A Catona, in provincia di Reggio Calabria, gli studenti della scuola elementare sono stati trasferiti in un centro civico in periferia. Intanto l'edificio centrale è inagibile da 5 anni e i lavori ancora non sono iniziati
Lezioni negli uffici comunali e classi divise con mura di cartongesso. Le finestre non sempre ci sono, e se sono state ricavate, affacciano sul corridoio interno. Il riscaldamento non funziona: se viene acceso salta la corrente e si è costretti a usare singole stufette elettriche. La scuola elementare “Lombardo Radice” di Catona (Reggio Calabria) è inagibile da più di cinque anni. Chiusa da febbraio 2013, ancora aspetta l’inizio dei lavori. E così le diciotto classi dell’Istituto comprensivo sono state trasferite nelle sedi periferiche. Tra queste c’è il centro civico di Arghillà, ovvero un quartiere dormitorio dove la precedente amministrazione comunale, guidata dall’ex sindaco Giuseppe Scopelliti, ha concentrato la comunità rom realizzando un ghetto di spaccio, abusivismo e prostituzione. In attesa della messa in sicurezza della scuola (che costerà circa 800mila euro), i bambini fanno lezione in un edificio che era stato progettato per ospitare gli uffici comunali. Per adattarlo, sono stati utilizzati dei pannelli per separare una classe dall’altra.
La data annunciata per l’inizio della ristrutturazione dell’edificio centrale a Catona avrebbe dovuto essere il 30 luglio 2014. Dopo mesi di disagio, e ospitati in locali che erano destinati invece a uffici comunali, per quella data gli alunni della scuola primaria sarebbero dovuti ritornare nel plesso centrale del quartiere della periferia nord di Reggio Calabria. Plesso che era stato chiuso nel febbraio 2013 a causa delle condizioni di inagibilità che, da anni, richiedevano interventi urgenti (mai però eseguiti) sul piano dell’adeguamento strutturale e di riqualificazione straordinaria.
Fino ad allora si era andati avanti con autorizzazioni firmate dagli ex sindaci che si assumevano la responsabilità di fare accedere i bambini nell’edificio. Arrivati i commissari, dopo lo scioglimento del Comune di Reggio per infiltrazioni mafiose, non sono stati più disposti a firmare le autorizzazioni e hanno emesso un’ordinanza con la quale hanno vietato l’accesso all’istituto comprensivo non agibile. Da allora è trascorso un anno e mezzo. L’appalto è stato assegnato poche settimane fa e il cantiere non è ancora stato consegnato all’impresa.
“Erano cinque anni che i ragazzi stavano in un locale inagibile. – spiega il presidente del Consiglio di Istituto, Maurizio Malaspina, rappresentante dei genitori – Ci avevano detto che il Comune aveva i soldi, che il progetto era già in fase avanzata. Ci avevano prospettato che ci sarebbe stato un anno di disagio. In una prima fase i ragazzi hanno fatto i turni pomeridiani. Poi però ci siamo mobilitati perché la situazione non sarebbe potuta durare addirittura un anno. Così abbiamo cercato di favorire la scelta di un edificio pubblico che potesse ospitare le classi. L’unico era il centro civico di Arghillà che era di recente costruzione. Il Comune ha speso 80mila euro per adeguare la struttura che oggi ospita le classi”. Nel frattempo però, i lavori a Catona non sono ancora iniziati. “Abbiamo scoperto”, continua Malaspina, “che il progetto non era stato realizzato con tutti i criteri e si era bloccato al genio civile che ha chiesto parecchie volte di modificarlo. Il progetto ci ha messo un anno e mezzo per arrivare alla Suap (Stazione unica appaltante). Oggi la Suap ha espletato la gara e stiamo aspettando l’affidamento dei lavori da parte del Comune”. E se qualcosa potrebbe sbloccarsi presto, la preoccupazione è per l’anno scolastico appena cominciato: “Arghillà è una soluzione rattoppata: ha un impianto di riscaldamento che non è mai entrato in funzione perché quando lo accendono salta la corrente. L’anno scorso i ragazzi hanno compensato con le stufette. Il problema è che non abbiamo interlocutori perché il dirigente del Comune non ci risponde più”. Gli fa eco Giuseppe Giustra, un altro genitore componente del consiglio di istituto: “Noi chiediamo solamente di riavere la nostra scuola”. E ancora, un’altra rappresentante degli studenti Domenica Grillo: “La difficoltà maggiore è la mancanza di normalità e di stabilità per i nostri ragazzi che per fortuna hanno intorno docenti e personale della scuola che fanno di tutto per far pesare loro il meno possibile questa situazione. Ma non c’è nessun laboratorio, nessuna palestra, nemmeno un cortile. Il centro civico di Arghillà ha solo un parcheggio e può essere pericoloso”.
Rincara la dose il segretario dell’Istituto comprensivo Michelangelo Tripodi, ex assessore regionale ed esponente dei Comunisti Italiani. “Di fatto – sottilinea – c’è una totale insensibilità rispetto ai problemi scolastici”. Tripodi punta il dito contro la politica che in tanti anni non ha saputo dare risposte agli studenti: “La scuola non dà voti e con la scuola non si fanno affari evidentemente. Non si investe e questo è il frutto di una totale assenza di sensibilità. Viviamo un disagio che colpisce in modo micidiale i bambini che avrebbero diritto alle maggiori tutele”.