Operazione della Forestale. Lo schema prevede l'acquisto del metallo rubato al mercato nero, la separazione delle parti plastiche e la rivendita sul mercato legale dei metalli grazie alla fatturazione fittizia di società compiacenti
Tre squilli nella notte. Il solito segnale. Poi il furgone avanza a fari spenti nella campagna pavese, fino al capannone di lamiera. Nel cassone quintali di rame rubato, ancora ricoperto dalle guaine di plastica. I ricettatori romeni passano il carico al “capo” italiano del traffico: una breve sosta per scaricare, prendere i soldi e ripartire. Non sanno che ad aspettarli ci sono gli agenti del Corpo Forestale dello Stato di Pavia.
Nella Lombardia profonda, tra coltivazioni geometriche e discariche abusive, il centro operativo del maxi traffico di metalli preziosi fermato nella notte tra lunedì 21 ottobre dalla Procura di Pavia sembra un sito inquinato dei primi anni ’80, dove la campagna e i veleni industriali formano una strana alchimia, senza che un elemento riesca a prendere il sopravvento sull’altro. Lo schema descritto dagli investigatori della Forestale, coordinati dall’ispettore superiore Gianni De Podestà, è semplice: comprare rame rubato al mercato nero, separarlo dalle parti plastiche e rivenderlo ormai “pulito” sul mercato legale dei metalli grazie alla fatturazione fittizia di società compiacenti, smaltendo poi illegalmente i rifiuti. Un’attività redditizia, che può fruttare decine di migliaia di euro a partita. Per questo quattro persone sono state portate in carcere – tra cui Fabio Luca Loda, 47enne di Milano considerato “il promotore e l’organizzatore” dell’attività di ricettazione – e altre tre ai domiciliari, compresi due imprenditori milanesi (a capo delle ditte Somea srl e Cosmital di Pieve Emanuele) che avrebbero permesso “la reimmissione del materiale riciclato – con fraudolenta attestazione di produzione propria – sul mercato dei materiali ferrosi di pregio”. Altri quattro cittadini romeni sono stati arrestati in flagranza di reato nel corso dell’operazione della Forestale, giunti nella notte di lunedì alla cascina di Monticelli Pavese per scaricare una partita di rame rubato.
Per i rifiuti smaltiti e bruciati sul suo terreno l’imprenditore Luca Loda era già stato condannato per gestione di discarica non autorizzata, e la magistratura nel 2005 gli aveva confiscato l’intera area. Ma proprio in quel sito, “inspiegabilmente” rimasto in suo possesso – si legge nell’ordinanza – l’imprenditore meneghino avrebbe continuato a ricettare rame e altri metalli rubati, provvedendo ad autosmaltire i rifiuti “tramite incenerimento a terra o in casse d’acciaio, con la conseguenza che i primi si mescolano inevitabilmente con il terreno”.
Tra il marzo 2011 e il maggio 2013 le quantità di rame riciclato – secondo gli inquirenti – sarebbe di almeno “75mila kg (…) corrispondente a un ingiusto profitto pari a non meno di 400mila euro”. Il rame, considerato “oro rosso” per le sue proprietà e la sua resistenza, può essere quotato alla borsa valori fino a 8 euro al kg e veniva comprato agli intermediari romeni a 1 o 2 euro al kg per essere rivenduto, dopo la ripulitura, ad almeno 4-5 euro al kg.
Sul terreno confiscato a Loda, dove veniva svolta l’attività di riciclaggio con violazione di sigilli apposti dall’autorità giudiziaria, da anni si trova una discarica di rifiuti speciali anche pericolosi in aperta campagna – plastiche, idrocarburi, residui della combustione dei rifiuti, vernici, scarti della demolizione di veicoli – di cui il Comune di Monticelli Pavese il 14 gennaio 2007 aveva ordinato una bonifica mai effettuata. E la Procura di Pavia indaga anche su presunte omissioni nel controllo dei beni confiscati da parte del Comune di Monticelli e dei vertici della polizia locale. All’attenzione degli investigatori un atto di revoca dell’autorizzazione alla gestione dei rifiuti notificato a Loda “solo dopo che gli ufficiali di polizia giudiziaria si erano recati in Comune per acquisire la documentazione di interesse investigativo”.