Oggi io torno in classe. Non sono stato alla manifestazione della Cgil ma cos’è cambiato ora che siete andati in piazza? Stamattina sarò in aula, in una scuola senza personal computer, dove solo il 10% delle primarie è connesso con una rete veloce. Continuerò ad avere lo stesso stipendio, il più basso d’Europa. I bagni delle nostre scuole continueranno a non avere la carta igienica, i soldi per fare i viaggi d’istruzione, i fondi per i progetti d’educazione alla sessualità, di cittadinanza, per i migranti. Le famiglie dei miei alunni, dove spesso lavora solo il padre, continueranno a contribuire al funzionamento della scuola, gettandosi sui materassi, raccogliendo fondi con banchetti, vendendo torte e salamelle.
Vi è piaciuto andare a Roma, sventolare la bandiera rossa, lanciare i palloncini in cielo? Ho visto su Facebook le vostre fotografie: ho provato affetto, lo dico con sincerità ma allo stesso tempo rabbia perché con voi sfilavano uomini che dal sindacato sono passati alla poltrona di sindaco e da quella al Parlamento Europeo. Con voi c’erano volti che vedo fin da quando ero bambino: ripetevano le stesse frasi di sempre, la stessa litania. Con gli operai dei Grandi Salumifici di Modena, della Moto Guzzi di Lecco, della Candy di Brugherio, c’erano tanti, troppi sindacalisti professionisti che cambiano di categoria in categoria pur di non tornare alla catena di montaggio. Alla Leopolda c’erano i professionisti della politica; in piazza San Giovanni i professionisti del sindacato. Entrambi di lavoro parlano, ma non l’hanno mai sperimentato. La Camusso è dal 1977 che fa la sindacalista.
Che cos’è rimasto della vostra manifestazione? L’urlo della Susanna Camusso: “Se qualcuno pensa che questa sia una fiammata si sbaglia. Noi ci siamo e noi ci saremo ancora. Con gli scioperi articolati e anche lo sciopero generale?” Vi siete accorti che gli italiani non possono più permettersi di perdere cinquanta euro per fare sciopero?
Un caro amico mi ha scritto: “Mi spiace che oggi non ci sei stato, avresti visto con i tuoi occhi che c’è un mondo che non vuole rassegnarsi, che vuole incalzare il sindacato, affinché assumi una volta per tutte una piattaforma chiara e porti con determinazione avanti una battaglia vincente”. Son certo che c’è chi non vuole fermarsi davanti al televenditore di palazzo Chigi ma non è certo affidandosi al rito di una Camusso di turno che si potrà vedere la svolta di questo Paese. Chi è stato a piazza San Giovanni ha solo celebrato una svolta storica, l’ennesima: il funerale del Centro Sinistra. Oggi non siamo più contro il Centro Destra, contro Silvio Berlusconi. Ma gli uni contro gli altri. La fotografia è delle più tristi della storia di questo Paese. Alla Leopolda l’arte della retorica, le battute da palcoscenico di Zelig, la messa in scena della fiera del leaderismo.
Forse anziché andare in piazza la Cgil non avrebbe fatto meglio ad intervenire sulla “Buona Scuola” organizzando incontri per discutere di una riforma vitale al rilancio dell’Italia? Forse il sindacato non avrebbe fatto una buona cosa ad andare nelle piazze, nelle biblioteche, nelle fabbriche a discutere il Jobs Act?
Caro sindacalista quanto è costata questa manifestazione? Oggi Marta che lavora in un fast food, sarà lì con uno stipendio da fame e nessun diritto, nonostante la tua manifestazione. Stamattina chi non ha un lavoro sarà di nuovo all’ufficio dell’impiego, ai servizi sociali del Comune. Quell’amico laureato in scienze politiche si sveglierà all’alba per andare a caricare e scaricare merci all’ortomercato. Maria, proverà ad avere un altro contratto da 24 ore al museo. E Chiara, per sette, dico sette euro lorde all’ora, assisterà in un’aula un ragazzino gravemente disabile.
E tu, caro sindacalista, stamattina seduto nel tuo ufficio, ti cullerai di quel numero, di quel milione!