“Un caso di indifferenza umana”. Così l’ha battezzato il sostituto procuratore Nicola Proto nella sua requisitoria, al termine della quale ha chiesto un anno e due mesi di reclusione per tutti gli imputati di omissione di soccorso nella morte di Sahid Belamel. Il giovane di 25 anni, di nazionalità marocchina, morì la notte del 14 febbraio 2010 nella periferia di Ferrara. L’autopsia dirà assideramento. Prima dell’ultimo respiro Sahid passò ore di agonia. Il 25enne si era allontanato a piedi dal locale, cadendo in una canale e riemergendo fradicio e infreddolito. Dopo essersi spogliato, provò disperatamente ad orientarsi per tornare in città, senza esito. Verrà trovato ormai in fin di vita alle 8 di mattina da una guardia giurata – la prima e unica persona a fermarsi per soccorrerlo. Un video di una telecamera di sicurezza di un’azienda lo riprese mentre gridava aiuto, mezzo nudo dopo i postumi di uno sballo in discoteca, con le mani aggrappate all’inferriata del cancello. Sullo sfondo un via vai di fanali nemmeno troppo curiosi di automobilisti che, pur notandolo in quelle condizioni, passano oltre. Nessuno si fermò per aiutarlo. Nessuno di loro chiamò soccorso.
Quelle immagini, che rimbalzarono oltremare fino a raggiungere la famiglia del ragazzo, costituitasi poi parte civile attraverso l’avvocato Gianluca Filippone, ispirarono anche un film, Carta Bianca, del regista colombiano di Andres Arce Maldonado. Intanto, fuori dalla pellicola, la responsabilità di quei fatti è stata individuata dalla procura di Ferrara in quattro imputati. L’amico che accompagnò Sahid quella sera e se ne tornò dentro la discoteca con il suo telefonino, Mounir Zouina (per lui un anno e due mesi); Sandro Bruini, addetto alla sicurezza e Paolo Nicolini, addetto al parcheggio della discoteca, che lo allontanarono più volte dall’ingresso del locale (un anno per entrambi); e Paolo Campagnoli, il tassista che si rifiutò di portare a casa Sahid a causa delle sue condizioni (sei mesi). Questo perché, riprendendo le parole del pm “il dovere di solidarietà che la norma eleva a obbligo è venuto meno in tutti i soggetti che si sono imbattuti in Sahid. Un comportamento omissivo che ha contribuito a cagionare la morte del giovane”. Oltre alla pena detentiva, il giudice Alessandra Testoni li ha condannati in solido al pagamento di 100mila euro di risarcimento, con una provvisionale di 50mila euro, oltre al pagamento di ulteriori 4mila euro per le spese processuali.