La (inco)scienza medica e il sistema (in)sanitario avanzano. Come? Un funerale alla volta. Tradotto: riduzionisti di tutto il mondo tremate, il dottore J. Colin Campbell è tornato. Più provocatorio, critico e metodologicamente supportato dai fatti che mai. Senza estrapolazioni dal contesto, né verità svelate. Whole, vegetale e integrale, ripensare la scienza della nutrizione (Macro Edizioni) è la versione italiana del nuovo graffio olistico al paradigma medico-scientifico convenzionale sferrato dal più celebre biochimico-nutrizionista d’America (collaborazione di Howard Jacobson), già autore del discusso best seller eretico “The China Study, lo studio più completo sull’alimentazione finora condotto al mondo (40 anni di studi e ricerche sperimentali sul campo, per decodificare gli effetti devastanti del cibo spazzatura sull’organismo umano).
“Se desiderate una vita senza cancro, cardiopatie e diabete – scrive Campbell – il potere di realizzare questo desiderio è nelle vostre mani (e sulla punta dei vostri coltello e forchetta).” Il cambiamento epocale, secondo Campbell, passa per la schiacciante evidenza di una dieta vegetale e integrale, non propriamente vegetariana né vegana, perché più radicale, cruda e netta. L’opposto di quella propinata dal modello socio-politico-alimentare predominante, in vendita sui scaffali della grande distribuzione organizzata, in dote nelle scuole degli States, fatto di proteine animali e derivati elaborati, raffinati e trasformati, produzione intensiva (chimicamente addizionata) a favore di palato, ma discapito della salute.
Campbell, senza esclusione di colpi, ne ha per tutti al di là dell’Atlantico, ma è chiaro come l’accusa possa traghettare (non ci vuole molta fantasia) anche al di qua dell’Oceano. I mass-media? Distorti (non necessariamente mendaci), colpevoli di sgonfiare – marginalizzandolo – il peso delle prove scientifiche a favore della salubrità di una dieta vegetale e integrale: produttori di un’assuefazione culturale di informazioni e stili di vita scorretti, appiattiti dagli investimenti del mercato pubblicitario. La lobby farmaceutica (compresa quella degli integratori alimentari)? In pieno conflitto d’interesse: Big Pharma sarebbe artefice della Grande Bugia finalizzata unicamente al profitto utilitaristico individuale (il loro, non il benessere collettivo). La medicina occidentale? Riduzionista, centrata sui sintomi e non sulla causa delle malattie, né sulla prevenzione. La scienza? Asservita al profitto industriale con modalità auto-replicanti (il libro spiega dettagliatamente i passaggi che determinerebbero carriere e finanziamenti di progetti/ricerche scientifiche). Sistema sanitario, politico-governativo-istituzionale? Risposta scontata! Ecco alcuni passaggi denuncia: “L’obiettivo del nostro sistema sanitario non è la salute ma il profitto per alcune industrie a danno del bene pubblico (…) L’informazione sanitaria è da tempo controllata da interessi che non sono in linea con il bene comune (…) L’industria farmaceutica, quella medica e le sue case produttrici di integratori hanno capito che una nazione in cui tutti si nutrono in modo sano sarebbe un disastro per i loro profitti”.
Affermazioni pesanti, certo. Che possono sconfinare nel catastrofismo, nel più ottuso cospirazionismo del medico bastiancontrario, del reietto emarginato dalla categoria. Ma se così pensate, sbagliate. Perché leggendo attentamente le argomentazioni nelle 311 pagine del volume, oltre ad aprire occhi (e cuore) del lettore, si coglie di trovarsi davanti al coraggio professionale di chi vuota il sacco dall’alto di una ½ centenaria carriera condotta da uno scienziato, sempre in prima linea, membro di prestigiose commissioni governative e progetti internazionali. Emblematica la dedica di Campbell ad inizio libro: “A tutti coloro che hanno inutilmente pagato con la propria vita per un sistema sanitario fallimentare”. Lode (e più informazione scevra!!) quindi ai sopravvissuti, ma soprattutto onore ai caduti, in numeri (e dati) americani: 106.000 persone all’anno per “effetti avversi dei medicinali” (cioè farmaci assunti e prescritti correttamente), 7.000 per errata somministrazione di medicinali negli ospedali, 20.000 per errori non collegati ai farmaci e 2.000 per interventi chirurgici inutili. Sic est.