Cinema

Blaxploitalian – Cent’Anni di Afrostorie nel cinema italiano. Contro gli stereotipi

Il documentario vuole inserirsi all’interno di una più vasta campagna europea – “More diversity in European Screen” - che riconosca i diritti degli attori ‘neri’ e ne combatta la discriminazione professionale

di Davide Turrini

John Kitzmiller, Harold Bradley, Fred Williamson, Zeudi Araya e Iris Peynado. Sono solo alcuni degli oltre 500 attori neri che dal 1913 ad oggi hanno contribuito alla realizzazione del cinema italiano. Un argomento mai sistematizzato a livello storico, e colpevole tipizzazione di sceneggiatori/registi/produttori italiani, diventato il tema del documentario Blaxploitalian (Cent’Anni di Afrostorie nel cinema italiano) diretto da Fred Kuwornu, regista di origini ghanesi nato e cresciuto a Bologna, autore di programmi tv per Rai e La7, parte della crew di Miracolo a Sant’Anna di Spike Lee e infine autore dei documentari Inside Buffalo – sui soldati neri che presero parte alla guerra di Liberazione in Italia – e 18 Ius Soli – sugli immigrati di seconda generazione in Italia e sul diritto di cittadinanza.

“È un dato di fatto che in Europa le etnie ‘altre’ vengono ampiamente sottorappresentate al cinema e in tv, sia sullo schermo con ricorrenti situazioni stereotipate che a livello produttivo e tecnico”, spiega Kuwornu al fattoquotidiano.it mentre sta effettuando alcune ricerche per il film tra New York e Boston, “mi sono concentrato sugli attori ‘neri’ in generale, tutte persone che hanno avuto grandissima difficoltà a lavorare in Italia, relegati sempre in ruoli di immigrato o straniero, mai in ruoli ‘normali’ come che so, un medico”. Ed è da questo gap socio-culturale che nasce l’idea di raccogliere, archiviare e presentare il periglioso percorso di affermazione sociale che tarda in Italia ancora ad arrivare.

Blaxploitalian prende le mosse dalla prima apparizione di attori, anzi attrici nere in Zuma (1913) per la regia di Baldassarre Negroni con la ragazza chiamata Hesperia, la mora del Sudan, parte integrante e vessata di una compagnia itinerante di zingari in Italia – trama che alla lontana richiama la Venere Nera di Kechiche -; per poi passare al cinema neorealista anni quaranta/cinquanta di Paisà, Senza Pietà e Tombolo; agli anni sessanta/settanta con gli attori neri utilizzati nei poliziotteschi e nel soft-core (Zeudi Araya, Ines Pellegrini, Iris Peynado); fino agli novanta dove i ‘neri’ (tra gli altri Germano Gentile, Salvatore Marino, Jonis Bascir, Livio Beshir) interpretano principalmente la parte di immigrati.

“Il neorealismo italiano, stranamente, dava uno spazio agli attori neri che negli Stati Uniti all’epoca si sognavano”, spiega Kuwornu, “John Kitzmiller, un Buffalo Soldiers che partecipò alla Liberazione in Italia, esordì su grande schermo nel ’48 con Senza Pietà di Lattuada e vinse perfino un premio a Cannes nel ‘56. Fu un grande attore e girò almeno 30 film”. Nel documentario di Kuwornu partecipano critici cinematografici, antropologi, sociologi e tante star ‘black’ che fecero l’impresa: “Ho incontrato Harold Bradley, icona del peplum italiano, interprete di diversi Maciste, Il Gladiatore di Roma e ancora gladiatore in Sette contro tutti. Personaggio incredibile, altro che stereotipo del ‘nero’: negli anni sessanta fu tra i fondatori del Folkstudio di Roma”.

Blaxploitalian vuole però inserirsi all’interno di una più vasta campagna europea – “More diversity in EUropean Screen” – che riconosca i diritti degli attori ‘neri’ e ne combatta la discriminazione professionale, seguendo la lettera di protesta inviata alla Bbc dall’attore Idris Elba, protagonista assoluto della serie tv “Luther”, che assieme ad altri 50 ‘colleghi’ ha rilevato come anche nella gloriosa Gran Bretagna siano soltanto il 3% attori e tecnici non bianchi ad avere accesso a ruoli di rilievo: “Negli Stati Uniti per gli afroamericani il problema non sussiste”, continua Kuwornu, “semmai la questione si sposta per un’altra etnia, quella dei latinoamericani che, nonostante la presenza massiccia e il melting pot creatosi sul suolo Usa vengono relegati in ruoli di immigrati”. E dal cinema Usa, Kuwornu trae l’ispirazione iconografica e la spinta politica dalla Blaxploitation anni settanta, facendosi ritrarre con un look alla Melvin, e Mario, Van Peebles: “È un richiamo immaginario esplicitato anche nel titolo del documentario e che sento forte. Significa che i neri si riappropriano del potere che gli spetta nel mondo dei media, di essere produttori e distributori dei loro progetti, non per separarsi dal sistema ma per affermare storie vissute e proprie in prima persona”. Per poter concludere il progetto Blaxploitalian, Kuwornu lancia una campagna di crowdfunding aperta fino al 4 novembre 2014 sul sito http://igg.me/at/blaxploitalian.com. Cifra da raggiungere 75mila dollari (circa 57mila euro): “Poi spero in un’anteprima e a un red carpet al Festival di Venezia con quindici, venti vecchie glorie ‘nere’ che tornano ad essere star del Lido”.

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