Cultura

Archeologia: quello che Autostrade può fare per l’Appia antica

La morte “lenta e graduale” dell’Appia antica, è “come quella di un verme che un bambino crudele taglia fette, cominciando dalla coda”. Così scriveva Antonio Cederna, l’“appiomane”, paladino coraggioso della tutela dell’Appia antica. Le sue battaglie hanno prodotto importanti risultati, hanno creato le imprescindibili premesse alle operazioni intraprese dalla Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma. Aldilà dei muri di recinzione che costeggiano i lati della strada ci sono le ville con grandi parchi dove materiali antichi fanno da contorno ad altrettante strutture. Anche imponenti. Spesso inglobate nelle costruzioni più recenti. Un indistinto di lusso nel quale l’abusivismo è ancora troppo spesso un elemento ricorrente.

Ma la strada dai tempi di Cederna è complessivamente rifiorita. Anche se in maniera non uniforme nei diversi tratti nei quali continua ad essere sezionata. L’impegno, anche finanziario, da parte della Soprintendenza archeologica, ed in particolare di Rita Paris, Direttrice dell’Appia antica, ha ricomposto contesti, ha dato un riassetto. Dal Mausoleo di Cecilia Metella a via di Tor Carbone-via Erode Attico e poi da qui fino a via di Torricola-via del Casale Rotondo, compreso il tratto che raggiunge via dell’Aeroscalo-via di Fioranello, il progetto c’è e si percepisce più che chiaramente, tra parti indagate e restituite ed altre messe almeno in sicurezza. 

Il complesso della villa dei Quintili e quello della limitrofa Santa Maria Nova, di recentissima inaugurazione, sono esempi mirabili di lavoro paziente perché difficile. Un lavoro nel quale le risorse sono state elemento certamente necessario, ma che non sarebbe risultato sufficiente a raggiungere un risultato così positivo senza una studiata capacità di programmazione degli interventi.

Ma accanto a queste autentiche meraviglie, che scavi e restauri non disgiunte da un’attenta musealizzazione hanno reso fruibili, c’è molto altro. Ci sono gli interventi su monumenti per così dire minori, almeno per quel che riguarda la mole. Sia quelli già realizzati che quelli in itinere, segnalati da cantieri. La sistemazione di cancellature a protezione del monumento con, spesso, discrete recinzioni a salvaguardia di un’area di rispetto.

Ci sono soprattutto ancora tantissimi monumenti, visibili. Nuclei in opera cementizia di sepolcri con iscrizioni, sepolcri del tipo a tempietto in laterizi, mausolei circolari, sepolcri a piramide, a torre e a esedra, edifici termali, colombari e iscrizioni. Poi torri e templi. La strada, mantenendo le dimensioni originali, ripavimentata in sampietrini, ad integrazione dei tratti di basolato antico conservato. Ricostruite le crepidini laterali, nei tanti punti mancanti. Sono stati restaurati i muri di recinzione ai lati della strada, di fattura ottocentesca. Anche il verde esistente partecipa di questa rinascita, cipressi e soprattutto i pini sono curati. L’erba spontanea, tagliata. All’inizio di ogni tratto ci sono eleganti contenitori per la spazzatura, uno per lato. Altri sono stati sistemati a distanze standard. La sensazione è che nella vastità attraversata dalla strada e nella generale solitudine ci sia un ordine. Le cartacce che di tanto in tanto s’incontrano tra un sepolcro ed un’iscrizione non cambiano l’impressione complessiva.  

In questo contesto, nel quale comunque continuano a rimanere tante criticità irrisolte, s’inserisce il progetto di Autostrade per l’Italia per la strada. La liaison, dopo mesi di studio, sembra giunta ad un punto decisivo. L’accordo tra la Società privata e il Mibac sembra questione di dettagli. Gli ostacoli ormai superati. Le incomprensioni chiarite. Sembrerebbe, con piena soddisfazione di tutti gli attori di questa vicenda. Da una parte Autostrade che attraverso il suo finanziamento provvederà a realizzare un  progetto di mecenatismo, e quindi  potrà beneficiare degli sgravi fiscali stabiliti dall’Art bonus. Dall’altra, Comune, Regione e Soprintendenze.

L’Autostrada antica nel paesaggio mutato sembra pronta a vivere quest’ennesima avventura. Se il Comune, al quale andrebbero 2 milioni di euro, dovrà occuparsi della rivoluzione della viabilità e conseguentemente dell’incremento del trasporto pubblico, l’Ente Parco Appia Antica avrà un compito non meno delicato. Ridisegnare il verde in un ampio settore del quadrante sud della città e agevolare la comprensione e la fruibilità del tracciato antico. Insomma, legare tra loro i Parchi contigui all’Appia antica, improntare un sistema di infopoint e crearne uno di noleggio bici. Costo preventivato 2 milioni di euro. Alla Soprintendenza speciale per i Beni archeologici spetterà l’onere di scoprire l’ultimo tratto della Via, potendo contare su un budget di 3 milioni di euro.

Insomma il progetto di Autostrade dovrebbe consentire a quello sviluppato dalla Soprintendenza archeologica di realizzarsi in pieno. Prevedendo una articolata serie di operazioni. Non soltanto lo scavo del tracciato stradale. Intervenendo lì dove le risorse statali non riescono. Perché sull’Appia antica, per incrementarne l’appeal anche attraverso una più diffusa opera di tutela, c’è molto da fare. Nei tratti già interessati dal restyling della Soprintendenza archeologica, si dovrebbero restaurare ancora alcune strutture in vista, nella maggior parte dei casi in evidente sofferenza. Passando almeno all’evidenziazione di quelle appena emergenti dal terreno. Senza dimenticare quei monumenti sui quali insiste vegetazione infestante, in qualche caso addirittura essenze che con il loro impianto radicale ne mettono a rischio la stabilità. Ovunque c’è da provvedere ad una pannellistica informativa che consenta di avere almeno le indicazioni principali sul monumento e/o complesso esistente.

Tuttavia è evidente che gli interventi più corposi saranno necessari in quei tratti della strada più difficili. A partire da quello iniziale, da Porta San Sebastiano a via di Porta San Sebastiano. Qui la fruibilità dei monumenti è ridotta dal fatto che molte strutture si trovano all’interno di proprietà private e in quei rari casi nei quali sarebbero liberamente visibili, sono soffocate dalla vegetazione infestante. In questo tratto, inoltre la mancanza di marciapiedi ai lati della strada rende difficoltoso anche soltanto il passaggio pedonale.

In quanto al tratto attualmente finale, tra via dell’Aeroscalo-via di Fioranello e via Capanne di Marino, qui le questioni da affrontare appaiono molte. Nessun intervento ha interessato questa porzione di strada. Il fondo, nel quale si conservano pochi tratti di basolato, sconnesso. Le strutture antiche in stato di abbandono. Coperte da vegetazione ed in stato di conservazione generalmente precario. Variamente utilizzati in maniera impropria. Gli alberi senza alcuna cura. L’erba alta. Immondizie di ogni tipo, ovunque. Sacchi di plastica, cumuli di materiali edilizi di risulta, sanitari, cartacce. Sia di giorno che di notte si pratica impunemente prostituzione. La strada antica un boudoir a cielo aperto, con vista sulle rovine.

“Per tutta la sua lunghezza … la via Appia era un monumento unico da salvare religiosamente intatto, per la sua storia, per le sue rovine e per i suoi alberi per le sue leggende, per la campagna e il paesaggio, per la vista, la solitudine, il silenzio, per la sua luce, le sue albe e i suoi tramonti … Andava salvata religiosamente perché da secoli gli uomini di talento di tutto il mondo l’avevano amata, descritta, dipinta, cantata, trasformandola in realtà fantastica …: la via Appia era intoccabile come l’Acropoli di Atene”. Così scriveva Cederna ne “I gangster dell’Appia” su Il Mondo nel settembre 1953. Dopo sessanta anni di attività intesa si tratta di portare a compimento quel sogno. Di fare dell’Appia una striscia nella quale archeologia e ambiente naturale si parlino. Restituendo  alla fruizione pubblica un pezzo importante di paesaggio perduto. Chiunque contribuirà all’impresa sarà benemerito.