Giuseppe Plutino, un tempo fedelissimo del governatore Scopelliti, è accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Secondo i pm "forniva un concreto e volontario contributo alla cosca Caridi"
Il pubblico ministero Stefano Musolino ha chiesto 18 anni di carcere per Giuseppe Plutino, l’ex consigliere e assessore all’Ambiente del Comune di Reggio Calabria accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Nell’aula bunker della città dello Stretto, si è tenuta la requisitoria del processo “Alta tensione 2” contro la famiglia mafiosa Caridi federata con la più importante cosca Libri. Il processo è agli sgoccioli e, complessivamente, il pubblico ministero ha chiesto due secoli di carcere per i 15 imputati che hanno scelto il rito ordinario.
Alla sbarra anche il politico di centrodestra, un tempo fedelissimo dell’ex sindaco e governatore Giuseppe Scopelliti. Per la Procura e per il gip che aveva disposto il suo arresto nel 2012, Plutino “forniva un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo alla cosca Caridi come referente politico del sodalizio, destinatario delle preferenze elettorali, ricevute sia dagli affiliati, sia da parte di terzi ma raccolti in suo favore dagli esponenti della cosca nel corso di varie consultazioni elettorali, con particolare riferimento a quelle per l’elezione del Consiglio comunale di Reggio Calabria del maggio 2011, anche mediante sistemi di alterazione della libera competizione elettorale e di controllo della libertà di voto”.
L’ex assessore comunale all’Ambiente è cugino di Domenico e Filippo Condemi, considerati boss nel quartiere San Giorgio Extra, nella periferia sud di Reggio. Per il primo sono stati chiesti 25 anni di reclusione mentre per il secondo la pena auspicata dalla Procura è di 10 anni. Nel processo è imputato anche il poliziotto Bruno Doldo per il quale il pm Musolino ha chiesto 4 anni di carcere. L’ex agente della Digos, secondo i magistrati, avrebbe informato la cosca Condemi circa le indagini in corso.
Al centro dell’inchiesta c’è anche una tentata estorsione ai danni del consigliere regionale Giovanni Nucera (oggi anche lui indagato) che sarebbe stato pressato da Plutino e dai Condemi i quali avrebbero voluto imporre l’assunzione di un parente nella struttura del politico. Nel corso del dibattimento, l’accusa iniziale di concorso esterno, contestata a Plutino dalla Dda, è stata cambiata con quella più pesante dell’associazione mafiosa. Durante la requisitoria, infatti, il pm Musolino ha descritto lo “Scopelliti boy” come “il referente della cosca Caridi-Borghetto-Zindato all’interno delle istituzioni. È cresciuto politicamente attraverso queste dinamiche. La ‘ndrangheta aveva bisogno di infiltrarsi nelle istituzioni e tramite Plutino questo è avvenuto”.