Società

Alluvione e calcio: Geno(v)a per noi

Gasperini-535

Cosa hanno in comune la manifestazione di un migliaio di cittadini contro il sindaco Doria e la contestazione di una frangia di ultrà genoani all’allenatore Gasperini? Forse solo il fatto di essere entrambe espressioni dell’“anima” genovese, lacerata dalle catastrofi, più la circostanza che i contestatori sono spesso gli stessi: omaccioni dall’aria patibolare che però si trasformano in angioletti quando c’è da spalare il fango. Avevo ancora i pantaloni corti e abitavo a piazza De Ferrari, dove mio padre faceva il portinaio della sede del Genoa, e già li guardavo sfilare con le bandiere rosse o rossoblù, indifferentemente, oggi accanto ai lavoratori dei cantieri in sciopero, l’indomani per protestare contro la vendita di Gigi Meroni.

Sul calcio, un po’ hanno ragione. Il Genoa non gioca bene quest’anno, anche per il fondamentalismo tattico di un allenatore che punta tutto sugli esterni e finisce per consegnare regolarmente il centrocampo agli avversari. Ma, ve lo dico da fratello maggiore, è davvero questo che rimproverate a Gasperini – un signor allenatore, come ai suoi tempi Ottavio Bagnoli, le cui squadre vengono fuori alla distanza, basta lasciarli lavorare – oppure il fatto che, inviperito per i fischi dopo il pareggio con l’Empoli, il mister vi ha rinfacciato la vostra penultima bravata prima di questa, ossia la famosa invasione dei distinti per farvi consegnare le maglie dei giocatori? Perché se la sua colpa è questa, allora lasciate stare lui e prendetevela con me, e con la quasi totalità dei tifosi genoani.

Sulla politica, invece, temo vi sia sfuggito l’essenziale: anche se, nelle mie peregrinazioni fra Genova e Trieste, posso essermi perso qualcosa, e sono sempre disposto ad ascoltare. Quel che so io è che Marco Doria è una persona onesta, e che comunque non era lui né il Commissario alle opere sul Bisagno né l’assessore regionale con delega alla Protezione civile: cariche tenute dalla premiata ditta Burlando&Paita, sempre in corsa per le Regionali di marzo. Tutto il resto – i cosiddetti premi ai dipendenti comunali, la mitica cena a Courmayeur, come se Doria, d’ora in poi, dovesse vivere con la cenere in testa e i ceci sotto le ginocchia – sono solo fumo negli occhi per occultare altre responsabilità. Ma a questo punto mi viene un dubbio atroce: ehi, non contesterete mica Doria solo per il cognome, senza neppure sapere se tifi o no per gli odiati cugini?