Al Palazzo delle Esposizioni a Roma è visitabile per l’intero anno scolastico fino al 31 maggio. “La matematica dev’essere vissuta, bisogna giocare con i numeri, senza concentrarsi solo sulla memorizzazione, anche se è importante, come ad esempio per le tabelline - sottolinea Claudio Bartocci -. Non si può imparare qualcosa se non la si ama, se non s’impara ad apprezzarla. Senza entusiasmo, infatti, niente è matematica. Con la mostra vorremmo provare a trasmettere questo entusiasmo”
Imparare la matematica come s’impara a giocare a tennis o a sciare. In modo giocoso e appassionato. Questo l’intento di una mostra intitolata Numeri, tutto quello che conta da zero a infinito”, inaugurata in questi giorni al Palazzo delle Esposizioni di Roma e visitabile per l’intero anno scolastico, fino al 31 maggio. “La matematica dev’essere vissuta, bisogna giocare con i numeri, senza concentrarsi solo sulla memorizzazione, anche se è importante, come ad esempio per le tabelline – sottolinea Claudio Bartocci, curatore della mostra -. Non si può imparare qualcosa se non la si ama, se non s’impara ad apprezzarla. Senza entusiasmo, infatti, niente è matematica. Con la mostra vorremmo provare a trasmettere questo entusiasmo”.
I risultati degli studenti italiani nei test sotto la media. Non sono entusiasmanti, infatti, i risultati degli studenti italiani nei test matematici, spesso sotto la media, se si escludono le capacità di “problem solving”, secondo il programma di valutazione Pisa dell’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. “Se gli studenti italiani vanno male nei test di matematica, delle due l’una: o sono testoni, oppure, visto che si tratta di dati statistici e non individuali, c’è qualcosa che non va nel sistema d’insegnamento – afferma Bartocci -. La matematica, infatti, molto spesso non viene insegnata, ma inculcata, come se fosse una specie di pratica esoterica. Il problema – spiega lo studioso – non sono gli insegnanti, ma i libri di testo, spesso infarciti di termini astrusi, come angoli alterni interni, frazioni proprie, improprie e apparenti. Termini di cui ignoro il significato e che non servono a comprendere la matematica, ma solo ad allontanare i ragazzi. La definizione non dovrebbe mai essere un punto di partenza, ma di arrivo. Occorre sfruttare le capacità plastiche del cervello – aggiunge Bartocci -, soprattutto in giovane età, e superarne i limiti cognitivi. Il nostro cervello, infatti, non è attrezzato ad avere a che fare con i grandi numeri. Forse per questo – precisa lo scienziato – fin dall’antichità l’uomo ha inventato strumenti di calcolo, come la Pascalina, di cui esistono solo nove esemplari al mondo, uno dei quali è esposto a Roma”.
Una mostra sui numeri potrebbe, quindi, sembrare un azzardo, un gesto coraggioso. I numeri, infatti, creano quasi soggezione. Nei libri divulgativi, ad esempio, gli editori scoraggiano spesso gli autori dal farne uso, pena rischiare di mettere in fuga i lettori. “Eppure – spiega Bartocci – siamo circondati dai numeri, nell’arte, nella musica, nella letteratura, anche se spesso non ce ne accorgiamo. La cultura è unica, non si dovrebbe fare distinzione tra umanistica e scientifica. Archimede, ad esempio, fa parte a pieno titolo della cultura antica, come Fidia e Lucrezio. Non bisogna nascondersi, avere paura delle formule. Per questo – precisa il curatore della mostra – nel catalogo abbiamo deciso d’introdurre ogni capitolo con una formula, come emblema per incuriosire e suscitare attenzione”. In fondo, anche Einstein invitava a non preoccuparsi troppo delle proprie difficoltà matematiche, assicurando che le sue erano ancora più grandi.
Rassegna cinematografica, incontri con scienziati e installazioni. La mostra, accompagnata da una ricca rassegna cinematografica e incontri con gli scienziati, si snoda attraverso diverse sezioni, con numerose installazioni interattive ideate appositamente dai curatori, grazie alle quali si possono toccare con mano alcuni numeri celebri. È possibile, ad esempio, provare a calcolare il valore di π, lanciando sul pavimento alcuni bastoncini, un metodo ideato nel Settecento e ispirato a un gioco d’azzardo. Scoprire che il teorema di Pitagora è nato in realtà mille anni prima di Pitagora, osservando le incisioni di una tavoletta di argilla babilonese del 1600 a.C., proveniente dall’Università di Yale. Imbattersi in uno dei paradossi più famosi dell’infinito, “l’albergo di Hilbert”, un hotel con infinite stanze in cui c’è sempre posto. O ancora, ripercorrere l’origine e il viaggio dello zero, nato probabilmente in India nel VI-VII secolo d. C. – e non tra gli arabi contrariamente a quanto ipotizzato finora – e solo dopo transitato da Baghdad, prima di essere introdotto in Europa nel XIII secolo dal matematico italiano Fibonacci.
“I numeri sono carichi di significato simbolico, religioso e, come le idee, viaggiano attraverso le diverse culture – afferma Bartocci -. La matematica non dovrebbe mai essere coercitiva, ma liberare facoltà creative che, come raccontiamo nella mostra, sono presenti in tutti noi, senza distinzione tra uomini e donne. Come sottolineava il padre della moderna teoria degli insiemi George Cantor – conclude lo scienziato -, l’essenza della matematica sta, infatti, nella sua libertà”.