Sapete che amo infliggermi punizioni politiche che in realtà sono da considerare alla stessa stregua di quelle corporali con l’unica differenza che non c’è vero spargimento di sangue. E non c’è davvero nulla di peggio, di meno entusiasmante, di più depressivo, della diretta streaming di una direzione Pd (peraltro l’unico partito rimasto) o di una manifestazione sindacale. Per festeggiare degnamente questo surplus di masochismo in un sabato tutto italiano, ho buttato un occhio alla diretta della «Leopolda 5», mantenendo l’altro su piazza San Giovanni dove la Cgil aveva organizzato la sua contro-kermesse. Entrambe ultradepressive per uno slalom parallelo comunque significativo.
La Leopolda si configura in «tavoli», trenta, quaranta, cinquanta, tutti rotondi e attovagliati per argomenti. L’immagine rimanda a tre fotografie sociali: la prima è quella delle sale Bingo, dove signore anche un po’ tristarelle si giocano le ultime cartelle, scena assai melanconica ma non struggente. La seconda è tutta americana e ricorda decisamente quelle cene elettorali, dove si paga un tot per respirare l’aria del candidato: in fondo per che cosa hanno fatto la calca (per entrare) tutti i leopoldini, famosi e non, se non respirare l’aria renziana e con lui disintossicarsi i polmoni? La terza, forse la più vicina alla realtà, sono quei tipi un po’ strani, che alcuni definirebbero nerd ma ho qualche dubbio, che si ritrovano in certi luoghi privati e non (anche negozi specializzati) e lì, sui tavoli, si combattono con dei mazzi di carte composti da mostri e affini, roba che se passi di lì per caso e dai uno sguardo, poi vai subito dallo psicanalista. Ecco i “leopoldini” sono un mix di questa roba qui.
Piazza San Giovanni è piazza San Giovanni. Dal punto di vista della scenografia non ci sono sorprese, ma se è per questo neppure la Leopolda sfonda la barriera della modernità e del design se l’idea principale è ancora quella del garage (di Steve Jobs e altri). La novità della Cgil è che per prevenire l’accusa di immobilismo e di vecchiezza, il microfono dei presentatori passa e tre pischelletti sui vent’anni, che ci dicono subito che “siamo qui per divertirci”. E molti degli interventi saranno “giovani” – tema centrale la precarietà – quasi un meccanismo da concertone del Primo Maggio. Mentre piazza San Giovanni è decisamente antagonista, in ogni intervento Renzi è l’obiettivo sensibile, dal palco della Leopolda la risposta è politicamente corretta e anche un po’ ipocrita. Prima della pausa pranzo, perché alla Leopolda il panino con la mortazza non va ancora tantissimo, una delle relatrici/presentatrici augura ogni bene alla manifestazione della Cgil “perché siamo dalla stessa parte e vogliamo cambiare insieme il mondo del lavoro”.
C’è un punto di sintesi possibile tra queste due piazze di sinistra, ammesso che una sia la sinistra antica e l’altra quella moderna e riformista? Se c’è, ai nostri occhi il punto di sintesi vira verso la mestizia (antica e moderna) e la necessità di una passerella (antica e moderna). Altri punti di contatto è difficile trovarne. Ma soprattutto, viste, esaminate, ascoltate le piazze, sale imperiosa una domanda: un uomo sinceramente di sinistra, moderno, totalmente nel suo tempo, che abbia a cuore solidarietà e mercato, ha soltanto Matteo Renzi come suo inevitabile approdo?