Cucina

Pizza, Gino Sorbillo apre a Milano: “Offro un prodotto lavorato artigianalmente”

"Utilizzo solo farina di agricoltura biologica e integrale, ricca di fibre, crusca, vitamina E e B. Ho deciso di sostituire alla farina doppio zero, quella zero, più indicata per la panificazione. Per quanto riguarda il lievito poi, uso quello naturale che rende la pizza più soffice e digeribile" ha detto il noto pizzaiolo a Ilfattoquotidiano.it

di Barbara Giglioli

Ha inaugurato giovedì 16 ottobre in Largo Corsia dei Servi la nuova pizzeria di Gino Sorbillo. Lievito Madre al Duomo sfornerà “solo” quattrocento pizze giornaliere. La ricerca degli ingredienti è pensata e ragionata. La pasta è fatta con farina biologica di tipo zero e integrale. Niente impastatrice, quella ci sarà, ma sarà esposta all’ingresso avvolta da un nastro. La pizza sarà rigorosamente impastata a mano e servita bollente al cliente, che non dovrà far altro che gustarla e abbandonarsi al racconto di sapore celato dietro alla pizza di Sorbillo.

Gino Sorbillo, ha deciso di aprire Lievito Madre al Duomo, cosa si aspetta dai milanesi?
Mi aspetto un pubblico molto esigente ed è per questo che voglio portare novità nel panorama della pizza a Milano.

Lei cosa ha di diverso rispetto ad altri bravi pizzaioli milanesi?
Gli ingredienti. Ho fatto un passo avanti con l’impasto biologico, ma uno indietro con il limite delle quattrocento porzioni giornaliere.

A proposito delle porzioni giornaliere, saranno tassativamente quattrocento?
Non una in più. Quando un cliente viene qui, sa di venire a mangiare un prodotto artigianale numerato, un prodotto ragionato.

Il punto di svolta della sua pizza milanese è l’impasto. Come viene fatto?
Viene lavorato artigianalmente a mano nella classica madia, utilizzando solo farina di agricoltura biologica e integrale, ricca di fibre, crusca, vitamina E e B. Ho deciso di sostituire alla farina doppio zero, quella zero, più indicata per la panificazione. Per quanto riguarda il lievito poi, utilizzo quello naturale che rende la pizza più soffice e digeribile.

Anche a Napoli opterà per un impasto bio?
Sì, a Lievito Madre al Mare sono già passato al bio, mentre a Via dei Tribunali la pizza diventerà biologica dal 26 ottobre in poi.

Con l’impasto bio i prezzi aumenteranno?
Assolutamente no. Mi faccio carico personalmente delle spese aggiuntive.

Di quante ore è la lievitazione della sua pizza?
Più di ventiquattro.

Propone sette pizze che dicono moltissimo di lei.
Sì, ci ho messo qualche mese a decidere cosa avrei messo nel menù. Devo dire che è stato un menù creato in levare, più che in mettere.

Nel menù ci sono quindi tutte pizze nuove pensate e ragionate?
Non proprio. Io sono abituato a sperimentare, ma delle volte mi basta anche solo qualche minuto per inventare un nuovo prodotto. Se lo si fa con il cuore, basta veramente poco.

I suoi ingredienti sono scelti con molta cura. Come è andata la ricerca dei produttori?
Ho lavorato molto in estate e tra un impegno e l’altro sono riuscito a portare a termine la ricerca dei prodotti giusti.

Nella sua pizzeria manca l’impastatrice.
Sì, ce n’è solo una, all’ingresso, avvolta da un nastro. Questo è un chiaro messaggio: qui dentro l’impastatrice non si usa. Tutto viene fatto rigorosamente a mano.

Lei sarà a Milano tre volte al mese. Lievito Madre al Duomo sarà diretta quindi da un suo pizzaiolo di fiducia. Ci racconta chi è Gennaro Salvo?
Gennaro viene da Portici, è un uomo cresciuto nelle pizzerie. Ha la scuola del padre alle spalle. Lui infatti dice di fare “la pizza di Girolamo” e questa cosa mi emoziona tantissimo.

Quando vi siete conosciuti?
Qualche mese fa. Ci siamo incontrati e si è accesa subito la scintilla. Ci accomuna questo amore bizzarro, sentimentale, gioioso per il lavoro che facciamo e per la pizza. A Natale Gennaro ha lasciato il posto dove lavorava ed è andato a Portici. Io gli ho accennato del mio progetto milanese, lui non se l’è fatto dire due volte e ha accettato.

La pizzeria del Duomo è la sorella minore di quella del lungomare di Napoli. Quali sono le similitudini e quali le differenze?
Quella del mare ovviamente ha un fascino particolare, è di fronte all’isola di Capri. La scelta del menù è però quasi identica. La carta di Milano ha la freschezza di base di quella del mare.

Cosa pensa della polemica sulla produzione della pizza portata alla luce dall’inchiesta di Bernardo Iovene a Report?
Inchieste come queste sono fondamentali per informare meglio i consumatori. Quello che è emerso è sicuramente che ci sono ancora lacune molto forti nella categoria. Ci sono stati malumori dopo il servizio di Iovene, ma credo che dal giorno dopo della messa in onda l’intero comparto pizza sia stato più attento. Bisogna ricordare che il mestiere del pizzaiolo non finisce al banco, ma continua al forno.

Lei crede che la sua nuova apertura spaventi i pizzaioli milanesi?
Ho saputo che molti pizzaioli milanesi si sono allarmati quando hanno scoperto che avrei aperto a Milano. Hanno così iniziato a modificare ingredienti e locali. Io credo che un atteggiamento del genere sia un insulto al cliente. Non deve arrivare una persona che mette più cuore in quello che fa per far migliorare la qualità dei tuoi prodotti. Dev’essere un’esigenza che nasce da dentro.

Nel 2012 la pizza era in lista per entrare a far parte del patrimonio immateriale dell’Unesco. Crede che rientrare in questa lista farebbe bene alla pizza?
Credo di sì. Ora so inoltre che si sta portando avanti la procedura per far diventare il mestiere del pizzaiolo patrimonio dell’Unesco. Io sono dell’idea che tutto quello che serve a migliorare il prodotto stesso e la categoria sia molto importante.

Quindi ora l’attenzione è puntata sulla professione. Qual è secondo lei il compito di un buon pizzaiolo?
Per come la vedo io, ogni giorno è importante aggiungere un tassello alla tradizione della buona pizza. Io voglio dare alla mia epoca il maggior contributo possibile. Ben venga la presenza di ragazzi che sanno fare la pizza con il cuore e non in maniera spenta e monotona. Io la figura del pizzaiolo l’ho sempre vista attiva e gioiosa. Quando ho iniziato c’era chi mi diceva che era un lavoro duro e senza soddisfazioni. Beh, visti i risultati, si sono dovuti ricredere.

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