Compaorè è ai vertici del Paese dal 1987 e voleva cambiare la costituzione per assicurarsi un altro mandato. Un milione di persone è sceso in piazza e ha fatto irruzione in Parlamento. Almeno dieci persone sono state uccise dalla polizia, poi i militari si sono uniti agli anti-governativi
E’ golpe in Burkina Faso, l’esercito ha sciolto governo e parlamento dopo l’annuncio del presidente Blaise Compaoré che ha decretato lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale. L’esercito ha imposto il coprifuoco notturno e i militari hanno annunciato un nuovo organo di transizione, di fatto una giunta, dopo le violente proteste antigovernative. In giornata, centinaia di persone hanno fatto irruzione in Parlamento e dato alle fiamme uffici governativi nella capitale Ouagadougou. La polizia ha sparato e ucciso almeno dieci persone. I burkinabé, un milione di persone, è sceso in piazza per impedire a Compaoré di mettere mano alla riforma costituzionale e prolungare ulteriormente il suo mandato dopo 27 anni al potere.
Le proteste sono scoppiate il 27 ottobre scorso e l’acme delle contestazioni è stato raggiunto in giornata: il 30 ottobre infatti, era la data fissata dall’esecutivo per rinnovare la legge e consentire a Compaoré di candidarsi per un’altra legislatura. La folla si è riunita scandendo lo slogan: “Non abbiamo bisogno di un referendum. 27 anni bastano”, e: “Per il regime è finita, non lo vogliamo di nuovo”. Compaoré sarebbe in procinto di lasciare il Paese e prima di essere costretto alla fuga ha dichiarato di aver “compreso il messaggio” e di aver sciolto il governo per “creare le condizioni per una nuova prospettiva”.
I timori di un golpe militare si erano diffusi in giornata quando si era parlato di trattative in corso tra i militari e i manifestanti. Secondo testimoni, l’assalto dei manifestanti ai palazzi governativi sarebbe stata resa possibile anche grazie al fatto che gli uomini delle forze dell’ordine, dispiegati a protezione dell’edificio, non si sono opposti, ma si sarebbero uniti agli attaccanti. L’aeroporto di Ouagadougou è stato chiuso. Compaoré, secondo quanto emerge potrebbe essere accolto da Marocco, Senegal o Costa d’Avorio. C’è attesa anche per l’annunciato discorso alla nazione dell’ex ministro della Difesa, il generale Kouamé Lougué, destituito nel 2003 con l’accusa di volere destituire Compaoré. Accanto a lui potrebbe esserci Kaborè Boukary, che fu il braccio destro dell’ancora oggi idolatrata presidente Thomas Sankara, del cui omicidio è stato sempre sospettato, ma mai formalmente accusato, lo stesso Compaoré.
“E’ la nostra primavera nera, come le primavere arabe”, aveva detto il 29 ottobre Emile Pargui Paré, esponente del Movimento del Popolo per il Progresso (Mpp), fra i leader della protesta dopo esser stato candidato alla presidenziali del 2005 e 2010. Compaoré è salito al potere nel 1987 dopo il colpo di Stato in cui fu ucciso il suo predecessore Thomas Sankara, di cui era stato ministro. Da allora Compaorè è stato sempre rieletto, ma la Costituzione gli vieta di ripresentarsi per un ulteriore mandato.
Nei giorni scorsi il presidente aveva fatto presentare in Parlamento un progetto di legge che porta da due a tre il numero massimo dei mandati presidenziali. Un modo per dichiarare “legalmente” che non intende lasciare il potere per candidarsi nuovamente nel 2015. L’iniziativa che ha dato il via alle proteste, inizialmente pacifiche. L’opposizione ha quindi lanciato una campagna di disobbedienza civile contro il “colpo di stato costituzionale” che si verificherebbe se l’Assemblea nazionale (il Parlamento) approvasse la proposta di Compaorè che chiede la modifica dell’articolo 37, quello appunto che impone un tetto massimo di due mandati presidenziali. Tra l’altro proprio l’articolo 37 è già stato modificato due volte dallo stesso Compaoré nel 1997 e nel 2000 e ogni volta le modifiche gli hanno permesso di ricandidarsi e di essere riconfermato.
Gli Stati Uniti hanno reso noto di essere “profondamente preoccupati per il deterioramento della situazione in Burkina Faso a causa degli sforzi per emendare la Costituzione“. Queste le parole della portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale Bernadette Meehan che ha invitato anche le forze militari a “porre fine alle violenze e tornare al pacifico processo” per creare un futuro democratico. Il Burkina Faso è uno stretto alleato di Washington e Parigi e ospita una base militare francese per le operazioni contro i militanti islamisti nel Sahel.
Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, “sta seguendo con grande preoccupazione il deteriorarsi della situazione della sicurezza in Burkina Faso” e, attraverso il suo portavoce, ha invitato tutte le parti alla calma, a porre fine all’uso della violenza e ad utilizzare il dialogo per risolvere tutte le questioni in sospeso. Il segretario generale “è rattristato” per la perdita di vite umane in seguito agli ultimi eventi, e ha chiesto al suo rappresentante speciale per l’Africa occidentale Mohamed Ibn Chambas di recarsi in visita nel Paese.