Leggiamo di frequente e sempre più spesso (di recente
un intervento dell’on. Civati) un’affermazione che passa nell’opinione pubblica come una grande verità, ma che in realtà è un puro ossimoro logico: quella cioè che “se non vi fosse la Siae, in Italia i giovani artisti avrebbero maggiori possibilità di crescita”.
Questa tesi probabilmente è una specie di refrain di una vecchia canzone che ci fa tanto piacere ascoltare ma che è dettata da una disinformazione su quello che oggi è realmente la Siae.
La Società fondata da Giuseppe Verdi è oggi molto, ma molto diversa da quello che era qualche anno fa. Descritta sempre come un vecchio carrozzone, oggi la Società ha una nuova ed efficiente governance, guidata da Gino Paoli (persona al di sopra di ogni discussione, rispettata e stimata da tutti e, aspetto fondamentale, che gode della più completa fiducia degli autori italiani). Ha bilanci in attivo e nuove norme di trasparenza, un severo regolamento contro la corruzione che garantisce totale accesso ai dati e alle informazioni a tutti i suoi associati e a tutti coloro che vogliono conoscerne le attività e la gestione.
Oltre a ciò, però, pensare che la SIAE (e quindi il diritto d’autore che la Società tutela e gestisce) sia un ostacolo alla promozione di nuovi artisti è assolutamente illogico.La Siae nasce e resta dalla parte di chi crea, come recita lo storico motto: senza di essa, ogni artista infatti, si troverebbe a fronteggiare da solo la battaglia per ottenere che un diritto ‘immateriale’ come quello della propria creatività sia tutelato e ricompensato.
Immaginiamo ad esempio che un giovante cantautore voglia esibirsi in un piccolo locale che offre musica dal vivo. Se la Siae non obbligasse il gestore del locale a riconoscere all’artista un prezzo minimo per la sua arte – secondo le tariffe adeguate stabilite in precedenza – il nostro giovane cantautore sarebbe costretto a discutere il proprio compenso direttamente con il proprietario, che naturalmente si trova in una posizione di contrattazione più alta e quindi, pur di lavorare, di esibirsi dal vivo e di far conoscere la sua musica ad un pubblico, sarebbe portato forse a valutare qualsiasi richiesta.
Nella stessa situazione, invece, un artista affermato avrebbe un potere contrattuale maggiore.
Il risultato sarebbe proprio l’opposto di quello che i detrattori di Siae decantano: chi è già affermato, ricco e famoso avrebbe sempre lavoro e compensi. Chi è alle prime armi, sarebbe sottomesso al locale di turno. Nessuna meritocrazia, nessun principio di eguaglianza, solo le spietate leggi di mercato.
Questo esempio è la realtà attuale di tanti giovani cantanti e band che non hanno ancora deciso di iscriversi alla Siae, e che dopo un’esibizione pubblica, vengono ricompensati con panini o bevande, anziché in denaro, come sarebbe giusto e opportuno (inutile poi evidenziare come queste forme di pagamento non abbiano alcuna validità fiscale).
Grazie al diritto d’autore (e a Siae che lo amministra) ogni creativo parte con le stesse opportunità. Sarà poi il talento e la qualità del proprio lavoro a permettergli di distinguersi ed eventualmente a ottenere il successo.
Il diritto d’autore garantisce anzitutto l’equità e la possibilità di mettere in gioco le proprie capacità e la propria creatività. Afferma un principio fondamentale: non importa quanti dischi vendi o se sia famoso, la tua creatività è messa sullo stesso piano di un già grande cantautore. Il tuo talento non è secondo a nessuno.
Quale incoraggiamento, quale garanzia maggiore per un giovane autore? Molta strada c’e’ ancora da fare, specialmente sulla digitalizzazione tecnologica per ridurre al minimo la possibilità di controversie. Le nuove tecnologie ci impongono quotidianamente di adeguarci alle esigenze dei nostri iscritti, di ascoltarli, di accogliere i loro suggerimenti e rispondere ai loro dubbi. E’ quello che la nuova Siae, questa nuova Siae, sta facendo e fara’ con l’aiuto di tutti gli autori che erano e restano l’anima culturale del nostro Paese.
di Gaetano Blandini (Direttore Generale SIAE)