Ricordate Clark Kent/Christopher Reeve costretto a svestire i panni dell’umile impiegatino di redazione dentro una cabina telefonica? Sotto ai più compunti completini grigiastri celava lo stratosferico costume di Superman. Mutatis mutandis, lo stesso gesto lo compie il direttore artistico di Gender Bender 2014, Daniele Del Pozzo, mostrando sotto gli apparenti panni sicuramente più glamour ma pur sempre formali di Clark, una semplice t-shirt con il marchio di Superman: “Un festival in un certo senso è come un supereroe, un condensato di eccellenza, un’esplosione di forza. Un arguto esploratore dotato di supervista, ma anche un interlocutore facilmente riconoscibile a cui rivolgersi, dandogli del tu”, sorride sotto i baffi Del Pozzo versione Superman, “Gender Bender quest’anno si straccia i vestiti e mostra la sua S sul petto. Per apparire non solo come una vetrina splendente di ciò che la cultura delle differenze ha prodotto intorno al mondo, ma anche come un grande collettore di buone pratiche (superpoteri), azioni e interrogativi da coltivare per un anno intero”.
Tanta e sempre più allargata a livello internazionale la popolarità e l’appeal della vetrina Lgbt bolognese giunta alla dodicesima edizione – dal 25 ottobre al 2 novembre 2014 – che il rischio di qualche chiamata al supereroe rischia di arrivare per davvero. 73 gli appuntamenti in nove giorni: 33 repliche di 15 spettacoli, 27 film e documentari, 4 feste a tema, 3 concerti, 5 incontri con gli autori, laboratori ed attività per anziani e bambini, il Gender 2014 parte lancia in resta alla conquista del sentimento omofobico molto presente nel dibattito politico di queste ultime settimane. “Noi continuiamo a dare un convinto sostegno al festival nonostante le difficoltà economiche degli enti pubblici”, spiega l’assessore regionale alla cultura uscente, Massimo Mezzetti, “è una battaglia di idee, anzi contro le idee sbagliate. Se esistono le sentinelle conservatrici dell’inciviltà, noi come amministrazione pubblica regionale siamo le sentinelle della civiltà”.
Via allora alle anteprime nazionali di film provenienti dai migliori festival mondiali con “Pride” – cinema Odeon, 29/10 -, diretto da Matthew Warchus, distribuzione italiana Teodora dall’11 dicembre, con le star british Imelda Staunton, Bill Nighy e Paddy Considine, tratto da una storia vera e ambientato in Gran Bretagna nel 1984 durante l’era Thatcher. Una commedia divertente e amara che porta lo spettatore al celebre sciopero dei minatori inglesi, che andò avanti per circa un anno. Un gruppo di attivisti gay e lesbiche decide di raccogliere soldi per aiutare i minatori. Ma c’è un problema: tutti i sindacati sono imbarazzati nel ricevere aiuto dagli omosessuali. Gli attivisti non demordono, trovano un piccolo paese sperduto nel Galles e vanno di persona dai minatori, con i quali iniziano un rapporto di aiuto reciproco, non senza problemi di comprensione e pregiudizi di genere. Ancora da segnalare, tra gli altri, “Land of storms” dell‘ungherese Ádám Császi, tratto dalla storia vera (Lumiére, venerdì 31 ottobre), di Szabi, calciatore gay che scappa dall’ambiente macho dello spogliatoio per tornare nel suo paese d’origine, in Ungheria; “Salvation Army”, il sorprendente film di esordio dello scrittore marocchino Abdellah Taia; “Menstrual Man” dell’indiano Amit Virmani, basato sul tema della mancanza di uso degli assorbenti durante il ciclo mestruale da parte delle donne indiane (la media è 1 su 10!); e l’omaggio a Lou Reed, un’enciclopedia di immagini e suoni che racconta il genio musicale e poetico dell’artista attraverso rarissimi materiali di archivio e una lunga serie di testimonianze e interviste a David Bowie, Patti Smith, Laurie Anderson, Andy Warhol, Joe Dallesandro.
La sezione danza si arricchisce quest’anno del contributo del ministero della cultura (8mila euro, ndr) e di nomi come William Forsythe, sue le coreografie di “legitimo Rezo” in prima nazionale l’1 e 2 novembre, con Jone San Martin; e Patrick Lander con Cascas D’Ovo all’Arena del Sole il 30 e 31 ottobre. “In questi ultimi giorni si è capito qui a Bologna che le battaglie di gay e lesbiche non sono solo nostre battaglie, ma anche delle istituzioni”, ha spiegato il presidente de Il Cassero, Vincenzo Branà, “con la vicenda della registrazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso sposate all’estero, il sindaco Merola ci ha insegnato il valore politico di un piccolo gesto di disobbedienza”.