Una media di 186 milioni nel triennio 2015/18 entreranno nelle tasche dei club per la trasmissione nel mondo del nostro campionato. La prossima partita si gioca sull'advisor della Figc
Questa volta scegliere è stato molto facile, quasi una formalità. Niente minacce di ricorsi né trattative estenuanti chiuse a pochi minuti dal gong. Troppo più alta l’offerta imbustata da MP&Silva rispetto alle concorrenti per mettere in discussione a chi spettava la commercializzazione all’estero dei diritti tv della Serie A. E così anche il calcio italiano oltre confine ruota attorno al centro gravitazionale dei soli noti.
Le cifre dell’accordo – Una media di 186 milioni nel triennio 2015/18 entreranno nelle tasche dei club per la trasmissione nel mondo del nostro campionato. Assemblea breve, approvazione all’unanimità e saldo positivo rispetto al contratto precedente anche se distante anni luce dal miliardo scarso che si spartiscono le venti squadre di Premier League. Una testimonianza plastica del differente appeal tra i due campionati, il cui gap si riflette sul versante economico (e da lì parte, allo stesso tempo). Le società guadagneranno 69 milioni di euro in più ogni anno rispetto all’accordo precedente, una cifra che si aggiunge ai circa 950 milioni frutto dell’accordo di giugno tra Sky e Mediaset per dividersi la torta riguardante la trasmissione in Italia su satellite e digitale.
Chi è Mp&Silva – I diritti esteri rimangono nelle mani di Mp&Silva che tradotto sta per Riccardo Silva, ex socio di Marco Bogarelli, l’uomo italiano di Infront, advisor della Confindustria del pallone dal 2009. In passato, Silva è stato dirigente di Milan Channel, il canale tematico della squadra di Silvio Berlusconi di cui Bogarelli era consigliere. Ed è recentemente balzato agli onori della cronaca anche per l’acquisto di un superattico a Miami pagato circa 25 milioni di euro. Il giro, insomma, è sempre quello. Stretto e potente. E i soldi tanti. Come ricostruito da La Repubblica la scorsa settimana, la società di Silva con sede in Irlanda ha chiuso gli ultimi due anni con utili pari a 67 milioni di euro su ricavi prossimi ai 200 milioni, in buona parte – è facile immaginare – provenienti dal calcio italiano trasmesso all’estero.
L’intreccio continua – La strada è stata quella della continuità. Come a giugno, quando Sky e Mediaset si divisero i diritti, anche su suggerimento di Infront, ma le squadre rinunciarono a 150 milioni pur di non estromettere dalla corsa uno dei due network scatenando i già annunciati ricorsi. Una vicenda che fece storcere il naso a qualcuno per il grande intreccio tra Infront e altre nove società (tra cui Milan, Inter, Lazio e le genovesi) per conto delle quali il colosso con radici svizzere cura il lato commerciale incidendo quindi sulla diversificazione delle fonti di guadagno, oggi eccessivamente ancorate ai contratti tv (65% circa delle entrate scritte a bilancio). Se in quel caso nacquero attriti pesantissimi, a questo giro tutto è filato via in tranquillità grazie all’offerta di Silva, decisamente maggiore rispetto alle concorrenti B4 Capital e Img Media.
Infront si veste d’azzurro? – La prossima partita nella quale si ripresenteranno le facce ormai arcinote di chi riempie di milioni i club della Serie A sarà quella relativa all’advisor commerciale della Figc. In corsa, manco a dirlo, anche Infront. Tenterà di sfilare il ricco contratto, prossimo ai 60 milioni di euro, a Rcs Sport che ha gestito l’affare nell’ultimo triennio e proverà anche a respingere l’”attacco” del duo Swissone-Wpp. Il cerchio sarebbe chiuso: gestione della Serie A in Italia, all’estero, marketing e pubblicità di tanti club e anche della Nazionale. Tutto nelle mani di poche persone, in alcuni casi amici. Molto amici. Forse pure troppo.