Non solo i dubbi sul contenuto del disegno di legge, considerato da più parti debole e inefficace nell’affrontare l’annoso del conflitto di interessi. La legge sulla materia, arrivata in Aula alla Camera nemmeno dieci giorni fa dopo mesi di ritardo e polemiche in Commissione, incassa anche la bocciatura della relativa relazione tecnica da parte della Ragioneria generale dello Stato. Che ha dato parere negativo al piano finanziario per realizzare il testo base scritto dall’onorevole di Forza Italia Francesco Paolo Sisto e ora attende “chiarimenti e elementi integrativi”. Il ministero dell’Economia aveva chiesto una verifica sulla relazione tecnica predisposta dal governo per il provvedimento, fermo a Montecitorio in attesa della discussione sui 350 emendamenti depositati. Relazione a sua volta sollecitata più volte dalla commissione Bilancio di Montecitorio ma arrivata solo ora, con il risultato di far slittare il proseguimento dell’esame in assemblea a dopo la sessione di Bilancio.
In ballo c’è la legge che dovrebbe sostituire, a distanza di dieci anni, quella scritta dall’allora ministro degli Esteri del governo Berlusconi Franco Frattini. Il testo, però, è contestato dai 5 Stelle ma anche da Pd, Sel e Scelta civica. La definizione stessa di conflitto di interessi, per prima cosa, è giudicata farraginosa e ambigua. Per di più si prevede che riguardi solo i membri dell’esecutivo e i componenti delle authority, lasciando fuori i parlamentari. Non solo: mancano norme che impediscano seriamente al titolare di una carica pubblica di avere informazioni su come viene investito il suo patrimonio imponendo per esempio l’affidamento a un gestore fiduciario con lo strumento del blind trust che scherma la destinazione del denaro, sono troppo vaghi i criteri di scelta dei componenti della nascitura Commissione nazionale per la prevenzione dei conflitti e non sono previste sanzioni, a parte quelle (solo pecuniarie) per dichiarazioni non veritiere o incomplete su attività, cariche e interessi economici. Il costituzionalista Andrea Pertici, commentando con ilfattoquotidiano.it il ddl alla vigilia dell’arrivo in Aula, aveva fatto notare che se la proposta passasse così com’è “i casi di parlamentari di cui si è occupata la giunta delle elezioni per le incompatibilità, da Alberto Bombassei a Matteo Colannino fino a Gregorio Gitti, sarebbero completamente ignorati perché non previsti tra quelli da controllare”.
Il Tesoro, naturalmente, non entra nel merito delle norme, ma individua diversi punti critici sul piano finanziario. A partire dalle spese relative al funzionamento della Commissione di prevenzione, che, secondo il testo, dovrebbe lavorare a titolo gratuito e senza oneri aggiuntivi per lo Stato. La relazione tecnica del governo e la Ragioneria evidenziano al contrario come non possano “essere escluse spese”. Spese per le quali vanno dunque individuate le necessarie coperture. Ai tecnici del ministero non è bastata la garanzia sull’utilizzo delle strutture e degli uffici dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato e sulla collaborazione di amministrazioni ed enti pubblici.
“La relazione tecnica quindi”, scrive la Ragioneria, chiedendo anche un parere dell’Authority, “deve quantificare tali oneri ed individuare idonea copertura o, in alternativa, fornire elementi di dettaglio che suffraghino l’affermazione che tali attività possano essere realizzate con le risorse già esistenti”. Qualche dubbio è emerso anche sull’utilizzo da parte della nascitura commissione di alcuni uffici della Guardia di finanza per compiti di accertamento. Anche in questo caso potrebbero servire risorse ad hoc.