I capigruppo di maggioranza sette giorni fa hanno spedito a Palazzo Madama una proposta di risoluzione in vista del Consiglio europeo di venerdì. Ma qualcosa non torna nelle sigle di Luigi Zanda (Pd), Maurizio Sacconi (Ncd), Karl Zeller (Svp), Lucio Romano (Pi) e Gianluca Susta (Sc)
Un documento anomalo (e apocrifo) al Senato, farcito con firme sospette. Per blindare il governo e liquidare il delicato discorso di stamattina (22 ottobre) in aula di Renzi sulla manovra all’esame della Commissione europea, i capigruppo di maggioranza, un po’ affannati e senz’altro premurosi, sette giorni fa, hanno spedito agli uffici di Palazzo Madama una proposta di risoluzione per ottenere un plebiscito e tanti saluti, al massimo una cartolina da Bruxelles. Renzi sarà in trasferta giovedì e venerdì per il Consiglio europeo.
Ma per un paragone più preciso, e più inquietante, va consultato l’ordine del giorno del 15 ottobre, non un giorno qualsiasi per questa legislatura di Palazzo Madama, gli autografi sono sempre di Zanda, Sacconi, Zeller, Romano e Susta. I cinque capigruppo, allora, sostenevano e approvavano lo slittamento del pareggio del bilancio al 2017. Una modifica essenziale per Palazzo Chigi, passata soltanto con 161 favorevoli e una serie di coincidenze e di conversioni determinanti: il leghista Roberto Calderoli che presiedeva l’aula e non poteva votare , il sì di Luis Orellana (ex Cinque Stelle) e di quei democratici dissidenti sull’articolo 18 come Walter Tocci.
O sono false le firme per la nota di aggiornamento al Def – poco probabile, sono diverse e sarebbe un disastro normativo (e anche peggio) – o sono false quelle per inviare Renzi a Bruxelles senza contrattempi. E oggi, proprio mentre Renzi svelerà ai senatori le sue tattiche per blandire Angela Merkel e i terribili burocrati, i capigruppo Zanda, Sacconi, Zeller, Romano e Susta dovranno spiegare: il Senato dibatte, delibera e si esprime attraverso documenti anomali (e apocrifi)?
Zanda&C. non dovranno, però, giustificare l’apprensione, perché al governo dei cento o mille giorni basta un’occasione per perdere la maggioranza a Palazzo Madama. E ci prova, Roberto Calderoli, esperto in tranelli e regolamento: anche l’opposizione vuole mettere ai voti una risoluzione, ma sui temi eticamente sensibili, quelli che dividono inesorabilmente i democratici e il drappello di Ncd. Se lo richiedono venti senatori, lo scrutinio sarà segreto. Nonostante il sacrificio di Zanda e colleghi, non sarà una passerella da trionfatore di Renzi: l’ormai leggendario 40% e rotti per le europee non è spendibile, stavolta.
A presiedere l’assemblea ci sarà Linda Lanzillotta, senatrice di Scelta Civica, infuriata con Renzi per il “silenzio” (citazione) dopo le “illusioni vendute” (citazione bis) di Ignazio Marino, il sindaco di Roma che ha trascritto in Campidoglio le nozze all’estero di 16 coppie gay. Ma per proteggere il fiorentino e per evitare una figuraccia, chissà, Valeria Fedeli (lo dice il cognome, fedelissima dem) potrebbe sostituire la Lanzillotta. Alchimie, nient’altro. Prima di tumulare l’istituzione di palazzo Madama che verrà trasformata in dopo-lavoro per i politici regionali, quel che conta sapere è semplice: le firme false valgono al Senato? Qualcuno avvisi di questa riforma, grazie.
Da Il Fatto Quotidiano del 22 ottobre 2014