Per cominciare non va il metodo di annunciare un tasso d’interesse, nella fattispecie l’1,15% reale, premettendo che potrà essere alzato, come è stato, portandolo al 1,25% quando però le sottoscrizioni per i privati erano ormai chiuse. Visto che i Btp Italia 2020 già in circolazione rendevano l’1,30% annuo reale, agli attuali prezzi di Borsa, tanto valeva portare subito almeno a quel livello il tasso della nuova emissione. Un risparmiatore non deve essere costretto ad affidarsi alla generosità, correttezza ecc. della direttrice del Tesoro Maria Cannata, da sola o più probabilmente in accordo con altri.
Ma poi c’era un altro elemento negativo o, meglio, peggiorativo. Ragioniamo sul rendimento reale lordo annunciato, cioè appunto sull’1,15% minimo. Contemporaneamente i buoni fruttiferi postali (BFP), ugualmente indicizzati ai prezzi italiani, offrivano e offrono lo 0,50% reale. Che è meno, ma ciò dipende dal fatto che essi non scendono mai di prezzo. Ciò significava il prezzo di tale garanzia era lo 0,65% annuo. Tecnicamente il prezzo di un’opzione put continua.
È tanto? Verrebbe piuttosto da dire che è poco. Infatti i BFP erano emessi alle stesse condizioni attuali, quando furono collocati i precedenti Btp Italia 1,65% aprile 2014-2020, codice Isin IT0005012783. Quindi allora la garanzia di non perderci, per dirla in parole povere, costava l’1,15% annuo. Ore in base alla cedola minima annunciata poco più della metà; e comunque ben meno anche con la cedola rivista.
Per cui delle due l’una: o il Tesoro è diventato più tirchio o la Cassa Depositi e Prestiti, emittente dei BFP, è diventata più generosa.