un maggior riconoscimento, che per loro sognificherebbe niente meno che un guadagno in termini di diritti. Se la carica a Presidente della Repubblica, oltre che rappresentare una figura sicuramente di rilievo per la nostra democrazia e la vita Parlamentare, può comportare una riflessione su quegli aspetti che nel nostro Paese sono da migliorare, in termini culturali, politici e sociali, una candidatura che fa riflettere solo “sul genere” non può bastare.
Perché non potrebbe essere un omosessuale dichiarato il nuovo Presidente della Repubblica? Sarebbe il miglior rappresentante di quegli italiani che da tempo attendono leggi bloccate in Parlamento e per le quali un orizzonte non è chiaro. Il Disegno di legge contro l’omofobia, per esempio, oppure quello per l’introduzione delle tanto agognate unioni civili anche in Italia: ecco due questioni miseramente arenate che fanno dei gay e delle lesbiche italiane un mondo da tutelare maggiormente. E poi, se l’Italia è davvero la porta del Terzo mondo che dicono, protesa verso le nazioni più industrializzate a partire dalle più bisognose africane, perché non potrebbe essere un uomo di colore o un immigrato il futuro Presidente della Repubblica?
Ma in fondo perché non potrebbe essere un ex operario o un ex impiegato a 1200 euro al mese, il nuovo Presidente della Repubblica? Perché non un disoccupato, un cassa integrato, un precario? E se donna, perché non una donna licenziata perché incinta; oppure una sfortunata a cui hanno negato un aborto e una pillola del giorno dopo? Perché il prossimo Presidente non potrebbe essere uno sfrattato, oppure il padre di famiglia o il divorziato che vive in una casa popolare?
La filosofia degli “ultimi ci possono salvare”, molto cristiana anche se io preferisco la sua declinazione pasoliniana, ci suggestiona tutti ma nessuno ci vorrebbe finire in mezzo. Il fatto è che ci siamo! Un mucchio di italiani ci sono dentro. Ecco, immagino un Presidente della Repubblica che per prima cosa pensi a loro, che sia donna, nero oppure omosessuale.