L'imputato è stato ritenuto definitivamente colpevole di aver ucciso la 16enne i cui resti furono trovati dopo 17 anni nel sottotetto di una chiesa di Potenza
La Cassazione ha confermato la condanna a 30 anni di reclusione per Danilo Restivo, colpevole dell’omicidio della sedicenne di Potenza Elisa Claps. Bocciato il ricorso presentato dalla difesa di Restivo, ma per mancanza di prove è stata eliminata l’aggravante della crudeltà. Una modifica che però non ha determinato conseguenze sull’entità della pena. Con questa decisione i giudici della prima Sezione penale della Cassazione – presidente Umberto Giordano – hanno confermato la sentenza emessa dalla Corte di appello di Salerno del 24 aprile 2013. In primo grado, con rito abbreviato, la sentenza era stata emessa l’11 novembre del 2011.
Elisa Claps è stata uccisa il 12 settembre del 1993 e per lungo tempo non vi è stata chiarezza sulla sua scomparsa, fino al 2010 quando i suoi resti sono stati scoperti 17 anni dopo il delitto da alcuni operai durante i lavori di ristrutturazione della chiesa della Santissima Trinità a Potenza. Restivo è in carcere in Gran Bretagna dove sta scontando una condanna all’ergastolo per avere ucciso un’altra donna nel 2002. Il sostituto procuratore generale della Cassazione, Paolo Canevelli, si è detto “soddisfatto per la decisione della Cassazione su Restivo perché riflette le mie richieste”. Sempre secondo Canevelli, è stato giusto eliminare l’aggravante della crudeltà perché “manca la prova che l’imputato abbia infierito sulla salma della povera Elisa”. A suo carico, il procuratore ricorda che rimangono comunque “le aggravanti della violenza sessuale e di aver agito per futili motivi” quindi “dal punto di vista del trattamento sanzionatorio non cambia nulla”.
Come ha accertato la perizia, infatti, la 16enne è stata uccisa da tredici colpi sferrati con un coltellino (o un altro oggetto appuntito come un taglierino) in un arco di tempo tra le 11.30 e le 13.10, dopo un tentativo di approccio sessuale rifiutato. Fin da subito i sospetti sono ricaduti su Restivo, un ragazzo che frequentava la parrocchia e conosceva Elisa, tanto da averle dato un appuntamento davanti alla chiesa quella domenica mattina per darle un regalo. Una perizia ha poi rilevato la presenza di dna dell’uomo sul maglione che la ragazza.
“In questa vicenda innegabilmente ci sono state delle ‘coperture’” ha rilevato il pg Canevelli. Sulla stessa linea la psicologa Assunta Basentini, che quando Elisa scomparve fece delle osservazioni psicologiche su tutti gli amici della ragazza, compreso Restivo. “Già all’epoca – spiega Basentini, che è venuta in Cassazione per assistere all’udienza e alla lettura del verdetto – emersero molti indicatori significativi del disagio di alcuni tratti della personalità di Restivo, c’erano degli elementi patologici e proposi un approfondimento della sua personalità”.
La famiglia Claps è sempre stata in prima linea, senza mai arrendersi, per ottenere giustizia per loro figlia. Al momento della conferma della condanna di Restivo, il 24 aprile 2013, si è sciolta in un pianto la madre di Elisa Claps, Filomena Iemma. La signora ha partecipato ad ogni udienza. Alle prime ha chiesto più volte a Restivo un colloquio a due per sapere la verità sulle ultime ore di sua figlia. Non ha resistito a rimanere in aula, invece, quando l’uomo ha letto una lettera in cui le faceva le sue ”condoglianze” e ricordava Elisa come una ragazza “buonissima e generosa”, dicendo di volere “portare dei fiori sulla sua tomba e di pregare”.
Il caso Claps sta continuando ad impegnare le aule della giustizia per i filoni paralleli nati dall’inchiesta principale sull’omicidio. In particolare, c’è la vicenda che riguarda il presunto ritrovamento dei resti della ragazza avvenuto prima del 17 marzo 2010. È in corso a Potenza il processo a due donne delle pulizie della chiesa, Margherita Santarsiero e Annalisa Lo Vito, accusate di aver trovato i resti di Elisa Claps nel sottotetto prima di quella data e di non averlo comunicato alle autorità. Le due donne negano. Ad accusarle sono le dichiarazioni di un vice parroco. Chiamato a testimoniare anche l’arcivescovo di Potenza, monsignor Agostino Superbo.