Poco più di vent’anni fa, in leggero ritardo rispetto alla nostra Tangentopoli, la magistratura giapponese uscì per un attimo dal letargo in cui si era adagiata (e nel quale è subito dopo tornata a crogiolarsi) lanciando una breve ma intensa battaglia contro la corruzione. Nel giro di pochi mesi mezzo parlamento venne inquisito e Shin Kanemaru, uno sorta di Andreotti a mandorla (così evitiamo di dovergli dedicare dieci righe di presentazione) venne arrestato all’alba, mentre era ancora in pigiama e mentre cercava di nascondere parte dei lingotti d’oro che teneva sotto il futon, il “materasso” giapponese.
Tra casa e ufficio gliene sequestrarono circa mezzo quintale, in lingotti di varie dimensioni. Nessuno ha mai saputo da dove provenissero: qualcuno dice dalla premiata ditta Inagawa (terza cosca mafiosa del Giappone), qualcuno sospettò addirittura una poco probabile origine nordcoreana. Una cosa sembrava certa: non erano il frutto di onesti risparmi. Comunque sia, l’accusa era di evasione fiscale e violazione della legge elettorale, che all’epoca era molto più permissiva di oggi: privati e aziende potevano tranquillamente finanziare i politici (non i partiti!) anche in modo anonimo, a patto che pagassero sulle donazioni il 37% di tasse.
Vent’anni fa la lotta alla corruzione: finì indagato mezzo Parlamento
Il termine giapponese per questo tipo di “donazioni” era shitofumeikin (letteralmente: “spese varie”), oggi vietate. All’epoca, pare che il 70% delle aziende giapponesi prevedesse nei loro bilanci questa voce, e che in totale venissero “donate” cifre attorno a 5 miliardi di dollari l’anno. Più altrettanti che venivano “donati” direttamente, senza passare dai bilanci e senza pagarci le tasse: si consegnavano direttamente avvolti nel cosiddetto furoshiki, l’elegante foulard, di solito bianco e blu, che i giapponesi usano per avvolgerci un po’ di tutto. Dal pranzetto che si portano da casa alle tangenti. E’ tutt’ora considerato più sicuro di un bonifico off-shore.
Altri tempi, comunque. L’iniziativa della magistratura, risoltasi in pochi mesi e senza alcuna condanna esemplare (in Giappone vige l’azione penale discrezionale e la magistratura è saldamente controllata dal governo, attraverso il ministro dell’Interno: un procuratore solerte fa poca strada) spianò la strada ad una legge elettorale rigorosissima, tra le più restrittive del mondo. E oggi, pensate un po’, per finire nei guai, basta distribuire durante un comizio gli uchiwa (sorta di ventaglietti di carta, con stampata la faccia del candidato) o regalare dei biglietti per il teatro scontati.
E’ quanto è successo, rispettivamente, a Midori Matsushima, fino a qualche giorno fa ministro della giustizia, e a Yuko Obuchi, ministro dell’Industria del governo “rosa” inventato dal sempre più nero (in tutti i sensi) Shinzo Abe. Il cui indice di gradimento, iniziato due anni fa circa a livelli record (68%, il più alto del dopoguerra) è negli ultimi giorni sceso per la prima volta sotto il 50%. E con l’aumento ulteriore dell’Iva (dall’8 al 10%) e l’ennesima, annunciata riattivazione di alcune centrali nucleari, entrambe decisioni estremamente impopolari, non è certo destinato a risalire. Particolarmente disastrosa, non solo per l’interessata che potrebbe anche farcela, prima o poi, a riemergere sulla scena politica (era tra le più probabili candidate a diventare la prima donna premier del Giappone) in un paese dove bastano le scuse sincere ed un congruo periodo di riflessione per “purificarsi” e ripresentarsi al giudizio degli elettori, ma per Abe ed il suo governo è appunto l’uscita di scena di Yuko Obuchi.
Abe sulle ministre dimissionarie: “E’ colpa mia, dovevo essere più oculato”
Figlia dell’ex premier Kenzo Obuchi, colto da malore durante una discussione politica con Ichiro Ozawa (ex segretario del già citato Kanemaru, guarda caso) e deceduto pochi giorni dopo. Alla bella, popolare e soprattutto giovane politica Abe aveva affidato il compito di rilanciare l’immagine del nucleare. Ed infatti la Obuchi aveva già cominciato a girare il Giappone per convincere le donne e le mamme, secondo i sondaggi le più convinte oppositrici del minacciato ritorno al nucleare.
“E’ colpa mia – ha ammesso Abe, che nel giro di poche ore ha reso noti i nomi dei successori (un uomo e una donna, rispettivamente) – dovevo essere più oculato nelle mie scelte”. In effetti, non è che abbia eccelso, nello scegliersi le sue “donne”. Nella sua amministrazione ce ne sono almeno altre tre al centro di pesanti polemiche che potrebbero portare, almeno in un caso, ad altre imminenti dimissioni. Si tratta di Sanae Takaichi, ministro degli interni, di Tomomi Inada, responsabile del programma politico del partito e di Eriko Yamatani, responsabile della Commissione per la Sicurezza Nazionale, che in Giappone comprende anche la polizia. Tutte e tre fanno a gara per accreditarsi come strenue patriote: le prima due si sono fatte fotografare con il leader del partito neonazista, la terza con tale Makoto Sakurai (video*), un pazzo neorazzista che gira per i quartieri coreani di Tokyo e Osaka insultando chi ci abita e intimando loro di tornarsene a casa. Peccato che la maggior parte siano nati qui, figli e nipoti dei coreani che vennero costretti ad emigrare in Giappone durante l’occupazione, per lavorare nelle fabbriche dell’impero.
Insieme ad Haruko Arimura, ministro di stato per le pari opportunità, queste tre signore hanno guidato la folta delegazione di parlamentari che ha effettuato il solito, provocatorio pellegrinaggio al tempio Yasukuni, dove sono venerati gli spiriti di tutti i giapponesi morti per la patria, criminali di guerra compresi. Il bello è che Shinzo Abe, fedele frequentatore del luogo, questa volta non ci è andato. Vista la fine che sta facendo la sua Abenomics, sta disperatamente cercando udienza a Pechino.
*Anche se è in giapponese, ecco un bell’esempio del suo stile. Il video si riferisce ad un pubblico dibattito con Toru Hashimoto, il sindaco di Osaka che l’ha invitato a “sparire” dalla città.
Oriente Furioso
Giappone, la corruzione politica passava dai lingotti. Ma ora bastano i ventaglietti
Per finire nei guai basta distribuire durante un comizio gli uchiwa (ventaglietti di carta, con stampata la faccia del candidato) o regalare biglietti per il teatro scontati. E' quanto è successo a due ministri di Shinzo Abe
Poco più di vent’anni fa, in leggero ritardo rispetto alla nostra Tangentopoli, la magistratura giapponese uscì per un attimo dal letargo in cui si era adagiata (e nel quale è subito dopo tornata a crogiolarsi) lanciando una breve ma intensa battaglia contro la corruzione. Nel giro di pochi mesi mezzo parlamento venne inquisito e Shin Kanemaru, uno sorta di Andreotti a mandorla (così evitiamo di dovergli dedicare dieci righe di presentazione) venne arrestato all’alba, mentre era ancora in pigiama e mentre cercava di nascondere parte dei lingotti d’oro che teneva sotto il futon, il “materasso” giapponese.
Tra casa e ufficio gliene sequestrarono circa mezzo quintale, in lingotti di varie dimensioni. Nessuno ha mai saputo da dove provenissero: qualcuno dice dalla premiata ditta Inagawa (terza cosca mafiosa del Giappone), qualcuno sospettò addirittura una poco probabile origine nordcoreana. Una cosa sembrava certa: non erano il frutto di onesti risparmi. Comunque sia, l’accusa era di evasione fiscale e violazione della legge elettorale, che all’epoca era molto più permissiva di oggi: privati e aziende potevano tranquillamente finanziare i politici (non i partiti!) anche in modo anonimo, a patto che pagassero sulle donazioni il 37% di tasse.
Il termine giapponese per questo tipo di “donazioni” era shitofumeikin (letteralmente: “spese varie”), oggi vietate. All’epoca, pare che il 70% delle aziende giapponesi prevedesse nei loro bilanci questa voce, e che in totale venissero “donate” cifre attorno a 5 miliardi di dollari l’anno. Più altrettanti che venivano “donati” direttamente, senza passare dai bilanci e senza pagarci le tasse: si consegnavano direttamente avvolti nel cosiddetto furoshiki, l’elegante foulard, di solito bianco e blu, che i giapponesi usano per avvolgerci un po’ di tutto. Dal pranzetto che si portano da casa alle tangenti. E’ tutt’ora considerato più sicuro di un bonifico off-shore.
Altri tempi, comunque. L’iniziativa della magistratura, risoltasi in pochi mesi e senza alcuna condanna esemplare (in Giappone vige l’azione penale discrezionale e la magistratura è saldamente controllata dal governo, attraverso il ministro dell’Interno: un procuratore solerte fa poca strada) spianò la strada ad una legge elettorale rigorosissima, tra le più restrittive del mondo. E oggi, pensate un po’, per finire nei guai, basta distribuire durante un comizio gli uchiwa (sorta di ventaglietti di carta, con stampata la faccia del candidato) o regalare dei biglietti per il teatro scontati.
E’ quanto è successo, rispettivamente, a Midori Matsushima, fino a qualche giorno fa ministro della giustizia, e a Yuko Obuchi, ministro dell’Industria del governo “rosa” inventato dal sempre più nero (in tutti i sensi) Shinzo Abe. Il cui indice di gradimento, iniziato due anni fa circa a livelli record (68%, il più alto del dopoguerra) è negli ultimi giorni sceso per la prima volta sotto il 50%. E con l’aumento ulteriore dell’Iva (dall’8 al 10%) e l’ennesima, annunciata riattivazione di alcune centrali nucleari, entrambe decisioni estremamente impopolari, non è certo destinato a risalire. Particolarmente disastrosa, non solo per l’interessata che potrebbe anche farcela, prima o poi, a riemergere sulla scena politica (era tra le più probabili candidate a diventare la prima donna premier del Giappone) in un paese dove bastano le scuse sincere ed un congruo periodo di riflessione per “purificarsi” e ripresentarsi al giudizio degli elettori, ma per Abe ed il suo governo è appunto l’uscita di scena di Yuko Obuchi.
Figlia dell’ex premier Kenzo Obuchi, colto da malore durante una discussione politica con Ichiro Ozawa (ex segretario del già citato Kanemaru, guarda caso) e deceduto pochi giorni dopo. Alla bella, popolare e soprattutto giovane politica Abe aveva affidato il compito di rilanciare l’immagine del nucleare. Ed infatti la Obuchi aveva già cominciato a girare il Giappone per convincere le donne e le mamme, secondo i sondaggi le più convinte oppositrici del minacciato ritorno al nucleare.
“E’ colpa mia – ha ammesso Abe, che nel giro di poche ore ha reso noti i nomi dei successori (un uomo e una donna, rispettivamente) – dovevo essere più oculato nelle mie scelte”. In effetti, non è che abbia eccelso, nello scegliersi le sue “donne”. Nella sua amministrazione ce ne sono almeno altre tre al centro di pesanti polemiche che potrebbero portare, almeno in un caso, ad altre imminenti dimissioni. Si tratta di Sanae Takaichi, ministro degli interni, di Tomomi Inada, responsabile del programma politico del partito e di Eriko Yamatani, responsabile della Commissione per la Sicurezza Nazionale, che in Giappone comprende anche la polizia. Tutte e tre fanno a gara per accreditarsi come strenue patriote: le prima due si sono fatte fotografare con il leader del partito neonazista, la terza con tale Makoto Sakurai (video*), un pazzo neorazzista che gira per i quartieri coreani di Tokyo e Osaka insultando chi ci abita e intimando loro di tornarsene a casa. Peccato che la maggior parte siano nati qui, figli e nipoti dei coreani che vennero costretti ad emigrare in Giappone durante l’occupazione, per lavorare nelle fabbriche dell’impero.
Insieme ad Haruko Arimura, ministro di stato per le pari opportunità, queste tre signore hanno guidato la folta delegazione di parlamentari che ha effettuato il solito, provocatorio pellegrinaggio al tempio Yasukuni, dove sono venerati gli spiriti di tutti i giapponesi morti per la patria, criminali di guerra compresi. Il bello è che Shinzo Abe, fedele frequentatore del luogo, questa volta non ci è andato. Vista la fine che sta facendo la sua Abenomics, sta disperatamente cercando udienza a Pechino.
*Anche se è in giapponese, ecco un bell’esempio del suo stile. Il video si riferisce ad un pubblico dibattito con Toru Hashimoto, il sindaco di Osaka che l’ha invitato a “sparire” dalla città.
MANI PULITE 25 ANNI DOPO
di Gianni Barbacetto ,Marco Travaglio ,Peter Gomez 12€ AcquistaArticolo Precedente
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(Adnkronos) - Un Napoli a due facce batte il Genoa nell’anticipo del 17° turno di Serie A e si riprende la vetta della classifica almeno per una notte. A Marassi la squadra di Conte parte bene, soffre nella ripresa e liquida 2-1 la pratica rossoblù, grazie alle reti di Anguissa e Rrahmani. Gli azzurri volano a 39 punti e superano almeno per il momento l’Atalanta, ferma a quota 38 e impegnata domenica contro l’Empoli.
Il Napoli parte forte e mette subito le cose in chiaro. Gli azzurri bussano già al 5’ alla porta di Leali, con Lukaku che di testa centra la traversa. Poi, intorno al quarto d’ora, è un altro colpo di testa a regalare il vantaggio agli uomini di Conte: Neres crossa, Anguissa brucia Frendrup e salta più in alto di tutti per l’1-0. Partita sbloccata, con Conte che esulta e se la ride in panchina insieme allo staff. Passano altri 8 minuti e il tecnico salentino esulta ancora per il raddoppio, firmato da Rrahmani: Lobotka crossa, il difensore stacca di testa e infila Leali. Due a zero all’intervallo. La squadra di Vieira torna in campo con un altro piglio: dopo pochi secondi, Pinamonti si fa vedere dalle parti di Meret con un bel tiro a giro dal limite, che chiama il portiere al gran colpo di reni, e poi accorcia le distanze al 51’. Palla perfetta di Vitinha e piattone in rete. La partita cambia qui: il Genoa prende coraggio e si affaccia spesso oltre la trequarti, mentre il Napoli ha da difendere ma trova spazi per lanciare le frecce in contropiede. A un quarto d'ora dalla fine, Conte si gioca i cambi davanti e butta dentro la coppia Simeone-Kvaratskhelia al posto di Lukaku e Neres. È una mossa che riaccende gli azzurri, che tornano pericolosi con i guizzi del georgiano. Il pericolo più grande degli ultimi minuti arriva però da Balotelli (entrato a una manciata di minuti dal novantesimo al posto di Miretti). Il cross dalla sinistra pesca in area l'attaccante, ma sulla deviazione è fondamentale l'intervento di Meret, che devia il pallone sul palo. Sospiro di sollievo per Conte, che soffre un po' e porta a casa tre punti d'oro. Per qualche ora, guarderà tutti dall'alto.
(Adnkronos) - Un Napoli a due facce batte il Genoa nell’anticipo del 17° turno di Serie A e si riprende la vetta della classifica almeno per una notte. A Marassi la squadra di Conte parte bene, soffre nella ripresa e liquida 2-1 la pratica rossoblù, grazie alle reti di Anguissa e Rrahmani. Gli azzurri volano a 39 punti e superano almeno per il momento l’Atalanta, ferma a quota 38 e impegnata domenica contro l’Empoli.
Il Napoli parte forte e mette subito le cose in chiaro. Gli azzurri bussano già al 5’ alla porta di Leali, con Lukaku che di testa centra la traversa. Poi, intorno al quarto d’ora, è un altro colpo di testa a regalare il vantaggio agli uomini di Conte: Neres crossa, Anguissa brucia Frendrup e salta più in alto di tutti per l’1-0. Partita sbloccata, con Conte che esulta e se la ride in panchina insieme allo staff. Passano altri 8 minuti e il tecnico salentino esulta ancora per il raddoppio, firmato da Rrahmani: Lobotka crossa, il difensore stacca di testa e infila Leali. Due a zero all’intervallo. La squadra di Vieira torna in campo con un altro piglio: dopo pochi secondi, Pinamonti si fa vedere dalle parti di Meret con un bel tiro a giro dal limite, che chiama il portiere al gran colpo di reni, e poi accorcia le distanze al 51’. Palla perfetta di Vitinha e piattone in rete. La partita cambia qui: il Genoa prende coraggio e si affaccia spesso oltre la trequarti, mentre il Napoli ha da difendere ma trova spazi per lanciare le frecce in contropiede. A un quarto d'ora dalla fine, Conte si gioca i cambi davanti e butta dentro la coppia Simeone-Kvaratskhelia al posto di Lukaku e Neres. È una mossa che riaccende gli azzurri, che tornano pericolosi con i guizzi del georgiano. Il pericolo più grande degli ultimi minuti arriva però da Balotelli (entrato a una manciata di minuti dal novantesimo al posto di Miretti). Il cross dalla sinistra pesca in area l'attaccante, ma sulla deviazione è fondamentale l'intervento di Meret, che devia il pallone sul palo. Sospiro di sollievo per Conte, che soffre un po' e porta a casa tre punti d'oro. Per qualche ora, guarderà tutti dall'alto.
(Adnkronos) - Un bel Napoli batte il Genoa nell’anticipo del 17° turno di Serie A e si riprende la vetta della classifica almeno per una notte. A Marassi la squadra di Conte liquida 2-1 la pratica rossoblù, grazie alle reti di Anguissa e Rrahmani. Gli azzurri volano a 39 punti e superano almeno per il momento l’Atalanta, ferma a quota 38 e impegnata domenica contro l’Empoli.
Il Napoli parte forte e mette subito le cose in chiaro. Gli azzurri bussano già al 5’ alla porta di Leali, con Lukaku che di testa centra la traversa. Poi, intorno al quarto d’ora, è un altro colpo di testa a regalare il vantaggio agli uomini di Conte: Neres crossa, Anguissa brucia Frendrup e salta più in alto di tutti per l’1-0. Partita sbloccata, con Conte che esulta e se la ride in panchina insieme allo staff. Passano altri 8 minuti e il tecnico salentino esulta ancora per il raddoppio, firmato da Rrahmani: Lobotka crossa, il difensore stacca di testa e infila Leali. Due a zero all’intervallo. La squadra di Vieira torna in campo con un altro piglio: dopo pochi secondi, Pinamonti si fa vedere dalle parti di Meret con un bel tiro a giro dal limite, che chiama il portiere al gran colpo di reni, e poi accorcia le distanze al 51’. Palla perfetta di Vitinha e piattone in rete. La partita cambia qui: il Genoa prende coraggio e si affaccia spesso oltre la trequarti, mentre il Napoli ha da difendere ma trova spazi per lanciare le frecce in contropiede. A un quarto d'ora dalla fine, Conte si gioca i cambi davanti e butta dentro la coppia Simeone-Kvaratskhelia al posto di Lukaku e Neres. È una mossa che riaccende gli azzurri, che tornano pericolosi con i guizzi del georgiano. Il pericolo più grande degli ultimi minuti arriva però da Balotelli (entrato a una manciata di minuti dal novantesimo al posto di Miretti). Il cross dalla sinistra pesca in area l'attaccante, ma sulla deviazione è fondamentale l'intervento di Meret, che devia il pallone sul palo. Sospiro di sollievo per Conte, che soffre un po' e porta a casa tre punti d'oro. Per qualche ora, guarderà tutti dall'alto.
(Adnkronos) - Un bel Napoli batte il Genoa nell’anticipo del 17° turno di Serie A e si riprende la vetta della classifica almeno per una notte. A Marassi la squadra di Conte liquida 2-1 la pratica rossoblù, grazie alle reti di Anguissa e Rrahmani. Gli azzurri volano a 39 punti e superano almeno per il momento l’Atalanta, ferma a quota 38 e impegnata domenica contro l’Empoli.
Il Napoli parte forte e mette subito le cose in chiaro. Gli azzurri bussano già al 5’ alla porta di Leali, con Lukaku che di testa centra la traversa. Poi, intorno al quarto d’ora, è un altro colpo di testa a regalare il vantaggio agli uomini di Conte: Neres crossa, Anguissa brucia Frendrup e salta più in alto di tutti per l’1-0. Partita sbloccata, con Conte che esulta e se la ride in panchina insieme allo staff. Passano altri 8 minuti e il tecnico salentino esulta ancora per il raddoppio, firmato da Rrahmani: Lobotka crossa, il difensore stacca di testa e infila Leali. Due a zero all’intervallo. La squadra di Vieira torna in campo con un altro piglio: dopo pochi secondi, Pinamonti si fa vedere dalle parti di Meret con un bel tiro a giro dal limite, che chiama il portiere al gran colpo di reni, e poi accorcia le distanze al 51’. Palla perfetta di Vitinha e piattone in rete. La partita cambia qui: il Genoa prende coraggio e si affaccia spesso oltre la trequarti, mentre il Napoli ha da difendere ma trova spazi per lanciare le frecce in contropiede. A un quarto d'ora dalla fine, Conte si gioca i cambi davanti e butta dentro la coppia Simeone-Kvaratskhelia al posto di Lukaku e Neres. È una mossa che riaccende gli azzurri, che tornano pericolosi con i guizzi del georgiano. Il pericolo più grande degli ultimi minuti arriva però da Balotelli (entrato a una manciata di minuti dal novantesimo al posto di Miretti). Il cross dalla sinistra pesca in area l'attaccante, ma sulla deviazione è fondamentale l'intervento di Meret, che devia il pallone sul palo. Sospiro di sollievo per Conte, che soffre un po' e porta a casa i tre punti. Per qualche ora, guarderà tutti dall'alto.
Roma, 21 dic (Adnkronos) - Il concerto di Natale alla Camera "Morricone dirige Morricone", registrato questo pomeriggio nell'Aula di Montecitorio, sarà in onda su Rai 1, a cura di Rai Parlamento, lunedì 23 dicembre alle 15.30. Alla stessa ora sarà trasmesso anche sulla webtv della Camera e sul canale satellitare. Lo rende noto la Camera.
L'evento è introdotto dal Presidente Lorenzo Fontana. Il Maestro Andrea Morricone esegue molte delle celebri composizioni del padre Ennio. Il programma, introdotto dall'Inno italiano, abbraccia i brani più famosi, da "Gli Intoccabili" a "The Mission". A interpretare le musiche sono: l'orchestra Roma Sinfonietta, con la direzione del Maestro Andrea Morricone e il Coro Claudio Casini dell'Università di Roma Tor Vergata diretto dal Maestro Stefano Cucci. La direzione artistica è a cura di Luigi Lanzillotta.
Roma, 21 dic (Adnkronos) - “Le dimissioni del capo del Dap Giovanni Russo sono il segno evidente del fallimento delle politiche del governo sul carcere a fronte delle tragiche condizioni in cui versano". Lo dice Riccardo Magi.
"Sovraffollamento, suicidi, abusi, condizioni disumane indegne per un Paese europeo. Ed evidentemente sono anche il frutto del fatto che la linea portata avanti dal sottosegretario Delmastro Delle Vedove non ha favorito una visione e un approccio ai problemi del carcere compatibili con la Costituzione. Nordio riferisca in aula al più presto in aula e spieghi se sulle carceri vuole cambiare rotta o proseguire su questa linea disastrosa”, conclude il segretario di Più Europa.
Roma, 21 dic (Adnkronos) - "Le dimissioni di Giovanni Russo dal vertice del Dap sono una conferma del fallimento di una politica carceraria di questo Ministero, di questo Governo". Lo dicono la responsabile Giustizia Pd Debora Serracchiani, il capogruppo dem in Bicamerale Antimafia Walter Verini e i due capigruppo dem delle commissioni Giustizia Senato e Camera Alfredo Bazoli e Federico Gianassi.
"Questi due anni hanno aggravato una situazione difficile, con il dramma dei suicidi dei detenuti, con un sovraffollamento disumano, con condizioni difficilissime anche per il lavoro della Polizia Penitenziaria. E con risposte inesistenti e ciniche da parte di Ministro e Sottosegretari. Anche le condizioni di lavoro del Dap sono state rese certamente più difficili. Chiameremo Nordio a riferire alle Camere sulla gravità ulteriore della situazione", aggiungono.