L’ ottobre 2014 potrebbe essere ricordato come un momento storico per la cultura italiana. Uno spartiacque. Sì, perché per la prima volta, una piccola start up ha battuto un consolidato monopolio vecchio di oltre un secolo, aprendo la strada alla effettiva concorrenza in materia di raccolta e distribuzione di diritti d’autore musicali.

Sia pur in sede cautelare, il Tribunale di Milano ha ritenuto infatti che una società di collecting come Soundreef, alternativa alla monopolista Siae, possa svolgere la propria attività in Italia e lo possa fare in maniera perfettamente legittima: “Non sembra possibile affermare – ha messo nero su bianco il Collegio dei giudici milanesi – che la musica gestita da Soundreef in Italia, in centri commerciali e simili, debba obbligatoriamente essere affidata all’intermediazione della Siae”.

Poche eloquenti parole che aprono una breccia e (ri)stabiliscono un fondamentale principio.

Ma cos’è Soundreef ? Perché una piccola startup  ha “meritato” di essere trascinata in Tribunale, pur operando secondo le norme e perché si tratta di una svolta? Con sede a Londra, Soudreef è una società di gestione collettiva inglese che distribuisce in Italia un repertorio di musica d’ambiente, di autori stranieri, destinato agli esercizi commerciali (supermarket, negozi, centri commerciali, ristoranti, outlet).

Soundreef

Creata tre anni fa da Davide d’Atri come spin-off di Beatpick, si sviluppa grazie a capitali italiani e stranieri. Le tracce musicali vengono caricate gratuitamente online sul sito Sundreef.com dagli stessi autori – che mantengono il 100% del diritto di proprietà sui brani inseriti – e che non vengono vincolati a contratti di esclusiva. Specie in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, Soundreef  ha ottenuto l’adesione di 30mila cantanti indipendenti, per i quali raccoglie diritti in 15 paesi: dall’Europa all’India, dalla Russia alla Nuova Zelanda. Altro punto di forza di Soundreef è la trasparenza, ogni autore ed editore che si iscrive sul sito della società ha un account online che permette di visualizzare i brani che vengono suonati, i luoghi nei quali vengono suonati, quanto ha guadagnato e quando (i tempi sono brevissimi) verrà pagato. A testimonianza che l’efficienza del servizio di raccolta e distribuzione dei diritti d’autore è tutt’altro che una chimera.

Alla piccola ma “temibile” Soundreef arriva, però, la citazione in Tribunale da parte di una cantautrice e della radio Ros & Ros, specializzata nella creazione di playlist per centri commerciali. Con provvedimento cautelativo urgente, i reclamanti chiedono di inibire l’attività di Soundreef, l’articolo 108 della legge sul diritto d’autore – sostengono – attribuisce in esclusiva alla Siae la gestione dei diritti d’autore.

Oltre ad essere appetibile facendo bene il suo lavoro, il “Davide” Soundreef è “colpevole” di non rispettare il “Golia” Siae. Supportati dallo studio legale E-Lex, specializzato in proprietà intellettuale, Soudreef espone le sue ragioni, accolte in toto dal Tribunale di Milano che stabilisce:  “Non vi sono allo stato elementi sufficienti per ritenere che la diffusione di musica da parte di Soundreef nel territorio italiano sia illecita in forza della riserva concessa alla Siae dall’art.180 L. aut. Né sembra potersi affermare che la musica (..) gestita da Soundreef e da questa diffusa in Italia in centri commerciali GDO e simili, debba obbligatoriamente essere affidata all’intermediazione di Siae. Una simile pretesa – aggiungono significativamente i giudici entrerebbe in conflitto con i principi di libero mercato in ambito comunitario e con i fondamentali principi di libera concorrenza”.

Se è vero che la legge italiana preveda ancora un monopolio, tutto ciò – ragionano le toghe milanesi – non può sostituirsi e prevalere sulla lettera e sullo spirito del diritto europeo che prescrive la libera circolazione di beni e servizi come principio fondante. Un’esclusiva, d’altronde, già bocciata dallo stesso Parlamento europeo che lo scorso febbraio ha approvato una direttiva che stabilisce per tutti gli autori la facoltà di scegliere in autonomia la società di collecting che si preferisce.

Nel caso Soundreef, lo stesso Collegio ha evidenziato inoltre: “Non può dirsi che ricorra un obbligo per le collecting society europee di operare in Italia solo tramite accordi di reciprocità con la collecting society locale. Questa ipotesi si pone come facoltà rimessa alle parti, ma non come obbligo”.  Suona dunque tutt’altra musica nel panorama culturale e giuridico italiano, una playlist soundfree sul mercato dell’intermediazione dei diritti, specie dopo la liberalizzazione (tuttora purtroppo non priva di ostacoli) dei diritti connessi. 

Un crescendo rossiniano che “rischia” di spazzare via consolidate ed anacronistiche rendite di posizione in termini di idee, di costi, di risultati, di efficienza nel nome della libera concorrenza.

“Siamo sempre stati convinti che la concorrenza – ha affermato Francesco Danieli, Ceo di Soundreef – anche nel mercato dell’intermediazione dei diritti d’autore sia legittima ed auspicabile perché produce effetti positivi soprattutto per i titolari dei diritti, spingendo le collecting society ad operare meglio ed in condizioni di maggiore efficienza. La decisione del Tribunale di Milano ci conforta in questa direzione”.

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