“Farete una brutta fine”.
Sono democraticamente inaccettabili le parole che il Presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando ha indirizzato ai giornalisti di Primocanale – un’emittente locale – che provavano a capire e far capire ai telespettatori di più su quanto accaduto a Genova nelle scorse settimane.
E poi rincalza: “E’ inqualificabile quello che state facendo”.
Inqualificabile fare il giornalista? Inqualificabile chiedere conto a politici ed amministratori pubblici delle cause di un ennesimo disastro che doveva e probabilmente poteva essere evitato?
Poi il Presidente della Regione fa dietrofront, si scusa e prova a giocarsi la carta del fraintendimento e del malinteso ed a spiegare che intendeva dire un’altra cosa.
Ma è troppo tardi.
Le sue parole sono rivelatrici di una subcultura dell’insofferenza davanti all’attività di chi fa informazione e cronaca che non può essere tollerata oltre e che merita una condanna forte, all’unisono e senza silenzi e reticenze da parte innanzitutto dei rappresentanti dei media – Ordine dei giornalisti in testa – e poi da parte delle istituzioni.
Non si può rimanere in silenzio davanti ad un episodio di così inaudita gravità e non si può ridimensionarlo o, peggio ancora, sottovalutarlo quasi si trattasse di uno scivolone poco significativo.
Una delle più alte cariche dello Stato sul territorio non può “minacciare” impunemente un giornalista e restare al suo posto ma soprattutto chi ha cuore il futuro di questo Paese non può far finta di nulla, girarsi dall’altra parte con sufficienza quasi si trattasse di cose che capitano, non possono non capitare e occorre accettare con umana rassegnazione.
Lo Stato, l’ordine dei giornalisti, la Federazione nazionale della stampa non sono – o, almeno, non dovrebbero essere – la lega calcio che, in nome di interessi “politici” ed economici, nomina Presidente chi si è abbandonato ad inqualificabili insulti razzisti, cosa che, pure non avrebbe mai dovuto accadere.
C’è il Presidente di una Regione i cui cittadini fanno ancora fatica a liberarsi dal fango che li ha travolti ed ha travolto le loro case e loro cose che, sottovoce, con un modo di fare subdolamente minaccioso e facendosi forte di un potere che quegli stessi cittadini li hanno attribuito, avverte dei giornalisti, nell’esercizio del loro lavoro, delle conseguenze che li aspettano e del prezzo che lui – potente politico locale – gli farà pagare per aver “osato” provare a capire e far capire.
Se ci “abituiamo” a lasciar correre certi episodi, se sottovalutiamo attacchi tanto “violenti” alla libertà di informazione, perdiamo il diritto a criticare il Parlamento quando vota un disegno di legge in materia di diffamazione che non protegge davvero chi fa informazione ma, anzi, rischia di fornire a chi vuole ostacolarlo strumenti e mezzi ulteriori e più efficaci del semplice “spauracchio della galera”, agitato sin qui.
E perdiamo anche il diritto a lamentarci quando amministratori locali e rappresentanti delle Istituzioni centrali, rubano e vivono in un mondo di privilegi alle spalle dei cittadini al riparo non solo da magistratura e forze dell’ordine che non possono arrivare ovunque ma anche e soprattutto dalla stampa, dai media e dai mezzi di informazione che, all’estero, spesso, denunciano per primi, raccontano, smascherano e “condannano” almeno a pesanti responsabilità politiche.
Il Presidente della Regione Liguria deve dimettersi per le frasi che ha pronunciato e soprattutto tutti gli enti che rivendicano – a vario titolo – di rappresentare i giornalisti, gli editori e chi fa informazione dovrebbero chiederne, a gran voce e senza esitazioni le dimissioni, immediate ed irrevocabili.
Ed altrettanto dovrebbe fare il mondo della politica locale e nazionale.
L’informazione è una irrinunciabile risorsa democratica ed è, probabilmente, il più bene più prezioso del quale il nostro Paese – come ogni altro Paese – dispone.
Guido Scorza
Componente del collegio del garante per la protezione dei dati
Media & Regime - 19 Ottobre 2014
Fuori onda Burlando a Primocanale, inaccettabili le sue parole ai giornalisti
“Farete una brutta fine”.
Sono democraticamente inaccettabili le parole che il Presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando ha indirizzato ai giornalisti di Primocanale – un’emittente locale – che provavano a capire e far capire ai telespettatori di più su quanto accaduto a Genova nelle scorse settimane.
E poi rincalza: “E’ inqualificabile quello che state facendo”.
Inqualificabile fare il giornalista? Inqualificabile chiedere conto a politici ed amministratori pubblici delle cause di un ennesimo disastro che doveva e probabilmente poteva essere evitato?
Poi il Presidente della Regione fa dietrofront, si scusa e prova a giocarsi la carta del fraintendimento e del malinteso ed a spiegare che intendeva dire un’altra cosa.
Ma è troppo tardi.
Le sue parole sono rivelatrici di una subcultura dell’insofferenza davanti all’attività di chi fa informazione e cronaca che non può essere tollerata oltre e che merita una condanna forte, all’unisono e senza silenzi e reticenze da parte innanzitutto dei rappresentanti dei media – Ordine dei giornalisti in testa – e poi da parte delle istituzioni.
Non si può rimanere in silenzio davanti ad un episodio di così inaudita gravità e non si può ridimensionarlo o, peggio ancora, sottovalutarlo quasi si trattasse di uno scivolone poco significativo.
Una delle più alte cariche dello Stato sul territorio non può “minacciare” impunemente un giornalista e restare al suo posto ma soprattutto chi ha cuore il futuro di questo Paese non può far finta di nulla, girarsi dall’altra parte con sufficienza quasi si trattasse di cose che capitano, non possono non capitare e occorre accettare con umana rassegnazione.
Lo Stato, l’ordine dei giornalisti, la Federazione nazionale della stampa non sono – o, almeno, non dovrebbero essere – la lega calcio che, in nome di interessi “politici” ed economici, nomina Presidente chi si è abbandonato ad inqualificabili insulti razzisti, cosa che, pure non avrebbe mai dovuto accadere.
C’è il Presidente di una Regione i cui cittadini fanno ancora fatica a liberarsi dal fango che li ha travolti ed ha travolto le loro case e loro cose che, sottovoce, con un modo di fare subdolamente minaccioso e facendosi forte di un potere che quegli stessi cittadini li hanno attribuito, avverte dei giornalisti, nell’esercizio del loro lavoro, delle conseguenze che li aspettano e del prezzo che lui – potente politico locale – gli farà pagare per aver “osato” provare a capire e far capire.
Se ci “abituiamo” a lasciar correre certi episodi, se sottovalutiamo attacchi tanto “violenti” alla libertà di informazione, perdiamo il diritto a criticare il Parlamento quando vota un disegno di legge in materia di diffamazione che non protegge davvero chi fa informazione ma, anzi, rischia di fornire a chi vuole ostacolarlo strumenti e mezzi ulteriori e più efficaci del semplice “spauracchio della galera”, agitato sin qui.
E perdiamo anche il diritto a lamentarci quando amministratori locali e rappresentanti delle Istituzioni centrali, rubano e vivono in un mondo di privilegi alle spalle dei cittadini al riparo non solo da magistratura e forze dell’ordine che non possono arrivare ovunque ma anche e soprattutto dalla stampa, dai media e dai mezzi di informazione che, all’estero, spesso, denunciano per primi, raccontano, smascherano e “condannano” almeno a pesanti responsabilità politiche.
Il Presidente della Regione Liguria deve dimettersi per le frasi che ha pronunciato e soprattutto tutti gli enti che rivendicano – a vario titolo – di rappresentare i giornalisti, gli editori e chi fa informazione dovrebbero chiederne, a gran voce e senza esitazioni le dimissioni, immediate ed irrevocabili.
Ed altrettanto dovrebbe fare il mondo della politica locale e nazionale.
L’informazione è una irrinunciabile risorsa democratica ed è, probabilmente, il più bene più prezioso del quale il nostro Paese – come ogni altro Paese – dispone.
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Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.
Beirut, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - Hamas si starebbe preparando per un nuovo raid, come quello del 7 ottobre 2023, penetrando ancora una volta in Israele. Lo sostiene l'israeliano Channel 12, in un rapporto senza fonti che sarebbe stato approvato per la pubblicazione dalla censura militare. Il rapporto afferma inoltre che Israele ha riscontrato un “forte aumento” negli sforzi di Hamas per portare a termine attacchi contro i kibbutz e le comunità al confine con Gaza e contro le truppe dell’Idf di stanza all’interno di Gaza.
Cita inoltre il ministro della Difesa Israel Katz, che ha detto di recente ai residenti delle comunità vicine a Gaza: "Hamas ha subito un duro colpo, ma non è stato sconfitto. Ci sono sforzi in corso per la sua ripresa. Hamas si sta costantemente preparando a effettuare un nuovo raid in Israele, simile al 7 ottobre". Il servizio televisivo arriva un giorno dopo che il parlamentare dell'opposizione Gadi Eisenkot, ex capo delle Idf, e altri legislatori dell'opposizione avevano lanciato l'allarme su una preoccupante recrudescenza dei gruppi terroristici di Gaza.
"Negli ultimi giorni, siamo stati informati che il potere militare di Hamas e della Jihad islamica palestinese è stato ripristinato, al punto che Hamas ha oltre 25.000 terroristi armati, mentre la Jihad ne ha oltre 5.000", hanno scritto i parlamentari, tutti membri del Comitato per gli affari esteri e la difesa.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - L'attacco israeliano nei pressi della città di Daraa, nel sud della Siria, ha ucciso due persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale siriana Sana.
"Due civili sono morti e altri 19 sono rimasti feriti in attacchi aerei israeliani alla periferia della città di Daraa", ha affermato l'agenzia di stampa, mentre l'esercito israeliano ha affermato di aver preso di mira "centri di comando e siti militari appartenenti al vecchio regime siriano".