Cultura

Mostra Van Gogh, a Milano fino all’8 marzo: “Una pittura mai consolatoria”

"Il mio maestro Arcangeli lo odiava, sosteneva che era solo capace di spremere colori dal tubetto, ma si sbagliava", ha detto Vittorio Sgarbi al fattoquotidiano.it. "Oggi, il valore assicurativo dei suoi dipinti va dai 20 ai 120 milioni di euro" ha spiegato Marco Goldin

di Davide Turrini

Il mito eterno di Vincent Van Gogh fa di nuovo tappa in Italia. Fino all’8 marzo 2015 saranno una quarantina le opere del pittore olandese provenienti principalmente dal Kroller-Müller Museum di Otterlo ad ornare le stanze di Palazzo Reale a Milano. Impossibile non provare la voglia di sbirciare tra le opere dell’artista impressionista più invocato, coccolato ed amato al mondo. Una febbre del quadro che forse solo Caravaggio può affiancare in termini evocativi e di richiamo museale. A Milano, nella mostra curata da Kathleen Adler, e promossa da Comune di Milano, Arthemisia Group e 24 ORE Cultura, Van Gogh verrà declinato tematicamente con un occhio ben aperto all’Expo 2015: la terra e i suoi frutti, la vita rurale e agreste strettamente legata al ciclo delle stagioni. “Van Gogh è un buon prodotto di famiglia”, spiega scherzosamente Vittorio Sgarbi al fattoquotidiano.it, “la sua fortuna iniziale, appena dopo la morte, è dovuta al fratello Theo che raccontandone la vita, lo fa diventare tema letterario, a cui seguono subito le prime esposizioni di opere nel 1892”.

La mitologia Van Gogh acquisisce lentamente uno statuto culturale aureo ed intoccabile, il suo tratto febbrile diventa un marchio visivo indelebile e irripetibile, il suo stile già negli anni cinquanta in Italia (a Palazzo Reale nel 1952 Van Gogh è stato esposto per la prima volta, ndr) si fa disegno rivendibile e stampato su tazze, poster e magliette alla maniera del Che Guevara, un’icona universale simbolo di un’idea di arte che, incrociandosi con la follia dell’artista e la sua vita maledetta, viene tradotta come fuori dagli schemi: “Il mio maestro Arcangeli lo odiava, sosteneva che era solo capace di spremere colori dal tubetto, ma si sbagliava”, prosegue Sgarbi, “l’arte moderna non presuppone la bella esecuzione accademica, in Van Gogh l’istinto è ragione della propria grandezza. La sua è una potenza brutale. Una pittura spinta dalla continua lotta con la sua ‘parte nera’, mai consolatoria, che deve far venire il mal di pancia”.

Il primo ad accorgersi del potenziale vangoghiano fu il macchiaiolo Gustavo Sforni che nel 1910 ‘portò’ in Italia da Parigi “Il Giardiniere” – quadro del 1889 che all’epoca si chiamava “Il Contadino” – mettendolo in borsa assieme ad un Cezanne: “Sforni fu profetico, all’epoca in Italia Van Gogh era sconosciuto, capolavori erano i quadri di Pelizza da Volpedo o Segantini”, continua Sgarbi, “il dipinto divenne poi oggetto di uno strano tentativo di esportazione a basso prezzo dall’Italia che ebbe protagonista il bortaborse di Aldo Moro, Sereno Freato”. Il quadro finito nella sala da pranzo del nipote di Sforni, Giovanni Verusio, nel 1977 venne venduto al gallerista Pierangeli per 600 milioni di lire, poi ricomparve a Palermo da dove partì la richiesta alla sovraintendenza di esportazione per conto di un misterioso politico italiano, Freato. La sovraintendenza bloccò l’operazione e il quadro, oggi dal valore di circa 20 milioni di euro, finì per 600 milioni di lire alla Galleria nazionale d’Arte Moderna.

“Oggi il valore a livello assicurativo dei dipinti di Van Gogh va dai 20 ai 120 milioni di euro”, spiega il curatore d’arte trevigiano Marco Goldin al fattoquotidiano.it, “e mi permetto di dire, con l’amicizia che ho per gli organizzatori della mostra a Milano, che in mostra ci saranno tutte opere che ho già portato io in Italia e che un quadro così prezioso come “Strada di notte in Provenza” che dal 24 dicembre sarà nella mia mostra alla Basilica Palladiana di Vicenza – non ce l’hanno”. Con quattro mostre in dieci anni dal 2002 al 2011, per oltre 2 milioni di visitatori paganti, dove al centro c’erano dipinti e disegni del pittore olandese, Goldin fa la voce grossa e conferma la “Van Gogh mania”: “La mostra che feci a Brescia nel 2008 è identica a quella di Milano oggi. Organizzare generiche mostre monografiche su Van Gogh se uno vuole le fa, ma hanno poco senso, semmai bisognerebbe puntare a esposizioni legate ai singoli periodi di permanenza di Van Gogh in diverse città, come fece il Metropolitan di New York negli anni ottanta. Van Gogh continuerà a piacere tantissimo, attraverso il tratto pittorico in lui si riconosce un’emozione profonda come in nessun altro”. Per informazioni su Van Gogh a Milano.

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