Nel mirino di cosa nostra “c’erano il Presidente della Camera e Senato” in quanto cariche istituzionali e non la persona Giorgio Napolitano. Lo scrive in una nota Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili, sulla deposizione del capo dello Stato nel processo sulla trattativa Stato-mafia. “Le esaurienti risposte del Presidente Giorgio Napolitano, tali definite dal nostro avvocato – si legge nella nota – hanno messo i puntini sulle “i“, là dove sia fugato ogni dubbio che le note del SISMI rivelano un attacco allo Stato in quel 1993 nelle figure istituzionali e non nei soggetti singoli. Ovvero nel mirino di “cosa nostra” c’erano il Presidente della Camera e Senato e non Giorgio Napolitano in quanto tale. Nessuno di noi ha mai pensato che il nome e cognome Giorgio Napolitano fosse nel mirino di Riina bensì ciò che rappresentava quale carica istituzionale”. Maggiani Chelli si riferisce al contenuto di una nota depositata a metà ottobre agli atti del processo sulla trattativa: un’informativa con cui nell’agosto del 1993 il Sismi informava il ministero dell’Interno, della Difesa, i Carabinieri, la Guardia di Finanza e il Sisde che nel 1993 esisteva un rischio attentati nei confronti di Giorgio Napolitano e Giovanni Spadolini, all’epoca presidenti di Camera e Senato.
“Quello che a noi non torna però – continua Maggiani Chelli – è perché questi documenti chiarificatori saltano fuori solo dopo 22 anni, e nessuno ne ha mai parlato e perché il SISMI e il SISDE che si diedero tanto da fare con giuste note informative intorno alle cariche istituzionali, non hanno saputo proteggere con altrettante note le vittime di via dei Georgofili. In sede di saga giornalistica , dopo l’uscita della Corte dal Quirinale, abbiamo inoltre ascoltato il filosofo Cacciari asserire che con la barbarie si tratta e a chi tocca, tocca , è dovere di uno Stato trattare ha detto Massimo Cacciari, portando ad esempio le trattative di guerra con i Nazisti. Si vergogni il Prof. Cacciari e se ne faccia una ragione , con una struttura criminale come cosa nostra non si tratta, come del resto fu per le brigate rosse, ma si arresta e si butta via la chiave”.