Tre giorni di guerriglia che gettano il Libano nel calderone bollente del Medio Oriente. Il centro storico di Tripoli, città libanese situata 85 chilometri a nord della capitale Beirut, è scenario di scontri tra militari governativi e milizie jihadiste che, si pensa, possano essere legate all’Isis. “Tripoli non sarà presa in ostaggio da un pugno di terroristi”, ha dichiarato il primo ministro libanese, Tammam Salam, ma dopo i primi giorni di scontri si contano dieci militari, cinque civili e una ventina di miliziani uccisi. Ciò che preoccupa maggiormente il governo di Beirut, però, è il fatto che i terroristi abbiano sequestrato uno dei militari impegnati nell’offensiva contro le postazioni dell’Isis, Fayez al-Ammouri, minacciando di ucciderlo se non sarà fermata l’operazione antiterroristica. Nella serata di domenica, l’esercito ha affermato di aver ripristinato la sicurezza nelle zone teatro degli scontri, anche se si contano ancora episodi di violenza in alcune zone del nord del Libano.
Per le strade e all’interno del suq patrimonio dell’Unesco è scoppiato il caos, con alcuni abitanti che sono fuggiti dalle loro case e altri che, invece, sono rimasti intrappolati in quartieri scenario degli scontri. Queste violenze rischiano di gettare il Libano in una spirale di violenza che potrebbe creare una situazione d’instabilità all’interno del Paese simile a quella della maggior parte degli stati mediorientali. Altre violenze si sono registrate nella periferia di Tripoli, tra località-roccaforte dell’Islam sciita e sunnita. Proprio tra queste rivalità vive da decenni possono inserirsi i gruppi jihadisti in cerca di terreno fertile dove poter stabilire il proprio controllo, in contrasto con l’azione di Hezbollah che, invece, da anni cerca di favorire un predominio sciita in queste aree.