“Non c’è più il posto fisso, ma non perché l’abbiamo scelto noi. Non c’è più il posto fisso perché è cambiato il mondo. […] E’ cambiato tutto. E allora, siccome è cambiato tutto, cosa fa un partito di sinistra? Fa un dibattito ideologico sulla coperta di Linus, o crea le condizioni perché chi perde il posto di lavoro, nel momento in cui lo perde, abbia lo Stato che si fa vicino?”.
Con queste parole, pesanti come macigni, ragionevoli, di buon senso (eddai, come si fa a non essere d’accordo?), da buon padre di famiglia, Matteo Renzi, presidente del Consiglio dei ministri, ci ha salutati dalla Leopolda. E poi, siamo onesti e diciamo le cose come stanno, si vede da come parla che la sa lunga, che non dice fandonie. Inoltre, il presidente sembra proprio un amico, uno di noi, cita persino Linus van Pelt, il miglior amico di Charlie Brown, quello che era devoto al Grande Cocomero, per intenderci. Io ci ho un debole per Linus e, quindi, gli credo subito. Insomma, se il posto fisso non c’è più, non c’è più. Renzi lo saprà, mica è uno che crede al Grande Cocomero, lui.
Così, prevedendo i discorsi fetidi e noiosi di molti miei amici e colleghi (“Renzi non sa quel che dice”, oppure “Renzi mente sapendo di mentire, perché vorrebbe estendere l’esercito di lavoratori precari, senza diritti e ricattabili, così da sottomettere tutti i lavoratori agli interessi dell’impresa”), e volendoli “stendere” tutti usando anche i numeri (perché qui bisogna avere un principio di realtà, cazzo!, non si può mica credere che l’iPhone funzioni con il gettone), sono andata a controllare i dati.
Per essere “inattaccabile” ho scelto di consultare quel pesantissimo e serissimo Rapporto Cnel sul “Mercato del Lavoro 2014”, mica la striscia di noccioline (Peanuts). Pagina dopo pagina, leggevo e sorridevo, contenta di poter finalmente ricavare i dati e gli strumenti che mi servono per “sistemare” tutti quei gufi dei miei amici, che resistono al mondo nuovo.
Ecco, ci siamo: “In Italia – dice il Rapporto – l’86% degli occupati è inquadrato con un contratto “permanente”, mentre quelli “a termine” sono poco più del 13%”. Ma attenzione: era così nel 2013, nel 2012 e perfino nel 2008, prima cioè che iniziasse la “grande crisi”. Ma che significa? Questi del Cnel mi vogliono smentire il presidente? Ma siamo impazziti? E la drammatica discriminazione tra la gran massa di “precari” e i pochi lavoratori “garantiti”, che non vogliono proprio capire che se la maggior parte lavora senza diritti devono anche loro rinunciarci, sennò di che solidarietà tra lavoratori parliamo? Tutto ciò vi sembra poco?
Vabbé, si sa, le percentuali esistono per confondere le menti. E’ meglio se guardiamo direttamente i numeri reali. Dunque, si diceva: su 16 milioni 878 mila dipendenti complessivi, 14 milioni e 650 mila sono permanenti, ossia lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato, di cui 12 milioni a tempo pieno e 2,5 milioni a tempo parziale. Mentre i lavoratori dipendenti a termine sono 2 milioni 230 mila, di cui 1 milione 592 mila a tempo pieno e 638 mila a tempo parziale. E poi, sostiene sempre il Rapporto, ci sono 5 milioni e 542 mila lavoratori indipendenti (se sono partite Iva vere o finte non è dato saperlo).
Bene, mi sembra evidente che dai dati ufficiali si evince in maniera lampante che ha ragione il presidente Renzi: in Italia ci sono circa 14 milioni di lavoratori col posto fisso che resistono al nuovo e che bisogna far sparire, per mettere fine, finalmente, alla piaga della discriminazione tra questi e i circa 2 milioni e 230 mila con contratti brevi e brevissimi.
E poi c’è chi parla ancora della coperta di Linus, o addirittura crede al Grande Cocomero. Pfui!