A Bagheria in Via Caramia, nella casa che fu del pentito Sergio Flamia, vivono in affitto persone del posto. “Paghiamo 280 euro al mese al suocero di Flamia”, dicono affacciandosi al balcone. Non nascondono il loro disappunto sulla scelta del pentito di Bagheria di diventare un collaboratore di giustizia: “Dopo 40 anni di omicidi è diventato civile. Lo dovrebbero squagliare nell’acido. Lo Stato gli dà i soldi per campare”. Poi, quasi rimpiangendo i tempi che furono: ” Prima c’era la mafia e c’era sempre lavoro. A Bagheria eravamo contenti perché non c’erano pentiti”. A pochi metri di distanza, nella piazzetta del paese, Walter Molino incontra lo zio di Sergio Flamia. “Sono state sbagliate le scelte che ha fatto. Non so se ha fatto bene a fare il mafioso o il pentito”, dice. “Quando ho intuito quello che stava facendo gli ho detto che erano strade che non portavano da nessuna parte. E lui mi rispose ‘ meglio un giorno da leone che 100 da pecora’”. La ‘crisi di coscienza’ di Flamia è costata ai servizi segreti 150 mila euro. Dalla piazza ci spostiamo in Via Roccaforte: qui, nell’estate del 2004, Flamia ha dato ospitalità a Bernardo Provenzano. In giro però nessuno ha mai visto Sergio Flamia. L’unico che parla di lui è il cognato: “Era un bravo picciotto. Non credo a tutte le cose che scrivono sui giornali, sono stati i servizi segreti e gli sbirri a consumare questo signore”. Il servizio di Walter Molino
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