Il debito pubblico italiano tra 2012 e 2014 è aumentato di 9,4 punti percentuali. Lo ha reso noto la Banca d’Italia, nel documento depositato in Parlamento nell’ambito delle audizioni sulla nota di aggiornamento al Def. Nella nota sono riportate anche le stime al 2018. E Palazzo Koch prevede che l’indebitamento netto, in quell’anno, potrebbe essere superiore di circa 0,3 punti percentuali rispetto alle stime del governo, qualora il differenziale di rendimento tra i titoli di Stato italiani a dieci anni e gli equivalenti tedeschi (spread) rimanesse quello del 2015. Dal conteggio vengono esclusi il sostegno finanziario ai Paesi europei in difficoltà e gli effetti del pagamento dei debiti commerciali della pubblica amministrazione. Secondo le tabelle di Bankitalia, gli aiuti versati all’Italia ammontano complessivamente a 60,3 miliardi, di cui 47,2 miliardi erogati dal 2012 al 2014. Al netto di queste uscite, il debito è stato pari al 119,6% del Pil nel 2012 e al 124,4% l’anno successivo.

Tenendo conto di una “disomogeneità contabile” tra il 2013 e il 2014, le entrate tributarie dello Stato sono leggermente diminuite. Ma palazzo Koch avverte: ”A questo calo potrebbe contrapporsi un aumento di gettito delle amministrazioni locali, legato alle imposte immobiliari”. Nel documento si ricorda poi che nei primi nove mesi di quest’anno le entrate contabilizzate nel bilancio dello Stato per le entrate di lotto e lotterie sono aumentate di circa mezzo punto percentuale rispetto allo stesso periodo del 2013. In particolare le imposte dirette sono calate di 3,8 miliardi (-2,4%), mentre quelle indirette sono cresciute di 5 miliardi (+4,2%) per effetto dell’aumento dell’aliquota ordinaria Iva in vigore da fine 2013.

La Banca centrale italiana precisa che, nel lungo periodo, la sostenibilità delle finanze pubbliche dovrà essere assicurata dalle azioni di riforma che “siano idonee a rilanciare il potenziale di crescita dell’economia”. Vanno inoltre rispettati, nei prossimi anni, “i programmi che prevedono il mantenimento di un significativo avanzo primario”. Sullo scenario programmatico gravano “soprattutto rischi al ribasso. Il riavvio della ripresa presuppone un punto di svolta imminente nell’attività di investimento, il cui verificarsi appare soggetto a crescente incertezza alla luce della persistente debolezza degli indicatori di fiducia delle imprese”. A incidere, infatti, è la flessione dei prestiti che ”si è attenuata nell’anno ma non interrotta”.

L’eventualità di sviluppi internazionali “meno favorevoli, una prosecuzione del peggioramento del clima di fiducia di famiglie e imprese, e le condizioni ancora deboli dei mercati immobiliare e del lavoro potrebbe comportare una ripresa dell’attività economica più graduale” di quanto appare nella nota di aggiornamento del Def.
Secondo il programma del governo il ricorso graduale a possibili privatizzazioni “costituisce un elemento di rilievo” della strategia di consolidamento della finanza pubblica. Per questo, sottolinea via Nazionale, “è importante procedere con decisione e speditamente, facendo anche tesoro delle esperienze di altri paesi affinché il piano venga rispettato e se ne valuti una possibile accelerazione”. Notazione quanto mai attuale nel giorno in cui il presidente di Ferrovie dello Stato, Marcello Messori, rimette al cda la delega sulla privatizzazione del gruppo. Mentre Poste Italiane, anch’esse in rampa di lancio per la quotazione, sono alle prese con la levata di scudi dei sindacati contro il piano industriale che stando alle anticipazioni prevede oltre 17mila esuberi.

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