Secondo l’avvocato Pasquale Pantano l'addio alla magistratura del presidente della corte che ha assolto Berlusconi può "creare dubbi e sospetti ed è giusto dirlo anche per rasserenare il clima in questo processo”. Secondo il difensore, questo “è anche un processo politico”
Il clamore per le dimissioni del presidente della II corte d’Appello di Milano, Enrico Tranfa, dopo il deposito delle motivazioni dell’assoluzione di Silvio Berlusconi, entra anche nel processo di secondo grado del cosiddetto Ruby bis – in cui sono imputati l’ex direttore del Tg4 Emilio Fede, l’ex agente dei vip Lele Mora e l’ex consigliera regionale Nicole Minetti. Proprio la difesa dell’igienista dentale introduce la questione nel processo. Secondo l’avvocato Pasquale Pantano le dimissioni “possono creare dubbi e sospetti ed è giusto dirlo anche per rasserenare il clima in questo processo”. Secondo il difensore, questo “è anche un processo politico”.
L’avvocato Pantano, nella prima parte dell’arringa, ha spiegato che “questo è un processo complesso sia per ragioni giuridiche che per quanto riguarda la ricostruzione dei fatti, ma anche per l’ambiente che si è venuto a creare sin dall’inizio, caratterizzato anche da tensioni”. Secondo il legale poi, “l’ultimo colpo di scena è il fatto delle dimissioni del presidente Tranfa, un fatto che può creare dubbi e sospetti ma che è giusto dire anche in questo procedimento”. Il difensore: “Io mi sento sereno, perché in quest’aula la discussione e gli interventi si sono svolti in modo sereno”. Per l’avvocato Pantano, in ogni caso, “questo è un processo politico nel momento in cui, come è avvenuto in relazione alla trasmissione degli atti per indagare su alcune testimonianze dopo la sentenza di primo grado, un magistrato invece di essere legato alla legge fino in fondo fa dei distinguo”. Prima dell’intervento di Pantano, aveva preso la parola per pochi minuti l’avvocato Gianluca Maris, difensore di Lele Mora, il quale ha ricordato che l’ex talent scout ha rinunciato a difendersi nel merito e ha chiesto soltanto ai giudici di riconsiderare la pena, abbassandola.
L’arringa difensiva è proseguita con la richiesta di assoluzione: quando la Minetti “accompagnava le ragazze a stipulare i contratti” in via Olgettina “faceva soltanto delle cortesie a delle amiche e, dunque, va assolta, perché lei non era affatto il gestore di un condominio come è stato detto e men che meno ha favorito la prostituzione“. Pantano ha anche chiesto ai giudici di trasmettere gli atti alla Consulta per valutare la “incostituzionalità” della normativa sul favoreggiamento della prostituzione “per indeterminatezza delle condotte”. Stando alle norme, infatti, secondo la difesa di Minetti, condannata in primo grado a 5 anni per favoreggiamento della prostituzione e imputata nel processo d’appello cosiddetto ‘Ruby bis’, è come se si punisse come favoreggiamento “qualsiasi condotta”.
Rispetto al merito delle accuse contestate a Minetti, l’avvocato Pantano ha spiegato che l’ex consigliera “si offriva per una cortesia nei confronti delle amiche di occuparsi dei contratti degli appartamenti” di via Olgettina. Per il legale agli atti del processo non solo “non c’è prova degli atti prostitutivi, ma men che meno dei presunti pagamenti e di conseguenza nemmeno della presunta intermediazione” contestata a Minetti.
Infine, parlando coi cronisti, il legale è tornato sulle dimissioni di Enrico Tranfa, presidente del collegio che in appello ha assolto Silvio Berlusconi per il caso Ruby. “Non temo che queste dimissioni possano avere ripercussioni in questo processo – ha spiegato l’avvocato – io mi fido dei magistrati, il fatto grave, però, è che un magistrato si sia dimesso dopo una sentenza e che in base ad affermazioni riportate dalla stampa, e non smentite, si è saputo che lo ha fatto per contrasti sulla decisione”. Secondo il legale, Tranfa “così facendo ha violato il basilare principio di riservatezza, che sta in capo a un giudice che emette sentenze”. La sentenza del processo è prevista per il prossimo 13 novembre.