La passata di pomodoro è una delle cose più semplici e buone da mangiare. Semplice come la libertà, un concetto che non ha bisogno di tante spiegazioni. Sarà per questo che all’associazione Solidaria hanno scelto il nome “Netzanet” per battezzare il progetto all’interno del quale ha lanciato “Sfrutta-zero”, la salsa di pomodori biologica e a filiera etica che ha lo scopo di combattere il caporalato in Puglia. In Eritrea “netzanet” significa libertà.
Famiglie di immigrati, studenti e giovani disoccupati si sono sporcati le mani allegramente, con i prodotti delle terre di Puglia, preparando le conserve di pomodoro e imbottigliandole dentro barattoli, bottiglie e vasetti di vetro, recuperati dopo i primi usi. Teatro, l’ex liceo Socrate di Bari, i cui locali sono occupati da rifugiati.
La distribuzione delle confezioni coincide con una campagna contro lo sfruttamento e il caporalato, a favore della libertà per i migranti di lavorare senza subire ricatti. “Netzanet” rivendica il valore dell’accoglienza, con la catena distributiva che parte dal basso e il finanziamento del progetto, per l’acquisto di materie prime e macchinari, affidato al crowdfunding (su produzionidalbasso.com) e la scelta di vendere la passata di pomodoro etica e biologica soltanto attraverso i Gas (gruppi d’acquisto solidale), le fiere locali o i mercatini.
Sono stati acquistati dieci quintali di pomodori in tutto, da due contadini scelti perché rispecchiano la filosofia del progetto: un ragazzo barese laureato in Lettere che non ha ancora trovato lavoro e ha deciso di coltivare la terra, continuando nel frattempo a studiare; e Adbul, giovane migrante simbolo di “Netzanet”: alcuni anni fa si ribellò al suo caporale e ora si dedica a un piccolo appezzamento che coltiva in Basilicata.