A due anni dal terremoto, gli abitanti ancora costretti a vivere nei moduli abitativi temporanei. E a causa della crisi economica non mancano gli episodi di occupazioni non autorizzate
Per la legge erano abusivi, perché occupavano i moduli abitativi provvisori allestiti nella bassa dell’Emilia Romagna dopo il terremoto del maggio 2012 senza averne diritto. Così a Mirandola, città della provincia di Modena duramente colpita dai fenomeni sismici di due anni fa, quattro famiglie originarie del Marocco e della Tunisia sono state sgomberate dalle forze dell’ordine, dopo una trattativa durata mesi, e le proteste di chi si era stabilito all’interno dei container in maniera irregolare. Secondo la normativa, infatti, ad avere diritto al modulo abitativo, o map, sono le famiglie che in seguito alle scosse hanno perso la propria casa o l’abitazione occupata in affitto, purché il proprietario abbia manifestato la volontà di ricostruirla e ripristinare il contratto di locazione. Chi ad esempio aveva ricevuto lo sfratto prima del terremoto al map non ha diritto. Quindi a Mirandola sono arrivati i primi sgomberi, e altri potrebbero scattare nei prossimi mesi. Ma anche a Novi di Modena, spiega il sindaco Luisa Turci, “si sono verificati episodi simili. Non parliamo solo di cittadini di origine straniera, però, ma anche di italiani che magari hanno perso il lavoro, e piuttosto che andare in affitto hanno deciso di rimanere nei container, che non saranno la soluzione abitativa ideale ma sono gratuiti, eccezione fatta per le bollette di luce e gas”. O ancora di casi in cui alla famiglia il proprietario dell’abitazione ha deciso di non rinnovare il contratto di locazione dopo il terremoto, con conseguente perdita del diritto al container. “Non possiamo, quindi, parlare solo di furbetti – sottolinea Turci – perché in Emilia il terremoto ci ha lasciato in eredità una crisi economica e occupazionale fortissima”.
In due anni le gru installate nel cratere terremotato sono aumentate, “ma ci vorranno almeno 4 o 5 anni perché si arrivi al 90% del lavoro fatto” precisa Rudi Accorsi, sindaco di San Possidonio. E anche per questo inverno più della metà delle famiglie che risiedono nei container dall’autunno del 2012 non avranno una casa. Complice una burocrazia che intrica le procedure necessarie a ottenere i fondi stanziati per la ricostruzione, a Novi di Modena, su 125 container abitativi installati dopo il terremoto, sono solo 30 quelli lasciati liberi da famiglie già rientrate nelle proprie case, e 7 quelli in corso di smantellamento. “Stiamo cercando soluzioni abitative alternative – precisa Turci – ma la strada della ricostruzione è lunga: da tutta l’area del cratere sono giunte 7.300 domande di rimborso relative ad altrettanti edifici, case o aziende, da ricostruire, 500 solo in questo Comune. Non sono interventi che si concludono in un anno”.
Se a Mirandola, invece, si procede a ritmo più sostenuto, su 260 moduli installati nel dopo sisma, 148 sono quelli ancora occupati, “ed entro gennaio 2015 prevediamo di smantellarne altri”, spiega il sindaco Maino Benatti, a San Possidonio il bilancio è simile a quello di Novi. I map occupati, soprattutto da famiglie italiane, secondo i dati del Comune, sono ancora 50, mentre a 15 ammonta il numero dei container liberati. “Noi ci siamo dati come scadenza giugno del 2015 per smantellare i due quartieri abitativi provvisori – spiega Accorsi – e se non riusciremo a ricostruire tutte le case per quella data, faremo in modo di spostare le famiglie in appartamenti del Comune. Vivere nei container alla lunga diventa molto difficile, specie per le persone anziane o malate”.
Stesso discorso a Concordia sulla Secchia, 14 alloggi liberati su 94 totali, a cui si sommano le 8 famiglie che lasceranno i map entro la fine dell’anno, “l’obiettivo – spiega il sindaco Luca Prandini – è dismettere i container entro il 2015”, e a San Felice sul Panaro, dove dopo le scosse erano stati installati 80 container a uso abitativo, 58 dei quali ad oggi risultano ancora occupati. “La situazione è complessa – racconta il sindaco Alberto Silvestri – sia perché ripristinare le case sta richiedendo più tempo del previsto, sia perché c’è crisi. 10 – 15 nuclei che vivono nei container ancora oggi hanno situazioni precarie, e servirà l’aiuto della Regione per trovare una soluzione, tuttavia contiamo, entro i primi mesi del 2015, di liberare altri map”. Anche Cento e a Cavezzo più della metà degli sfollati che nel 2012 avevano scelto di abitare nei container non ha ancora una casa: nel Comune del ferrarese sono 60 su 85 i moduli provvisori tuttora occupati, mentre nella cittadina del modenese il bilancio è di 45 container abitati sui 60 totali. “Abbiamo intenzione di aprire un bando per trovare degli appartamenti dove collocare queste famiglie – spiega il sindaco Lisa Luppi – perché la vita nei map non è tollerabile a lungo, e parliamo di persone che vivono in quelle strutture provvisorie già da due anni”.
“Nel cratere abbiamo sofferto lo stop che si è verificato in seguito alle dimissioni del presidente dell’Emilia Romagna Vasco Errani, e alle conseguenti elezioni – racconta Accorsi – perché ci sono una serie di necessità da risolvere, come l’attivazione di una zona franca urbana per rivitalizzare i centri storici terremotati, e la proroga dei finanziamenti europei per le aziende agricole”. “Procediamo più velocemente che possiamo – allarga le braccia Silvestri – ma ricordiamo che manca ancora 1 miliardo per le opere pubbliche, e che senza una legge nazionale sulle emergenze i tempi sono destinati ad allungarsi: è incredibile che nel 2014, dopo tutto ciò che è capitato in Italia, manchi ancora un quadro normativo nazionale di riferimento”.