E’ passato quasi un anno da quel 18 novembre del 2013, quando nella notte, la furia del ciclone Cleopatra mise in ginocchio la Sardegna provocando 17 morti. La Gallura, l’Ogliastra, l’Oristanese e il Medio Campidano le zone più colpite dall’alluvione; intere case distrutte dalla violenza dell’acqua, raccolti devastati, intere mandrie di bestiame sterminate, strade inagibili, 2.700 sfollati, disperazione. Un anno fa tutto questo e oggi?
“Il Pd, compresi i deputati sardi, hanno votato contro i fondi per l’alluvione che colpì la Sardegna, 330 giorni or sono”, denuncia il deputato di Unidos, Mauro Pili “[.…] con un voto palese i rappresentanti della maggioranza, compresi i sardi, componenti della Commissione referente del decreto Sblocca Affari hanno votato contro l’emendamento che avevo presentato per svincolare le risorse per l’alluvione dal Patto di stabilità”.
Ma per capire la reale condizione della Sardegna post alluvione, per far sì che tutta l’Italia possa rendersi conto di quello che non succede e che invece dovrebbe succedere, mi sono rivolta direttamente a chi, da quel terribile 18 novembre, porta avanti una onorevole battaglia per tutelare i diritti degli alluvionati sardi e per difendere dal dissesto e dal degrado una delle terre più belle al mondo: la mia.
Si chiama Movimento Giovani Sardegna e la prima cosa meravigliosa è che tutti i suoi membri hanno meno di trent’anni. Ecco come si presentano: “Il Movimento Giovani Sardegna #Sez.Olbia è formato da ragazzi. Non è un movimento politico e non serve il tesseramento. Ne fai parte anche tu”. Giusto per dimostrare che fare politica non significa affatto scaldare una sedia in Parlamento.
Fabrizio è uno dei componenti del Movimento, ha 27 anni e vive ad Olbia, uno dei luoghi più colpiti dall’alluvione: “La situazione vista da un comune cittadino non è cambiata assolutamente, salvo per la pulizia dei canali effettuata qualche mese prima rispetto al solito. I soldi che la Croce Rossa ha raccolto tramite SMS arrivati da parte di tutti gli italiani generosi non sono ancora stati trasferiti ai comuni. Le uniche iniziative portate a termine sono state quelle dei gruppi di volontari, della Caritas e di gruppi di privati che hanno distribuito elettrodomestici e cucine per tentare di ricominciare. Da parte del comune ci son stati dati 800 euro a famiglia per il restauro dei beni immobili, una goccia nel mare, arrivata grazie alle donazioni (sempre di privati) che sono state versate sul conto dedicato all’alluvione. Quindi, a distanza di un anno posso affermare che qui non è stato fatto assolutamente nulla. Il Comune ha in mano dei progetti per mettere in sicurezza la città il cui costo complessivo è di 122 milioni di euro. Progetti che forse non vedranno mai la luce per mancanza di fondi. Ma i primi a dover fare un esame di coscienza siamo proprio noi cittadini”.
Lontani dalla solita tarantella del j’accuse e focalizzati sui reali problemi di una terra che farebbe bene a considerare anche le proprie colpe rispetto a ciò che è accaduto, i ragazzi di questo Movimento sono estremamente attivi nel territorio e offrono un quadro piuttosto sconfortante della realtà post alluvione in Sardegna. Continua Fabrizio: “Ciò che si vive qui ogni volta che cadono due gocce d’acqua è incredibile: le mamme corrono a prendere i bambini da scuola, chi può torna a casa per monitorare meglio la situazione e per essere pronto in caso di emergenza. E’ sparita la serenità, proprio perché consapevoli che, anche dopo questa immane tragedia, nulla è cambiato”. Già, nulla è cambiato. Ma come potrebbe?
Oggi si abusa tanto della definizione “angeli del fango”, gli eroi nazionali che hanno il compito di ‘spalare la merda’ prodotta da altri. Per come la vedo io, non esistono eroi, non in un Paese in cui tutti siamo colpevoli di quella merda. Chi permette a qualcuno di produrla pur sapendo che è sbagliato, soprattutto se la cosa potrebbe rivelarsi vantaggiosa per lui in quel momento, si chiama complice. Non eroe.
E tanti sono stati i complici a Olbia, così come a Genova; comuni cittadini che hanno firmato carte, stretto mani e sorriso a tonnellate di cemento, consapevoli di costruire la propria casa sul letto di un fiume, in zone ad alto rischio idrogeologico. E sono probabilmente le stesse persone che poi vengono intervistate con la pala in mano, mentre sgombrano quella stessa casa dall’acqua e dal fango di quello stesso fiume o torrente che, a suo tempo, avevano acconsentito ad ostacolare. O forse sono i loro figli inconsapevoli, che pagano gli errori dei padri.
Ci sono figli però, che hanno voluto e preteso di sapere la verità e che in nome di quella stessa verità si sono riuniti e hanno deciso di lottare. E, fortunatamente, in Italia non sono gli unici. No, non sono eroi.
Sono esempi giusti da seguire.