Con l’occhio da abbiocco domenicale, sprofondata sul divano di casa, sfinita da un caleidoscopio di fatti e fattarelli sapientemente rallentanti, attendo che nel salotto di Barbara D’Urso s’appalesi il Presidente del Consiglio Matteo Renzi.
Occasione ghiotta ragazzi, visto che non è facile vederlo in televisione.
Evita accuratamente di mostrarsi. Penso voglia distinguersi dal suo predecessore: “Meglio lavorare nei luoghi preposti, che fare proclami o patti con gli italiani in televisione”. Credo dica tra sé e sé: “Poi, aggiungi il trucco, il parrucco, l’inquadratura, etc etc. Quanto tempo sprecato Ohibò”.
Atteggiamento encomiabile.
Sobbalzo. Improvvisamente lo studio si anima.
Barbara urla quel nome.
All’esterno di Cologno Monzese al 10, una steadycam anticipa il nostro Presidente che con passo da giaguaro avanza prendendo a schiaffi l’aria.
Ecco chi mi ricorda perbacco: Simon le Bon dei Duran Duran. Era una Buona Domenica del 1993 se non sbaglio!
Spiazzata da tanto glamour, osservo il nostro Presidente dal volto bambino accomodarsi. Il potente accavallo sapientemente oleato di Barbara D’Urso ruba l’attenzione dei maschietti. A saperlo prima…!
Faccio uno sforzo e mi concentro sul loro parlare, anche se a ogni sospiro di Matteo una claque ben ammaestrata di signore “Carmeline” parte in tromba con l’applauso.
Lui ammicca. Ma quando Barbara lo bastona chiedendogli della modifica della Costituzione, e del simbolico attacco all’articolo 18, il Presidente Matteo, per rabbonire l’erinni tira fuori l’asso nella manica. Udite! Udite:
“Data la scarsa natalità nel nostro Paese, dal 2015, le donne che metteranno al mondo dei bambini, percepiranno 80 euro per tre anni.”
Applausi deliranti!
Ragazzi, ma questa storia non l’abbiamo già sentita, o meglio, vissuta?
I figli della lupa, i balilla….i nostri nonni, zii…!
No, mi dispiace, Matteo tu hai copiato.
Era Mussolini che sosteneva la necessità di un popolo numeroso come condizione necessaria per realizzare l’impero.
Persino Goebbels, il megafono di Adolf collocava alle donne il compito di accrescere la “stirpe” nei suoi farneticanti discorsi.
Ti guardo Presidente. Sei serafico.
Un brivido lungo la schiena e una domanda: “Ma che fine ha fatto la sinistra in Italia?”.