La Commissione europea ha chiesto alle autorità italiane "approfondimenti" sulla norma contenuta nel decreto appena approvato in aula alla Camera. Il governo dovrà chiarire come intende garantire la "compatibilità con il diritto europeo dei contratti pubblici". Censura anche da parte del Comitato per la legislazione di Montecitorio, che boccia il provvedimento perché "non omogeneo": contiene troppe disposizioni su temi diversi
Il decreto Sblocca Italia, approdato lunedì in aula alla Camera dopo essere stato licenziato dalla commissione Ambiente venerdì notte, finisce nel mirino di Bruxelles. E in contemporanea incassa pure la censura del Comitato per la legislazione, la struttura di Montecitorio che ha il compito di dare il proprio parere su tutti i decreti legge. La Commissione europea ha infatti aperto, il 17 ottobre (ma la notizia è stata resa pubblica proprio lunedì), la pre-procedura di infrazione Eu-Pilot, chiedendo alle autorità italiane di fornire approfondimenti sulla criticata norma che riguarda la proroga delle concessioni autostradali. In particolare il governo dovrà chiarire “natura e portata” delle modifiche contrattuali che il provvedimento potrebbe autorizzare e in quale modo le autorità italiane “intendono garantire che l’applicazione della disposizione legislativa sia compatibile con il diritto europeo dei contratti pubblici”. In base alle risposte di Roma i commissari decideranno se proseguire aprendo una formale contestazione per violazione del diritto dell’Unione europea.
Pochi giorni fa del resto Bruxelles aveva richiamato l’Italia per la proroga data, senza gara, alla concessionaria responsabile della costruzione e gestione della A12. Cosa che aveva fatto subodorare il rischio di una contestazione sull’articolo 5 dello Sblocca Italia. E la lettera è puntualmente arrivata. Per la Direzione generale Mercato interno e servizi della Commissione la norma contenuta nel decreto presentato da Matteo Renzi il 29 agosto “sembra consentire la realizzazione di significative modifiche a contratti di concessione esistenti, riguardanti, in particolare, i lavori da realizzare nell’ambito del rapporto concessorio e il livello delle tariffe”. Inoltre, evidenzia la Commissione, da notizie di stampa emerge che le modifiche “potrebbero consentire proroghe significative della durata di concessioni esistenti”. Ma, in base ad una direttiva Ue, “lavori complementari non previsti nel contratto di concessione” possono essere aggiudicati a un concessionario esistente solo quando “necessari, a seguito di una circostanza imprevista, per l’esecuzione dell’opera prevista, posto che talune specifiche condizioni siano soddisfatte. Inoltre, “modifiche apportate alle disposizioni di un contratto pubblico in corso di validità costituiscono una nuova aggiudicazione quando presentino caratteristiche sostanzialmente diverse” da quelle iniziali. Il ministro dei trasporti Maurizio Lupi ha sempre giustificato la norma spiegando che o si aumentano le tariffe o si allungano le concessioni e citando il caso della Francia, a cui però la Ue ha concesso l’allungamento della durata della concessione per un solo anno, a fronte di lavori direttamente proporzionali e con penali severe in caso di inadempimento.
L’altra tegola sul provvedimento del governo arriva da molto più vicino: è lo stesso Comitato per la legislazione della Camera, infatti, a bocciare il provvedimento in quanto “non risponde ai requisiti di specificità e di omogeneità previsti” per i decreti legge. Infatti “né il titolo, né il preambolo né la relazione illustrativa evidenziano una ratio unitaria del provvedimento”. La questione è quella, annosa, dei decreti “omnibus”, vale a dire calderoni in cui vanno a finire norme sulle questioni più disparate. Un vizietto che ha fatto più volte infuriare il presidente della Repubblica e contro il quale si è pronunciata anche la Corte costituzionale (ultimo caso eclatante quello del decreto Salva Roma, che nel dicembre 2013 l’esecutivo Letta dovette archiviare in seguito all’altolà del Colle). Ebbene, ora il Comitato deve ricordare una volta di più che anche la Corte costituzionale si è già espressa sull’argomento suggerendo, in situazioni di questo tipo, di inserire le diverse norme in atti normativi “distinti e separati”. Segue l’inevitabile censura: il legislatore, in occasione della definizione del contenuto dei decreti legge, “abbia cura di volersi attenere alle indicazioni della Consulta”.
Entrando nel dettaglio delle osservazioni, secondo il comitato lo Sblocca Italia “introduce delle modifiche a disposizioni di recente approvazione con modalità di produzione legislativa che non appare pienamente coerente con le esigenze di stabilità, certezza e semplificazione della legislazione”. Per di più alcune disposizioni del decreto “si sovrappongono alla normativa vigente, senza gli opportuni coordinamenti o intervenendo in modo non testuale”. Mentre altre “integrano discipline vigenti senza gli opportuni coordinamenti, risultando quindi non collocate nell’appropriato contesto normativo”.