Tensioni con le forze dell'ordine davanti ai cancelli della fabbrica di Sant'Agostino. Attacco del segretario della Lega Nord Matteo Salvini: "Se non gli vanno bene le regole tornino a casa"
Una vertenza contrattuale si trasforma in un campo di battaglia elettorale. E, accesa la miccia, dalla politica la protesta di quattordici facchini scende in strada, con scontri tra Cobas e centri sociali da una parte e forze dell’ordine dall’altra. Succede alla Mirror di Sant’Agostino, azienda attiva nel settore delle levigature, con base nell’Alto ferrarese. I lavoratori chiedono il rispetto dell’accordo, scaduto il 30 settembre, che avrebbe dovuto portare alla loro riassunzione dopo il cambio di appalto operato dalla Mirror. I 14 facchini sono rimasti senza lavoro all’inizio di settembre quando l’azienda, dopo una serie di richiami alla cooperativa bolognese per presunte inadempienze, ha recesso il contratto d’appalto di facchinaggio per affidarlo a un’altra cooperativa, la Msz di Milano. Da qui prese subito vita, il 5 settembre, un presidio davanti ai cancelli di Via del Fantino che portò a un accordo: la Msz avrebbe assunto tre persone presso la Mirror, mentre gli altri sarebbero stati reimpiegati in altre aziende. Ma l’accordo, dicono lavoratori e Cobas, è stato disatteso e allora è ripresa la protesta, con picchetti quotidiani davanti ai cancelli, che hanno impedito a dirigenti e lavoratori dell’azienda l’ingresso in sede.
L’intervento delle forze di polizia, non senza forti tensioni, ha convinto i dimostranti (“manifestanti di professione, pendolari della protesta” secondo i vertici aziendali) a sgomberare l’accesso alla fabbrica. Poi il problema occupazionale si trasforma in contesa politica. Prima con il sindaco della vicina Bondeno, il leghista Alan Fabbri, candidato alla presidenza della Regione per il centrodestra, che stigmatizza la protesta: “Non si ottiene con la violenza il diritto al lavoro e, soprattutto, non si ottiene impedendo ad altri lavoratori di svolgere le loro mansioni. Credo che in questi casi le forze dell’ordine debbano intervenire, anche con la forza”. Poi con il segretario nazionale del Carroccio Matteo Salvini che via Facebook traduce il tutto in “decine di magrebini” che, “insieme ai centri sociali, hanno paralizzato per settimane un’azienda, la Mirror. I lavoratori di questa azienda, una trentina di famiglie, rischiano la cassa integrazione per colpa di questo casino. Non è possibile perdere altri posti di lavoro. Se a certa gente non vanno bene le nostre regole, tornino a casa”.
All’ansia di espulsione collettiva di Matteo Salvini ha fatto seguito una interrogazione parlamentare del deputato leghista Guido Guidesi, che sostiene che “i facchini furono denunciati per estorsione e violenza privata, perché pretendevano contratti a tempo indeterminato nonostante il cambio di fornitore di servizi, promettendo nuovi blocchi se questo non fosse accaduto”. Il deputato chiede quindi al Governo di intervenire per “scongiurare altri danni alla Mirror e proteggere i veri lavoratori dell’azienda”. Sulla “situazione limite” interviene anche Giulia Gibertoni, candidata presidente alla Regione Emilia Romagna per il Movimento 5 stelle, che si chiede “quante di queste notizie sconfortanti dobbiamo vedere ancora prima di avere finalmente il reddito di cittadinanza in Italia, che eviterebbe questi scontri sociali?”.
Secondo la grillina da qui in avanti avremo “ogni giorno di più” altre Mirror “se lasciamo fare al Pd e alla sua visione del lavoro che tramite il Jobs Act promuove la libertà di licenziare, l’abbandono di ogni forma di tutela per i nuovi assunti, il demansionamento facile, una flessibilità esasperata, niente soldi per i sussidi, l’indebolimento dei centri per l’impiego a favore di agenzie interinali private e l’abbandono a se stessi di professionisti e artigiani con partita Iva”.