Il pm fa sequestrare l'istituto dopo la messa in sicurezza post-terremoto. Sette indagati per aver lucrato un appalto da 4,9 milioni di euro. L'imprenditore che aveva denunciato le irregolarità non lavora più: "Vado in Africa"
Trecentoventi studenti senza scuola. E un imprenditore onesto costretto a emigrare in Africa. È il 12 dicembre 2011 quando a Sulmona, in pieno cratere sismico, viene affidato l’appalto per mettere in sicurezza il doppio istituto – tecnico commerciale e per geometri – De Nino– Morandi. Ieri la Guardia di Finanza, su mandato della Procura di L’Aquila, ha sequestrato due corpi di fabbrica della scuola. I periti della Procura hanno verificato che “l’intero edificio non risulta sismicamente idoneo e non può ospitare in sicurezza gli studenti”. “Io invece lascio l’Italia tra un mese”, racconta al Fatto Quotidiano Massimo Tomeo che, con il suo esposto, due anni fa, ha consentito di indagare sulla truffa legata alla scuola. “Da quando ho denunciato, qui non lavoro più: parto con mia moglie per un paese africano, dove mi hanno offerto un buon lavoro, controllerò i cantieri”.
Per averli controllati a Sulmona, invece, Tomeo ci ha rimesso di tasca propria. Con la sua Mcr srl lavorava in subappalto proprio in questa scuola: si occupava di apporre le reti “fibro-rinforzate”, un tassello fondamentale, per renderla antisismica. Al momento di sottoscrivere la contabilità, si legge nel decreto di sequestro, Tomeo si rifiuta perché è “ingiustificatamente sottodimensionata”. Non solo. “Esprime le proprie riserve sull’efficacia strutturale di alcune lavorazioni, come l’utilizzo di staffe “aperte” in due pezzi, oppure l’impropria localizzazione e interruzione dei ferri per il rinforzo delle fondazioni”. L’imprenditore denuncia il tutto alla stazione appaltante, diretta da funzionari provinciali come Valter Specchio, direttore generale della Provincia di L’Aquila e direttore del settore progettazione opere pubbliche, oggi indagato per truffa e falso in atto pubblico. E il rifiuto di sottoscrivere quella contabilità per lui ha un costo: non viene pagato. Da allora non ha mai più lavorato. “La Stazione appaltante”, scrivono i periti, “invece di effettuare le verifiche del caso, ha ignorato le perplessità tecniche espresse dalla Mcr, e s’è invece frettolosamente adoperata a corrispondere all’Ati il secondo Sal”. In altre parole: continua ad affidare lavori agli imprenditori che, secondo l’accusa, stanno realizzando una vera e propria truffa.
Quando la Procura aquilana, guidata dal procuratore Fausto Cardella, affida ai periti il compito di verificare le condizioni della struttura, si trova dinanzi a queste parole: “Si espongono gli studenti al rischio di collassi da cinematismo”. E ancora: “I difetti, le errate disposizioni, le mancanze e gli errori… comportano una minore resistenza sismica dell’edificio rispetto a quanto previsto in sede di progetto… Se si considera il fatto che i restanti corpi dell’edificio – che presentano indici di vulnerabilità molto bassi – ospitano attualmente le classi di due scuole superiori… si comprende come l’intero edificio non possa ospitare in sicurezza gli studenti”. E così, ieri, la Gdf di L’Aquila ha eseguito il sequestro dei due corpi di fabbrica del plesso scolastico, disposto dal gip Giuseppe Romano Garganella.
Le indagini condotte dai pm Stefano Gallo e Roberta D’Avolio, in collaborazione con il comando provinciale della Gdf di L’Aquila, hanno portato all’iscrizione di sette indagati per truffa e concorso in falso. Tra gli indagati, oltre il funzionario della Provincia Valter Vecchio, anche Alberto De Lellis, legale rappresentante della F.In Fubelli Infrastrutture srl, società capogruppo dell’Ati appaltatrice dei lavori. I lavori secondo l’accusa sono stati realizzati in modo pessimo “sia dal punto di vista della razionalizzazione delle vie di fuga, sia dal punto di vista del consolidamento strutturale”. Eppure si tratta di un appalto da ben 4,9 milioni. Ma nel 2011, si legge negli atti, gli indagati “attestavano falsamente… di aver effettuato lavori per 248 mila euro” mentre, secondo l’accusa, “ne avevano spesi soltanto 49 mila”. Se non bastasse, “inducevano in errore” il commissario straordinario per la ricostruzione, ovvero il presidente della Regione Abruzzo, a “fronte” dei lavori “realizzati per meno di un terzo del loro importo”. Si lucrava su tutto: “omettevano di rinforzare i pilastri del piano terra… in modo da lucrare un risparmio di 11 mila euro. Omettevano di porre in opera le contro-piastre d’acciaio… lucrando 38 mila euro”. Sopralluoghi e collaudi? Mai realizzati. Risultato: “Sussistono gravi problemi per la sicurezza statica dell’edificio che doveva essere reso invece più sicuro”: Oltre il danno, la beffa: “Gli studenti – scrivono i periti – sono tutti ospitati nell’ala non interessata dall’intervento…ma parimenti pericolosa per la loro incolumità”. E il signor Massimo Tomeo, che aveva denunciato tutto per tempo, è costretto a emigrare per controllare i cantieri in Africa.
Da Il fatto quotidiano del 18 ottobre 2014