Dopo un lungo tergiversare, i Paesi europei hanno raggiunto durante l’ultimo Consiglio un accordo sul pacchetto clima-energia. Dal precedente obiettivo “20-20-20 al 2020” (ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra, portare al 20% il risparmio energetico e aumentare di altrettanto il consumo di energia da fonti rinnovabili) si passa a “40-27-27 al 2030”. Tradotto: meno 40% per le emissioni di gas serra e più 27% di rinnovabili ed efficienza energetica, il tutto nell’arco di 40 anni (dal 1990). Un compromesso tra chi puntava a obiettivi più ambiziosi e i veti di chi spingeva per maglie più larghe. L’accordo ha ricevuto il plauso di governo e Confindustria, mentre è visto come un altro grattacapo per ambientalisti e associazioni di settore. Già afflitto dalle spade di Damocle dei tagli agli incentivi alle rinnovabili e dello “sblocca-trivelle” decisi dal premier Renzi, il mondo green ha definito l’intesa “deludente”, “debole”, “completamente inadeguata”, “incoerente”, “inferiore alle più pessimistiche previsioni”. Inoltre, è il ragionamento degli ambientalisti, l’esecutivo italiano è doppiamente responsabile, visto che ha la presidenza di turno dell’Unione europea.
Nel mirino, in particolare, finisce la decisione di rendere vincolante a livello nazionale solo l’obiettivo per la riduzione delle emissioni. Per quel che riguarda rinnovabili ed efficienza energetica, invece, il target è obbligatorio solo a livello comunitario. Gli obiettivi saranno raggiunti “nel pieno rispetto della libertà degli Stati membri di determinare il proprio mix energetico“, hanno deciso i capi di Stato e di governo dei 28 Stati membri. Sul risparmio energetico, inoltre, l’obiettivo del 27% è inferiore di tre punti percentuali rispetto alle cifre di cui si parlava prima dell’accordo: la Commissione aveva proposto il 30%, l’Europarlamento il 40. L’esecutivo Ue dovrà indicare i settori da cui possono essere ottenuti i maggiori guadagni di efficienza e dovrà proporre le relative misure a livello Ue. Vista la crisi russo-ucraina, nell’accordo si parla anche di sicurezza degli approvvigionamenti di gas: bisognerà realizzare il prima possibile il corridoio Nord-Sud, il corridoio Sud e un nuovo hub del gas in Europa meridionale. Dovrà poi essere “migliorata la gestione della capacità di rigassificazione del Gnl (gas naturale liquefatto) e degli stoccaggi per poter affrontare al meglio le situazioni di emergenza”. L’intero pacchetto passerà a breve al vaglio della Commissione e del Parlamento europeo.
“Con l’accordo sul clima l’Europa ha scelto di stare in prima linea”, ha commentato il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti. Sulla stessa linea Confindustria, che ha sottolineato il ruolo svolto dal governo italiano “per assicurare che gli obiettivi di sostenibilità ambientale siano perseguiti salvaguardando la competitività delle imprese”. In molti avevano però chiesto obiettivi molto più ambiziosi. Il Movimento 5 Stelle puntava a una riduzione entro il 2030 delle emissioni di gas serra di almeno il 55% rispetto al 1990, un aumento del 45% di rinnovabili e del 40% di efficienza rispetto al 2005. Il Wwf Italia parla di “risultato debole” e di target “completamente inadeguati”, Green Italia di obiettivi che “non solo indeboliscono la politica climatica Ue, ma ne mettono a rischio l’indipendenza energetica”. Legambiente dice che “l’Italia si è limitata a svolgere un ruolo semplicemente notarile di presidente di turno della Ue”. L’associazione dei produttori da fonte eolica, Anev, sottolinea che senza obiettivi obbligatori a livello nazionale lo sviluppo delle rinnovabili “sarà compromesso e si metterà a rischio un intero comparto industriale”. Assorinnovabili da parte sua ritiene che “i capi di governo dell’Unione europea si siano limitati al compitino, rimanendo sordi agli inviti di maggior coraggio che fino all’ultimo sono arrivati dal settore della green economy e perdendo lo slancio rivoluzionario che aveva caratterizzato il pacchetto 20-20-20”. Infine, Free (Coordinamento Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica) definisce l’accordo “inferiore alle più pessimistiche previsioni”.
L’intesa non piace neanche alle associazioni europee, anche se in Italia la situazione è aggravata, secondo gli ambientalisti, dalle recenti scelte legislative del governo Renzi: il decreto spalma-incentivi, che riduce i sussidi ai grandi impianti fotovoltaici, e lo sblocca-Italia, che velocizza gli iter autorizzativi e punta ad incrementare la produzione di greggio. Per i Verdi “il ministro Galletti, di fatto, rappresenta gli interessi dell’energia fossile perseguendo una linea ammazza rinnovabili che in Italia si sta realizzando con il decreto spalma incentivi e con le norme del decreto sblocca Italia che hanno come obiettivo di raddoppiare la produzione di petrolio nel nostro Paese”.