Il nodo è “l’attività” del gruppo politico al Consiglio regionale. Se una spesa è fatta per questo obiettivo va bene, mentre qualsiasi altra ragione la rende illecita. Il concetto è quasi banale, ma non per gli ex consiglieri del Piemonte, che si sono fatti rimborsare di tutto: bermuda verdi, cravatte, vassoi in argento, piante per gli uffici, cene con i sostenitori, tagliaerba, videogiochi, sigarette e altro. Seguendo questa lettura il giudice torinese Roberto Ruscello ha disposto l’imputazione coatta di dieci politici, compresi due assessori dell’attuale giunta Chiamparino, che, rispetto ai colleghi, avevano speso il denaro pubblico in quantità minore e in maniera meno frivola. A salvarsi, oltre a quelli già archiviati, sono solo sei verso i quali mancano “elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio” e prove del dolo.
Nelle prime pagine dell’ordinanza di oggi il gip Ruscello mette un punto fermo: i rimborsi vanno alle attività del gruppo “inteso quale entità collettiva distinta dai singoli consiglieri” e devono servire “per lo svolgimento delle funzioni istituzionali dei gruppi” e non dei singoli: “Non qualsiasi attività intrapresa può pertanto costituire la fonte di una spesa legittima, ma solo un’attività che abbia un preciso nesso funzionale con i lavori del Consiglio”. Vanno bene pure le “iniziative assunte dai gruppi anche al di fuori delle attività strettamente consiliare”, basta che abbiano un “carattere strumentale” alla “produzione normativa”.
Tutto il resto è fuori. Se la legge regionale del 1972 consente l’acquisto di libri e riviste, il gip precisa che sarebbe diverso acquistare “una preziosa collezione di libri antichi” o “una pregiata raccolta di fumetti” perché nulla hanno a che fare con i lavori dei consigli regionali. Lo stesso vale per “il pagamento di consulenze o collaborazioni professionali relative a materie del tutto avulse da quelle almeno potenzialmente interessate dalla produzione legislativa regionale”. Per gli incontri sul territorio e il materiale informativo tutto deve essere ricondotto a un’attività del gruppo e non a quella del singolo consigliere che lavora “nell’ottica del mantenimento dei propri rapporti individuali con gli elettori di riferimento”. Insomma, niente spot per sé.
Per il cibo c’è un capitolo a sé stante perché in questo caso “gli importi percepiti dai consiglieri regionali” sono “particolarmente elevati” e costituiscono “la componente di assoluta maggioranza del budget” di cui hanno beneficiato gli indagati. “Caffè, bevande e generi alimentari vari” vanno escluse nelle attività istituzionali perché “contribuiscono unicamente al sostentamento e/o al benessere personale”. Se un consigliere è in missione, o se deve procurarsi dei tramezzini per una riunione con gli altri, non può farseli rimborsare come “attività istituzionale” perché sono spese già coperte dalle indennità di servizio. Inoltre fare pranzi e cene per discutere di leggi non può essere considerato come un’attività del gruppo perché “l’unica finalizzazione di tali condotte consiste nel soddisfacimento dei bisogni primari legati”: “Tali occasioni conviviali” danno solo “un maggiore benessere ai commensali presenti”.
Così torna in ballo chi poteva ritenersi tranquillo perché aveva speso meno dei colleghi che domani saranno alla sbarra. Un esempio chiaro è il caso dell’attuale vicepresidente Aldo Reschigna, assessore al bilancio della giunta Chiamparino (il presidente ha affermato oggi di aver respinto le sue dimissioni insieme a qelle dell’altro assessore coinvolto, Monica Cerutti, ndr): ha speso poco, ha avuto “una certa attenzione nella gestione delle risorse destinate direttamente alla sua persona” e secondo il gip sarebbe difficile contestare il dolo in un eventuale processo. Però in quanto ex capogruppo del Pd è responsabile pure del presunto peculato commesso dal segretario regionale Pd Davide Gariglio, dal senatore Stefano Lepri e dalla consigliera regionale Angela Motta, e anche di alcune spese generali del gruppo, quasi settemila euro in totale. E per questo, in seguito all’imputazione coatta imposta dal gip Ruscello, ora i pm Giancarlo Avenati Bassi ed Enrica Gabetta dovranno chiedere il suo processo.