Il pubblico ministero Lucia Russo, come anticipato da la Gazzetta di Parma, ha chiesto l'archiviazione del fascicolo sulle presunte violenze ai danni del boss
“Bernardo Provenzano non fu picchiato”. E’ questa la conclusione dell’inchiesta sulle presunte violenze subite dal boss detenuto in regime di 41 bis nel carcere di Parma fino allo scorso aprile. Il pm Lucia Russo, secondo quanto riportato da la Gazzetta di Parma, ha chiesto al gip l’archiviazione del fascicolo, già notificata alla difesa.
Il caso era emerso nel maggio dello scorso anno dopo una puntata di ‘Servizio pubblico’ su La7, quando fu trasmesso in esclusiva un video del 15 dicembre 2012 in cui il capomafia era a colloquio con i familiari. Il figlio Francesco Paolo gli chiedeva: ‘Pigghiasti lignate?’. E lui: ‘Lignate, sì. Dietro i reni’. Ma per la procura il grande livido sulla testa mostrato nel video era invece frutto di una caduta in cella, non l’unica, provocate da una stato degenerativo del boss 81enne che ha compromesso pressoché totalmente le sue capacità e il controllo dei movimenti. Le relazioni mediche acquisite dalla Procura dopo quell’episodio concordano nel ritenere che le lesioni sono compatibili con una ‘dinamica da caduta’.
Cartelle cliniche, relazioni mediche e decine di testimoni: la procura ha cercato così di ricostruire i giorni di permanenza del boss in via Burla a Parma. Il detenuto l’8 aprile 2014 è stato trasferito nel carcere di Opera a Milano ed è stato ricoverato all’ospedale San Paolo. Il 10 ottobre scorso il tribunale di sorveglianza di Milano ha respinto la richiesta di differimento pena per il padrino corleonese gravemente malato, sollecitata d’ufficio dal magistrato di sorveglianza, sia quella di detenzione ospedaliera avanzata dai legali Rosalba Di Gregorio e Franco Marasa. “Il boss Bernardo Provenzano”, scrivono i giudici, “è gravemente malato, incapace di comunicare e non è più pericoloso. Nel reparto dell’ospedale milanese San Paolo, in cui è detenuto, gli vengono assicurate le cure di cui ha bisogno, sospendergli la pena e farlo uscire o spostarlo da dove viene monitorato quotidianamente con attenzione selettiva, gli creerebbe un danno”.